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Conservare l’eredità fotografica del Medio Oriente

  • Pubblicato il: 29/07/2011 - 10:47
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Emily Sharpe
© AIF Hashem el Madani  © Arab Image Foundation

Beirut. Quando a maggio del 2010 la Bank of America Merrill Lynch ha inaugurato l’Art Conservation Programme (1 milione di dollari destinati a musei e altre istituzioni senza fini di lucro per restaurare opere d’arte importanti per la storia dell’arte e delle tradizioni culturali dei Paesi in cui le istituzioni hanno sede, cfr. n. 305, gen. ’11, p 50), la Fondation Arabe pour l’image ha fatto domanda e ha incrociato le dita. Ora che il progetto è in fase di realizzazione, il direttore della Fondazione Zeina Arida ammette di essere rimasta molto sorpresa di essere stata scelta insieme a istituzioni come il Courtauld di Londra, l’Ermitage di San Pietroburgo e il Reina Sofía di Madrid.

La Fondazione di Beirut è l’unico beneficiario del Medio Oriente e l’unico ad aver chiesto fondi per la conservazione di opere fotografiche. Collezionare, tutelare, interpretare e promuovere l’eredità fotografica mediorientale, nordafricana e delle regioni della diaspora araba sono le attività fondamentali della fondazione, istituita nel 1997 da Arida e dagli artisti libanesi Fouad Elkoury e Akram Zaatari, per rispondere all’assenza di archivi fotografici in Medio Oriente e alla rapida scomparsa di quei pochi che restavano. Molti studi fotografici hanno infatti venduto le loro lastre di vetro, che sono state fuse per estrarne l’argento. Secondo Arida alla mancanza di collezioni fotografiche in Medio Oriente hanno contribuito diversi fattori, tra cui l’instabilità storica della regione e un lungo passato di migrazioni. «Nel mondo arabo non esiste la cultura dell’archivio», sottolinea, aggiungendo però che la consapevolezza dell’importanza degli archivi è oggi più forte rispetto agli anni in cui nacque la Fondazione. «Quando abbiamo iniziato non c’erano progetti di ricerca sullo sviluppo della fotografia nel mondo arabo; si tratta di un importante aspetto della nostra cultura visiva al quale gli artisti arabi non potevano attingere».

La fondazione, che annovera tra i suoi membri artisti come Walid Raad e Lara Baladi, ha una collezione di 300mila pezzi, con scatti di professionisti e semplici appassionati dalla metà del XIX secolo a oggi, di generi e stili diversi, dagli album di famiglia alle fotografie industriali, dalle fototessere dei passaporti alle nature morte e ai nudi. Nell’ambito della sua attività di conservazione, la Fondation Arabe pour l’image ha già provveduto alla digitalizzazione di 50mila immagini dalla sua collezione. La sovvenzione verrà usata per digitalizzare l’opera di due fotografi arabi, Hashem el Madani e Latif el Ani. L’archivio di El Madani, nativo di Saida nel sud del Libano, documenta cinquant’anni di storia della città: «La collezione è importante perché è un archivio completo, un fatto tutt’altro che comune. Abbiamo parlato a lungo con El Madani per poter identificare tutte le immagini». El Ani è un ex fotografo dell’Iraq Petroleum Company. Attivo negli anni 1940-60, le sue fotografie illustrano la modernizzazione di Baghdad.

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