L’archiviazione autentica con i PACTA
Gli archivi sono ormai una realtà imprescindibile per il mercato, strettamente connessi con la valorizzazione delle opere. Dal 2014, al fine di promuovere buone pratiche in questo ambito, opera AitArt Associazione italiana degli Archivi d’Artista, presieduta da Filippo Tibertelli De Pisis, a cui sono associati 30 enti. Sempre più spesso, inoltre, sono gli artisti stessi a costituire il loro archivio di riferimento, gestendo direttamente la certificazione di autenticità della propria produzione: così Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto o Daniel Buren, soprattutto per operare un controllo capillare sulla loro produzione. Questo conferisce certezza e affidabilità anche nel mercato. Se da un lato il certificato di autenticità rilasciato dall’ente di riferimento dell’artista è divenuto oggi una sorta di passaporto internazionale, necessario per qualsiasi transazione, sta assumendo sempre più rilevanza un nuovo concetto, più complesso, di certificato di autenticità per le opere di artisti viventi.
L’articolo 64 del Codice dei Beni Culturali specifica che, chiunque eserciti l’attività di vendita al pubblico o di intermediazione ha l’obbligo di consegnare all’acquirente la documentazione che ne attesti l’autenticità e la provenienza. Eppure, al di là delle autentiche redatte dal mercante, oggi è divenuto imprescindibile verificare che l’opera sia stata archiviata nell’archivio dell’artista. In pratica se l’opera non è stata pubblicata sul catalogo generale o ragionato dell’artista deve essere accompagnata dal certificato di archiviazione o dal numero di archivio rilasciato dall’ente preposto. La semplice certificazione della galleria non pare più soddisfare il mercato, che pretende, piuttosto, un certificato di archiviazione autentica, cosi definito da Alessandra Donati, docente di Diritto Comparato dei Contratti presso l’Università Milano-Bicocca, vicepresidente del Comitato Scientifico di AitArt, nonché esperta di Art Law.
Si colloca in questo contesto la recente adozione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali di un innovativo modello di certificato denominato PACTA (Protocolli per l’autenticità, la cura e la tutela dell’arte contemporanea) per l’acquisizione di opere d’arte contemporanea da parte dei musei, fondazioni e istituzioni private. Ne parliamo con Alessandra Donati, che, come giurista ha partecipato, insieme ad Alessandra Barbuto, Cristiana Collu, Laura D'Agostino, Barbara Ferriani, Paola Iazurlo, Carolina Italiano, Gianfranco Maraniello, Maria Grazia Messina, Iolanda Ratti e Antonio Rava al tavolo tecnico di lavoro voluto da Federica Galloni, direttore generale della Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane per la redazione di questo nuovo modello di certificato di autenticità e conservazione dell’opera d’arte contemporanea e alla definizione delle relative linee guida.
Che cosa sono esattamente i PACTA e perché sono stati redatti?
I Protocolli per l’Autenticità, la Cura e la Tutela dell’Arte contemporanea -PACTA - sono un modello di certificato di autenticità volto a supportare la conoscenza dell’opera d’arte contemporanea e a tutelarne l’identità attraverso la definizione dei parametri di identità e autenticità. Tale modello è stato strutturato con il fine primo di garantire la corretta conservazione e permanenza nel tempo dell’opera d’arte. PACTA è inteso anche quale strumento di supporto dell’art. 64 del Codice Beni Culturali e si propone quale documento integrante del contratto di acquisto dell’opera assorbendo e superando tutte le certificazioni, le pubblicazioni e le documentazioni precedenti ad essa relative.
A chi si rivolgono i PACTA e cosa regolamentano?
I PACTA sono stati creati in primo luogo per i musei statali e per musei pubblici con statuti diversi, ma se ne auspica un’adozione diffusa, anche da parte di fondazioni, istituzioni e privati. A livello contrattuale, PACTA introduce specifici obblighi e responsabilità a carico di entrambe le parti: da un lato l’obbligo di informazione a carico dell’artista sulla propria opera, dall’altra l’obbligo del museo o più genericamente dell’acquirente di conservare queste informazioni e di attenersi ad esse.
Le nuove modalità di espressione dell’arte contemporanea richiedono, orami da tempo, agli operatori nel campo museale un particolare impegno nell’attività di documentazione e archiviazione. I principi di conservazione preventiva di molte opere di arte contemporanea devono essere ripensati in base a nuovi criteri, che attengono più alla documentazione che a considerazioni di carattere estetico. Quale deve essere in quest’ottica il ruolo dell’archivio?
La natura precaria o da riattivare delle opere di alcuni artisti contemporanei, come per Urs Fischer, Thomas Hirschhorn, o la loro facile riproducibilità, come ad esempio quelle di Daniel Buren, sovente richiede una complessa certificazione di autenticità che deve essere supportata da una archiviazione probatoria. L’archivio ha assunto, di conseguenza, una dimensione nuova: non più ente specificamente preposto alla conservazione del passato, ma soggetto di riferimento anche per il presente, per la determinazione della consistenza e della riferibilità della creazione e della garanzia della permanenza nel tempo della autenticità stessa della creazione. Modello del sistema di archiviazione è certamente quello da tempo realizzato da Pip Laurenson della Tate Modern Gallery di Londra per la time-based art e time–based media art. Si raccolgono e conservano tutte le informazioni significative non solo per documentare la vita e la produzione di un artista, ma si raccolgono dall’artista tutte le istruzioni utili per riattivare in modo autentico l’opera effimera, nel rispetto dell’intenzione dell’artista.
La proposta di PACTA è corredata da linee guida per la corretta redazione del certificato di autenticità dalla quale emerge che idealmente questo documento sia parte integrante del contratto di acquisto dell’opera stessa. È corretto?
Si è corretto. La complessità del rapporto fra artista opera e museo ha richiesto la promozione a livello normativo di questo nuovo certificato per la conservazione e la documentazione dell’autenticità e dell’identità dell’opera e l’elaborazione di linee guida, con le quali è stato affrontato in modo dettagliato e secondo uno schema-tipo il ruolo della documentazione. L’opera circola munita di una carta d’identità definita dallo stesso artista: il rispetto dell’intenzione dell’artista diviene parte integrante dell’oggetto del contratto.
Come sono state pensate le schede per archiviare le opere?
La complessità della scheda riflette la complessità delle creazioni artistiche contemporanee. Così, ad esempio, varie sono le specifiche da inserire per la descrizione dell’opera. Si chiede all’artista di distinguere tra elementi funzionali (ad esempio materiale per l’allestimento) ed elementi considerati parte fondamentale dell’opera e pertanto non sostituibili, nonché di definire la relazione tra le parti, ovvero se una o più articolazioni dell’opera possano essere esposte o prestate indipendentemente dall’insieme. Nel caso di opera costituita da parti effimere e/o deperibili si dovrà specificate se e come prevederne la loro eventuale sostituibilità. Nel caso di opere dipendenti da tecnologia l’artista deve indicare quali elementi costitutivi si intendono essenziali dell’identità estetica dell’opera e quali sono da intendersi unicamente come strumentazione necessaria alla sua attivazione. In caso di opere “progetto” e “licenze di riattivazione” dovranno essere definite le dimensioni dell’opera oppure i criteri per stabilire la scala dimensionale dell’opera, le modalità e i materiali per la messa in opera ed eventuali limitazioni relative ai soggetti esecutori dell’opera.
Per concludere crede che il diritto classico debba essere ripensato per adeguarsi alle opere di arte contemporanea?
Il diritto “classico”, che parlava per categorie generali ed astratte avendo a fronte le nuove opere d’arte contemporanea va ridisegnato, al fine di bilanciare gli interessi in tensione fra artisti che producono opere talvolta effimere e operatori del mondo museale guidati dal principio deontologico di conservazione dell’opera. Gli innovativi Protocolli per l’Autenticità la Cura e la Tutela dell’opera d’arte contemporanea costituiscono il fondamento di un nuovo sistema di definizione dell’autenticità dell’opera d’arte e di conservazione della sua identità.
TAG: Ministero per i beni e le attività culturali, PACTA (Protocolli per l’autenticità, la cura e la tutela dell’arte contemporanea), AitArt, Archivi d’artista, Alessandra Donati, Rachele Ferrario, Silvia Simoncelli, Federica Galloni.
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Credits: Daniel Buren, Vitrage pour Sainte-Marie, 2012, work in situ, coloured adhesive vinyl, white and black adhesive vinyl large 8,7 cm, white paint, © DB-ADAGP Paris. Photo Alicia Luxem. Courtesy: Galleria Continua.