The Road to Contemporary Art: oggi sono le fondazioni a rispondere
Il sistema comincia a decollare: l’occasione commerciale coinvolge realtà non profit e a volte riesce a stringere in sinergia anche le istituzioni. Con l’anteprima del 6 maggio, si apre a Roma la quarta edizione di The road to contemporary Art, la fiera di cui non era scontata l’affermazione: Roma è una città dove il collezionismo è meno radicato che a Torino o a Milano, le gallerie non hanno ancora afferrato la necessità di individuare un fulcro attorno a cui coagularsi e la massiccia offerta di consumo culturale può disincentivare la risposta verso ulteriori appuntamenti. Ma da un anno, nella capitale, ci sono i musei: MAXXI e MACRO. E sono attive le fondazioni, una sponda istituzionale e privata che nel sistema dell’arte fa la differenza e che segnala la forte crescita, plurale e qualitativa, del mondo dell’arte romano. Se un anno fa sono stati proprio i nascenti musei a collaborare con la fiera aprendo i battenti nella stessa settimana, oggi sono le Fondazioni a rispondere. Il programma è interessante e soprattutto articolato.
Fedele alla sua impostazione di centro di ricerca, oltre che espositivo, la Nomas Foundation continua nel suo programma di approfondimento dell’arte: Reading room, incontri con artisti di diversa provenienza culturale e il ciclo di film The Complete Screening, sono le proposte, mentre nei locali della Pelanda, una delle sedi della fiera, il 6 maggio è di scena una performance di Chiara Fumai. Il Pastificio Cerere, che con la direzione di Marcello Smarrelli ha inaugurato un programma educativo, utilizza la mostra appena aperta dell’artista svizzero Reto Pufer per coinvolgere le scuole in laboratori e momenti formativi. La Depart Foundation, che si adopera per stringere alleanze tra la scena internazionale e quella italiana, dopo aver portato a Los Angeles la recente generazione di artisti romani con la mostra When in Rome, fa arrivare al MACRO di via Reggio Emilia l’artista americana Sarah Braman.
Su un solco più tradizionale, che privilegia il momento espositivo come dialogo con il pubblico, si muovono la Fondazione Giuliani e la Fondazione Volume. La prima ha appena inaugurato la mostra di Ahmet Öğüt, dove l’artista turco ha realizzato il proprio lavoro attraverso una rilettura originale della collezione Giuliani. Un grande nome di sicura presa e densa visionarietà è invece la carta giocata dalla Fondazione Volume che ha chiamato l’artista francese Christian Boltanski per realizzare un lavoro site specific.
❑ Adriana Polveroni è giornalista e critica d'arte
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