Nella Fondazione Mario Tobino la straordinaria sintesi tra cultura e scienza del grande medico e scrittore
Rubrica di ricerca in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo
Mario Tobino. Medico psichiatra (come direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Maggiano lo caratterizza per l’innovazione e attenzione verso le persone ospitate) e nel contempo poeta e scrittore pluripremiato (Premio Strega nel 1962 con “Il Clandestino” e Premio Campiello nel 1972 con “Per le antiche Scale”).
Per “conservare, valorizzare, ma soprattutto mettere a frutto e sviluppare la grande eredità culturale di Mario Tobino” nel 2006 (quindici anni dopo la sua morte) i nipoti hanno voluto creare la Fondazione a lui dedicata.
Delle attività e dei programmi futuri parliamo con la Presidente Isabella Tobino. Che prima di rispondere alle domande inizia da una sottolineatura sul particolare rapporto tra Mario Tobino e l’Ospedale di Maggiano.
Mario Tobino ha cominciato a lavorare a Maggiano nel 1942 come primario del Reparto femminile e vi è rimasto fino al 1980, quando è andato in pensione. Ha vissuto nelle ‹‹due stanzette›› all’interno di Casa Medici (oggi sede della Fondazione ndr) dal 1947 al 1980 circa e ha svolto le funzioni di Direttore del Manicomio, in sostituzione del Direttore effettivo assente per malattia, dal 1955 al 1957, anni in cui si cominciavano ad usare gli psicofarmaci per alleviare le sofferenze dei malati. In questi anni Tobino lavorò febbrilmente per rendere più umana la vita a Maggiano, sperimentando i nuovi metodi di cura e, grazie a questi, favorendo l’utilizzazione delle malate all’interno dei vari laboratori di cucito e filatura cercando di dare al maggior numero di malati possibile un’occupazione che li facesse sentire utili e umanizzasse la loro vita. Fino a spingerli, ad esempio, a partecipare ad una gara provinciale per la realizzazione del miglior presepio utilizzando elettricisti, falegnami, sarti, sarte e tutti coloro che volevano collaborare. Il presepio, nato dalla collaborazione fra malati e infermieri, vinse il primo premio assoluto! Fra i numerosi premi vi fu anche il Premio Viareggio nel 1976 con La bella degli specchi che quel mondo raccontava.
Dottoressa Tobino, suo zio ha rappresentato un grande esempio del fecondo rapporto tra arte, cultura e scienza, un rapporto cui il nostro Giornale attribuisce un rilievo fondamentale. Quali motivazioni hanno determinato in lei e negli altri nipoti la scelta di creare, dodici anni fa, la Fondazione Mario Tobino?
Mario Tobino, negli ultimi dieci anni della sua vita, ha vissuto sicuramente i suoi momenti più tristi e difficili, vuoi per la morte della sua donna - con cui aveva trascorso il periodo più fecondo della sua carriera di scrittore, con cui aveva condiviso la gioia e la gloria dei tanti premi ricevuti - vuoi per la pensione che lo aveva costretto ad abbandonare la sua Maggiano e i suoi amati malati e che ha sempre considerato come uno ‹‹stiletto›› che si conficcava nel suo cuore, ma soprattutto per l’approvazione della Legge 180 del 1978 e la conseguente disputa con Basaglia che ha fatto sì che lui, antifascista e partigiano (cfr. ‹‹Bandiera nera›› e ‹‹Il clandestino››) fosse accusato di essere ‹‹reazionario, conservatore, asservito al potere››, isolandolo, dopo una vita di successo, giunto ormai al culmine della sua carriera letteraria, nella solitudine, incompreso dai più, destinato a essere dimenticato sull’onda della novità sempre più incalzante.
Nelle sue ultime volontà - scritte nella sua bellissima grafia chiara e tondeggiante - aveva lasciato noi sei nipoti eredi in parti uguali della sua eredità materiale e culturale. Così, spinti anche dai fratelli Tilde, Pietro e Maria Luisa, abbiamo cominciato a pensare come fare per perpetuare la sua memoria e sviluppare la sua straordinaria eredità culturale e umana.
Per evitare la dispersione di tutte le preziose carte riguardanti la sua vita di uomo, di medico e di letterato, da lui gelosamente conservate, abbiamo deciso di donarle - grazie anche al suggerimento di Enzo Siciliano - al Gabinetto Vieusseux-Archivio Contemporaneo Bonsanti a Firenze, dove sono andate a costituire il Fondo Tobino, mentre la sua biblioteca privata è custodita a Lucca presso la Fondazione Ragghianti.
Negli anni 2000 si è cominciato a pensare alla possibilità di creare una Fondazione culturale a suo nome che potesse risvegliare nei giovani e nei meno giovani il desiderio di riscoprirne gli scritti, il pensiero e l’eredità culturale e avemmo la fortuna di imbatterci in un Presidente della Provincia di Lucca attivissimo, assetato di cultura, ammiratore di Tobino, nonostante la giovane età: parlo di Andrea Tagliasacchi che, con caparbietà determinazione dedizione, è riuscito a superare tutte le difficoltà burocratiche e a dare vita alla Fondazione Mario Tobino. Prima ebbe sede in Provincia, nel Palazzo Ducale e poi - grazie ancora ad una straordinaria intuizione di Tagliasacchi che presentò l’ambizioso progetto di restauro di una piccola parte del Manicomio al Ministero, accedendo ai fondi del Gioco del Lotto non riscossi - fu trasferita a Maggiano, nella Palazzina Medici dove si trovavano le famose ‹‹stanzette›› dove Tobino era vissuto per quasi 40 anni a diretto contatto con i malati e dove aveva composto la maggior parte delle sue opere.
Quali le attività della Fondazione e quali progetti per il futuro?
Le attività della Fondazione sono chiaramente tutte rivolte alla valorizzazione e allo sviluppo della grande eredità culturale lasciata da Mario Tobino (favorendone l’indagine critica), al recupero della memoria dei luoghi a cui è più profondamente legata la sua figura di uomo, poeta e medico, riportando alla luce le vicende dell’ex Ospedale Psichiatrico fin dalla sua istituzione insieme con la memoria storica di un’ intera comunità, facendosi anche strumento di promozione del dibattito destinato a progettare il futuro dell’assistenza psichiatrica.
Proprio per tener fede a questa missione negli anni abbiamo realizzato numerosi convegni culturali quali ‹‹La scrittura e la follia››, ‹‹Dalla sabbia al marmo››, ‹‹Lucca e la Versilia: una viva presenza culturale››, e ultimo (che avrà luogo a Viareggio il prossimo 14 dicembre) ‹‹Dalla parte del mare. Tobino e la Versilia del ‘900››, tutti curati dal prof. Giulio Ferroni che ci segue con amorevole cura fin dalla nostra nascita.
Accanto all’attività squisitamente culturale, abbiamo iniziato il recupero della storia orale di Maggiano attraverso le interviste di medici, infermieri e pazienti che hanno dato luce ad un interessante DVD e alla pubblicazione di un testo che ci permetterà di ripercorrere le vicende di Maggiano fino alla Legge 180, sotto la guida del prof. Giovanni Contini e del prof. Marco Natalizi. Sempre nell’ambito della memoria abbiamo pubblicato, con la Casa Editrice Donzelli, la prima parte della storia istituzionale dell’Ospedale che concluderemo entro il 2020 narrando anche gli anni di Tobino attraverso l’analisi delle sue cartelle cliniche. Nell’intento di far conoscere alle nuove generazioni la nascita e lo sviluppo della scienza psichiatrica, programmiamo, con gran successo di pubblico, numerose visite guidate sia all’interno della parte storica dell’Ospedale che alla parte museale, Stanze con vista sull’umanità, realizzata nell’edificio dove ha sede la Fondazione, dove si può entrare in diretto contatto con la cura psichiatrica dal suo esordio fino agli psicofarmaci, allo sviluppo dell’Arte-terapia e alle grandi trasformazioni del 1968 (la Legge 132/1968, conosciuta anche come Legge Mariotti, introdusse una riforma ospedaliera con l’istituzione degli Enti Ospedalieri e riconoscimento agli ospedali pubblici di una soggettività di diritto pubblico, definendo l’organizzazione strutturale, categorie e funzioni nell’ambito della programmazione nazionale e regionale nonché il finanziamento della spesa ospedaliera ndr).
Numerosi anche i nostri contatti col mondo della scuola a cui ogni anno proponiamo il Premio Mario Tobino rivolto agli istituti di ogni ordine e grado, naturalmente con proposte differenziate. Gran successo riscuotono gli incontri proposti, in orario extrascolastico, agli alunni delle superiori con un corso gratuito per apprendere le tecniche della Scrittura Creativa che si conclude con la produzione di racconti. Analizzati da una giuria, porteranno alla scelta di un vincitore cui sarà consegnato, all’interno della cerimonia che si svolge ogni anno ai primi di giugno, un premio in denaro. Abbiamo infine un’attività realizzata in collaborazione con il Comune di Lucca basata sul volontariato rivolta all’accoglienza degli extra comunitari insegnando l’italiano proprio nel desiderio di aiutarli ad integrarsi nella nostra società.
I sogni per il futuro sono tanti: aprire un nuovo spazio museale riportando alla luce il vecchio Laboratorio dell’Ospedale di cui conserviamo, unitamente all’ASL 2 di Lucca, proprietaria di tutto l’immobile, tutti gli strumenti compresi i cervelli in formalina su cui venivano effettuati gli esperimenti, la biblioteca, testimonianza di quanti e quali studi venissero effettuati per cercare di comprendere l’origine della malattia mentale, ma i cui libri (intaccati dalla muffa) hanno bisogno urgente di un restauro. Trovare i fondi per restaurare i Chiostri (lo Spedale dei pazzi è nato nel 1773 per la concessione del papa Clemente XVI che chiuse il Convento donando la struttura allo Spedale di San Luca al fine di ricoverarvi i ‹‹pazzarelli››) per mettere in perfetta sicurezza la struttura e poterne così usufruire anche per concerti, spettacoli, ecc.. Continuare la ricerca storica anche attraverso l’attento studio della cartelle cliniche conservate in archivio, completare lo studio sul territorio compreso fra Lucca e la Versilia fino a Bocca di Magra nel 900, come punto d’incontro di ogni arte, confrontarsi con l’evoluzione della moderna psichiatria per conoscere e far conoscere i grandi progressi ottenuti nell’ambito della cura e prevenzione della malattia mentale, il tutto sempre nel nome e nel ricordo di Mario Tobino uomo, medico e scrittore.
Quali le risorse cui potete attingere? Ci sono rapporti di collaborazione e sinergie con istituzioni culturali di questo territorio, che è stato elemento importante nell’esperienza di Mario Tobino?
Per realizzare tutto questo sono necessari tanti fondi! La Fondazione è vissuta i primi anni grazie ai contributi messi a disposizione dai soci fondatori (ASL, Provincia di Lucca, Comune di Viareggio, Comune di Lucca, Eredi Tobino) ed anche dalla Regione Toscana, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, dalla Fondazione Banca del Monte. Ma la crisi che stiamo attraversando ha fatto sì che molti enti si siano tirati indietro costringendo la Fondazione a ridurre le sue attività e il suo personale. Dall’anno scorso ci ha aiutato ad uscire dalle difficoltà la Fondazione Cassa di Risparmio con un sostanzioso contributo che, unitamente all’impegno sempre mantenuto dal Comune di Lucca, oltre ai proventi che ci vengono dalle visite guidate e alla disponibilità e dedizione delle due impiegate della Fondazione, ci ha permesso di portare avanti le nostre attività. Comunque siamo sempre alla ricerca di fondi anche attraverso la progettazione di attività di crowdfunding che speriamo incontrino il favore di tanti simpatizzanti.
Ci sono realtà ed esperienze a livello internazionale con cui avete o intendete avere collaborazioni?
Per il momento come Fondazione abbiamo avuto poche esperienze a livello internazionale, ma l’interesse per i testi manicomiali di Tobino è grande anche all’estero, in particolare in Inghilterra e Germania, ma anche in Francia dove la Casa Editrice Plon ha edito nel 2011 il romanzo Tre amici, storia di una grande amicizia.
Mario Tobino scrittore ha avuto un successo che ha oltrepassato i confini nazionali. Sul piano medico-psichiatrico quale la sua eredità più importante?
Tobino ha lasciato una grande eredità come medico psichiatra. Lo evidenzia il grande Eugenio Borgna che, in una delle sue ultime pubblicazioni, Le passioni fragili (Feltrinelli 2017), dedica un intero capitolo alla psichiatria in Mario Tobino affermando, attraverso numerose citazioni dai suoi libri, che ‹‹in psichiatria non c’è cura se non attraverso una relazione interpersonale che avvicini i pazienti con partecipazione emozionale e, come diceva Ludwig Binswanger, con amicizia e amore››. E questo è proprio il messaggio lasciato da Tobino, che così considerava la follia ‹‹Questi matti sono ombre con le radici al di fuori della realtà, ma hanno la nostra immagine (anche se non precisa) mia o tua, o lettore. Ma, quello che è più misterioso, domani possono avere, guariti, la perfetta immagine, poi di nuovo tornare astratti, solo parole, soltanto deliri. Dunque è il nostro incerto equilibrio che pencola, e insuperbiamoci e insieme siamo umilissimi, che siamo soltanto uomini capaci delle opposte cose...›› Ed ancora Borgna ci ricorda come per Tobino sia necessaria ‹›una psichiatria dell’ascolto, che si confronta con la disperazione e il dolore indicibile dell’anima, immergendosi in una febbrile partecipazione al destino umano dei pazienti››. Questa credo che sia l’eredità più importante che Tobino ha lasciato.
In quale misura, secondo lei, la sensibilità della cultura letteraria e l’esperienza medica di suo zio si sono reciprocamente influenzate?
Credo che sensibilità e cultura letteraria siano strettamente legate fra loro in Tobino. Fortissima era in lui la necessità di ricercare la parola giusta, l’espressione pregnante necessaria per esprimere ciò che voleva trasmettere al lettore. Il suo lavoro di scrittura era lento e riflessivo e richiedeva numerose revisioni del testo. Molti ritratti, molti paesaggi di Tobino sono fortemente emozionali e lasciano un segno indimenticabile nel lettore. Scrive in una pagina di diario: ‹‹Il lettore di un libro deve piangere o sognare, meglio se tutte e due. Il libro è questo. Allora è anche educativo.›› (1946.)
Considerando l’attenzione che Mario Tobino rivolgeva alle persone prima ancora che alla malattia, come giudicò e visse la legge Basaglia, approvata quarant’anni fa?
Peccato che la disputa fra Basaglia e Tobino sia stata estremizzata dalle diverse fazioni perché sicuramente ambedue avevano la stessa attenzione per la persona: ad una domanda di Sergio Zavoli se gli interessasse più la persona malata o la cura, Basaglia rispose ‹‹la persona›› ed è quello che pensava anche Tobino. Certo sulla chiusura dei manicomi si è creata la frattura, ma Tobino aveva presente soprattutto l’esperienza di Maggiano ed aveva davanti i malati che, in molti casi, rifiutati dalle famiglie, vivevano lì da più di 40 anni. Che fine avrebbero fatto? Nel libro Gli ultimi giorni di Magliano ci dice: ‹‹Io credo che la follia esista e miei oppositori invece sono convinti che, chiuso il manicomio, svanisca la cupa malinconia, l’architettura della paranoia, le catene delle ossessioni. Che il manicomio sia al massimo libero, fraterno, civile, umano, questo il nostro primo dovere, ma io penso che un luogo che accolga chi è stato colpito dall’insania sia necessario e un tale luogo esista per il bene dei malati››. Ed Eugenio Borgna afferma, pur non condividendola, che questa tesi continua ad essere sostenuta e realizzata in tutta Europa, ma era inattuabile nella realtà manicomiale italiana di allora.
Lei incrociò giovanissima il mondo di suo zio, sia sul versante medico nell’Ospedale di Maggiano sia sul versante letterario. Quali suggestioni l’hanno maggiormente influenzata?
Lo zio ci parlava poco della sua esperienza come psichiatra e quando lo andavamo a trovare a Maggiano - cosa che accadeva abbastanza spesso - ci accoglieva sempre sorridente evitando di farci percepire il dolore che lì si respirava. Anzi, proprio nel periodo in cui fu direttore e in cui sviluppò moltissimo l’ergoterapia all’interno dell’Ospedale, fece fare dalla falegnameria, per poi portarcele a Viareggio, per me magnifiche camerette di legno intarsiato per le mie bambole, per mio fratello delle straordinarie barchette. Facendo sì che, nelle nostre menti di bambini, Maggiano divenisse un luogo dove si potevano creare simili meraviglie! Poco ci raccontava anche della sua vita letteraria, per noi era lo zio e quel che contava erano gli affetti e le carezze. Quando usciva un libro ce lo portava con la dedica e ci diceva: ‹‹ecco per voi dal vecchio zio!››
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