Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Il Terzo settore è Partecipazione, non solo servizi

  • Pubblicato il: 16/12/2018 - 09:56
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Giorgio Righetti
In Italia il terzo settore si è invece sempre distinto per rappresentare una opportunità di partecipazione democratica della cittadinanza alla crescita sociale e culturale del Paese (…) E’ un unicum, internazionale”. A margine della terza edizione del Forum delle Fondazioni di origine bancaria tenutosi a Venezia a fine novembre, il Direttore Generale Acri, Giorgio Righetti, ci offre una riflessione sulla “tendenza a trasferire sul terzo settore approcci gestionali e strumenti tipici del mondo profit. Visto con gli “occhiali” del profit, il terzo settore appare spesso inefficiente, sottocapitalizzato, eccessivamente frammentato, scarsamente dotato di competenze manageriali”.  Quali le ragioni e le risposte? Quali i rischi di questa rivoluzione culturale?

Da qualche tempo a questa parte si è diffusa una tendenza a trasferire sul terzo settore approcci gestionali e strumenti tipici del mondo profit. Visto con gli “occhiali” del profit, il terzo settore appare spesso inefficiente, sottocapitalizzato, eccessivamente frammentato, scarsamente dotato di competenze manageriali. Da questa analisi discendono, come conseguenza naturale, tutta una serie di proposte e ricette per migliorare il terzo settore e renderlo più efficiente e competitivo. Si va dal tentativo di attrarre risorse per capitalizzare maggiormente le organizzazioni di terzo settore alla messa a punto di strumenti di finanza dedicata, dalla proposizione di metodi e strumenti manageriali tipici dell’impresa alla fornitura di servizi di formazione e consulenza.

Questa tendenza ha molteplici origini.
Il desiderio genuino, da parte del mondo del management e dell’economia, di mettere a disposizione di questa realtà le proprie competenze e esperienze nel tentativo di migliorarlo.
Il desiderio, altrettanto genuino, da parte di alcuni rappresentanti e operatori del Terzo settore, di accrescere la rilevanza economica del settore.
La individuazione, prevalentemente da parte di società di consulenza e di istituzioni finanziarie, di un nuovo mercato cui fornire, legittimamente, nuovi servizi e prodotti; i recenti dati Istat che fotografano un terzo settore in forte crescita hanno dato a questo interesse nuovo impulso.

Se da una parte queste iniziative possono potenzialmente produrre benefici sul piano strettamente tecnico, cioè di consolidamento economico-finanziario e di miglioramento dei processi e delle procedure gestionali delle organizzazioni di terzo settore, dall’altra possono rappresentare un rischio potenziale da un punto di vista culturale. Il rischio è, cioè, che si diffonda sempre più una lettura del terzo settore attraverso l’applicazione dei paradigmi del profit, inducendo nel tempo una vera e propria trasformazione dei fini e della natura stessa delle organizzazioni di terzo settore.

Il grande equivoco sta nella parziale comprensione di che cosa sia realmente il terzo settore. L’idea diffusa è che obiettivo del terzo settore sia esclusivamente quello di produrre servizi laddove il mercato non interviene o, come capita sempre più spesso, laddove il pubblico non riesce più ad arrivare. Secondo questa interpretazione, il valore sociale di una organizzazione di terzo settore è cioè riconducibile esclusivamente all’oggetto dell’attività cui si dedica e non alla sua natura e caratteristiche soggettive.

In Italia il terzo settore si è invece sempre distinto per rappresentare una opportunità di partecipazione democratica della cittadinanza alla crescita sociale e culturale del Paese. Il comma 4 dell’art. 118 della Costituzione riafferma questo principio, quando richiama l’azione delle istituzioni per favorire la partecipazione dei cittadini al bene comune “Stato, Regioni, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse regionale, sulla base del principio della sussidiarietà. La partecipazione è un valore perché consente di accrescere il capitale sociale delle comunità, favorendo il diffondersi dei valori della solidarietà, della coesione, della fiducia, della responsabilità, della consapevolezza, del sentirsi parte attiva dei processi di cambiamento della società. Questo principio connota il mondo del terzo settore, in particolare in Italia, e ne fa quasi un unicum a livello internazionale. Infatti, gli elementi che caratterizzano l’identità delle organizzazioni di terzo settore nel nostro Paese sono da ricercare, più che nell’oggetto dell’attività svolta, nei meccanismi in grado di assicurare la partecipazione dei suoi associati attraverso strutture e regole di governance che favoriscono il pluralismo, il dibattito, l’ascolto, la condivisione e la democraticità delle scelte. Se si è capaci di cogliere questo grande valore che il terzo settore è in grado di generare, che va ben al di là della pur meritoria erogazione di un servizio, si può meglio comprendere come una lettura in chiave “efficientista” di queste organizzazioni sia parziale e potenzialmente rischiosa.

Un esempio può forse aiutare a chiarire come il differente punto di osservazione può determinare una conseguente differente valutazione. Si prenda, ad esempio, un elemento che caratterizza il terzo settore: la cosiddetta frammentazione. Questa la si può guardare negativamente, se si pone l’enfasi sulla efficienza e sulla efficacia di sistema. In questa chiave, paradossalmente, una unica grande organizzazione che si prenda cura di una problematica di interesse generale sarebbe probabilmente più efficiente di tante piccole organizzazioni indipendenti e autonome. Oppure, positivamente, se si coglie il valore della ricchezza del pluralismo, della partecipazione democratica, della cittadinanza attiva, in coerenza con lo spirito del citato art. 118 della Costituzione. 
Come si vede, una differente prospettiva, produce una differente visione e, di conseguenza, un differente atteggiamento: nel primo caso, l’elemento della frammentazione è una “patologia” da curare, nel secondo, una caratteristica fisiologica da tenere presente.
E gli esempi di questa duplice prospettiva potrebbero essere molteplici.

L’invito, pertanto, è quello di fare uno sforzo per cogliere gli elementi valoriali che danno il senso all’esistenza del terzo settore. Elementi che, come si diceva, sono alla base dell’esistenza di questi soggetti come espressione della democrazia e della partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale delle nostre comunità. Se si coglie questo spirito, allora è possibile comprendere anche come il ruolo delle Fondazioni non sia solo e tanto quello di erogare contributi, ma soprattutto quello di promuovere e accompagnare la crescita delle comunità sostenendo, tra le altre, quelle numerose realtà del terzo settore che le animano, le popolano e le consolidano.

In tal senso, conclusivo è l’invito che il Presidente di Acri, Giuseppe Guzzetti, ha rivolto all’ultimo Congresso dell’Associazione a Parma, che riassume il ruolo delle Fondazioni e della interazione con le proprie comunità:
“… non (dobbiamo) perdere mai di vista la missione che ci anima. Presi come siamo da progetti, incontri, contatti, riunioni e bilanci, non è facile tenere sempre la barra dritta. La nostra missione non è fare erogazioni. Queste, come il patrimonio e la rete di relazioni e collaborazioni, sono solo strumenti. La nostra missione è accrescere il capitale sociale delle nostre comunità, perché grazie a questo esse possano progredire e prosperare. E dobbiamo contribuire ad accrescerlo talmente tanto fino al punto che un giorno, utopisticamente parlando, anche grazie al nostro contributo, le comunità avranno talmente interiorizzato i valori della solidarietà, della coesione, della pacifica convivenza da non avere più bisogno di noi”.

© Riproduzione riservata