Il potere evocativo degli oggetti
Barcellona. Si intitola «De paso» (di passaggio), l’ultimo progetto di una delle artiste tedesche più affascinanti, Natascha Sadr Haghighian, in mostra fino al 12 dicembre al MACBA-Museo d’Arte Contemporanea di Barcellona. Curata da Chus Martínez e co-prodotta dal MACBA e dalla Han Nefkens Foundation - la fondazione dell’omonimo scrittore e collezionista olandese - «De paso» è un’installazione visiva e sonora, allestita nel suggestivo spazio della cappella del Museo. «Ho scelto l’installazione perché dà l’opportunità di avere un’esperienza nello spazio in tempo reale; un’esperienza che non si potrebbe avere leggendo dell’opera o guardandone una fotografia», così inizia la descrizione ammiccante dell’artista sulla sua opera nel museo catalano.
In scena due oggetti davvero comuni: un trolley e una bottiglia di plastica da 1,5 litri vuota.
Gli oggetti non rispondono più della loro funzione originaria, sono stati abbandonati in un moto perpetuo, uno sull’altro. Uno struscio amplificato da un microfono e distribuito in tutta la sala da casse posizionate in modo tale da sfruttare l’acustica della cappella e programmate per ripetere il suono con tempi diversi, creando un’eco multipla a ritmi differiti.
«Questa installazione dà l’opportunità di relazionarsi di nuovo con questi due oggetti grazie al suono che producono scontrandosi (…) E’ come se si creasse una musica, una strana musica…».
Qualcosa di strano si avverte: è un senso di irrisolutezza, di mancanza. E’ l’assenza dell’acqua nella bottiglia, un’assenza celebrata accanto all’installazione ripercorrendo la storia dell’acqua come bene comune della città. Superato il conflitto tra i due oggetti, troviamo, infatti, una fotografia scattata da David Seymour durante l’assedio di Barcellona del 1938, in cui è ritratto un cittadino che raccoglie dell’acqua da una fontana pubblica subito dopo lo scoppio di una bomba nel quartiere e un estratto di uno scritto di George Orwell sulla guerra civile spagnola e l’esperienza di collettivizzazione dell’acqua.
Completa la mostra una scultura: una fontana pubblica, di quelle che si trovano nei parchi o nelle palestre, finta, costruita con pile di cataloghi IKEA in cinque lingue diverse e coronata da una cannuccia di plastica.
«La cosa che mi ha affascinato è che mentre la bottiglia è un oggetto sempre presente nella nostra realtà quotidiana le fontane pubbliche sono praticamente scomparse, anche se ancora esistono, sembra che non abbiano più la stessa importanza che avevano un tempo».
L’interscambiabilità degli oggetti nel progresso dell’umanità, l’abilità umana di sviluppare la cosiddetta cultura materiale sono al centro della ricerca di Haghighian, che ha la straordinaria capacità di farci riflettere sul consumismo, sull’evoluzione o involuzione dei nostri sistemi di gestione delle città, senza faziosità o intenti espliciti. Nell’opera nulla è ridotto a icona, a immagine. Come dice il curatore «l’opera non chiede di essere interpretata, sarà prerogativa dello spettatore ascoltarla, guardarla, pensarla».
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