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IL PAESE DELLA DANZA

  • Pubblicato il: 16/03/2018 - 08:00
Autore/i: 
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Mara Loro

Dal 21 al 24 marzo, in una Palermo Capitale Italiana della Cultura, prende vita intorno al tema “Il paese dei Festival”, con workshop e tavole rotonde, laboratori e gruppi di lavoro, l’edizione 2018 di Nuove Pratiche Fest, che seguiamo dagli esordi.  Sono chiamate a confrontarsi le realtà che stanno agendo l’innovazione nell’ideazione e organizzazione dei Festival Culturali. Anticipiamo una riflessione sull’evoluzione dei progetti da parte di Mara Loro che porta il caso del Vignale Monferrato Festival (VMF), festival internazionale di danza contemporanea, ideato e promosso dalla Fondazione Piemonte dal Vivo (PDV), in collaborazione con gli enti locali e con il sostegno della Fondazione CRT. Un progetto di coinvolgimento di coinvolgimento territoriale di un piccolo paese sulle colline del Monferrato. Tenendo presente che “la partecipazione, però, richiede a tutti i soggetti coinvolti (operatori culturali, artisti e cittadini) un grande sforzo comune e necessita di coerenza”.


 
E se per una volta iniziassimo parlando della fine? Oggi ci sono i presupposti culturali per poter affrontare in sede progettuale una riflessione sul tema dell’eredità culturale, sociale ed economica che si vuole lasciare al territorio in cui si intende agire. E questa domanda, ce la si può porre rispetto ai progetti culturali quando, per i motivi più disparati, arrivano al loro termine.
Il Vignale Monferrato Festival (VMF), festival internazionale di danza contemporanea, ideato e promosso dalla Fondazione Piemonte dal Vivo (PDV), fin dalla seconda edizione si è fatto carico, per quanto possibile, di questo aspetto della progettazione culturale, dedicando risorse all’apertura di un dialogo con il territorio in qualità di soggetto responsabile e soggetto che si assume la responsabilità dell’eredità culturale di un contesto. Dialogo che nasce dalla memoria sedimentata del precedente festival di danza ospitato dal territorio (Vignale Danza), festival di danza dalla storicità trentennale e con un progetto artistico radicato nell’immaginario locale e non solo. Il progetto di coinvolgimento del territorio del VMF nasce da queste premesse, dall’esigenza dei cittadini di dare un nuovo significato a questo immaginario, rappresentato da una insegna “il Paese della Danza” che si trova sulla strada che porta al centro storico.
Quale interesse può avere oggi un territorio per un festival di danza contemporanea?”. Intorno a questo quesito è stato costruito il progetto “Il Paese della Danza” all’interno del VMF. Interrogativo a cui verrebbe da rispondere con “nessuno”. Un nessuno provocatorio e superficiale, ma rappresentativo di un’attitudine costante con cui si deve confrontare quando si cominciano ad attuare progetti culturali nati da presupposti che prescindono dalle logiche in cui intervengono.  
Per andare oltre questa eredità, è stato necessario fare moti passi indietro e conoscere i presupposti culturali che avevano consentito al precedente progetto di germogliare, anche come tradizione culturale locale. “Quale è stato il terreno fertile che ha consentito al precedente progetto di svilupparsi? Quanto sono ancora attuali quei presupposti?
Funzionari del comune, albergatori, ristoratori, commercianti e semplici cittadini sono stati interpellati sul significato di un progetto culturale dedicato alla danza oggi. Incontri, interviste sono state occasioni di dialogo che hanno svelato l’humus culturale del territorio: le narrazioni. Un maestro di musica che, di scuola in casa, ha educato un intero paese all’ascolto e alla pratica degli strumenti; le danze della domenica nel salone del Comune, le danze clandestine durante la guerra, le feste nei cortili con la fisarmonica dopo la guerra, le domeniche nelle piste da ballo, la tradizione della Curmà con il suo ballo al palchetto. Intorno a queste narrazioni si è potuto sviluppare un dialogo sul senso individuale e collettivo di un nuovo progetto culturale condiviso.
Parallelamente, attraverso la formula del laboratorio, i cittadini, con lo sguardo complice di artisti e operatori culturali, sono stati interpellati sul presente. È stato chiesto loro di disegnare una mappa del potenziale che potevano mettere a disposizione per il festival in termini di risorse, competenze, spazi.  Questo confronto ha esplicitato alcune specificità del patrimonio culturale materiale, il circuito degli Infernòt e delle terrazze panoramiche, le competenze e le narrazioni legate al sistema enogastronomico, un palchetto del 1800, gli oggetti storici raccolti nel museo contadino….
I contenuti, reperiti sul campo e portati dal festival, sono stati osservati attraverso il prisma della interdisciplinarità e dell’intersettorialità per costruire un dialogo con il territorio che coinvolgesse attivamente le risorse potenziali esplicitate dai cittadini.
Su questi presupposti si è costruito “un territorio di mezzo”, un progetto di coinvolgimento, Il Paese della Danza, nel quale persone appartenenti a categorie sociali e culturali e a contesti geografici differenti sono riunite temporaneamente intorno ai contenuti portati da un progetto artistico o culturale (tic-temporanee identità collettive).
Il progetto ha visto la partecipazione dei cittadini ai processi di produzione, di fruizione e di comunicazione messi in atto dal VMF. Le interviste condotte nella fase preliminare del progetto sono diventate contenuti per la campagna di comunicazione social del festival, rendendola così più autentica ed efficace. La partecipazione dei cittadini alla creazione di momenti conviviali, per l’accoglienza del pubblico prima degli spettacoli, ha voluto dire promuovere musiche e tradizioni culturali e culinarie del territorio che andavano ad incrociare quelle proposte dagli spettacoli, in particolare si ricorda la serata indiana con la compagnia Shantala Shivalingappa.
Infine, fondamentale è stato il recupero del palchetto, un chiostro circolare in legno del 1800 sul quale si danzava il ballo al palchetto appunto, ri-allestito per l’occasione da una negoziante di Vignale, ex scenografa pubblicitaria, montato dai cittadini e messo a disposizione del coreografo Tommaso Monza, chiamato dal Festival a reinterpretare in chiave contemporanea la tradizione culturale del ballo al palchetto, viva ancora oggi, mescolando i danzatori professionisti della sua compagnia con un gruppo di ballerini locali.
Ci sembra, dunque, che i progetti partecipativi condotti con questo approccio possano essere una modalità di contaminazione reciproca tra un sistema culturale (con le sue logiche) e gli interessi territoriali, soprattutto perché mettono in atto dei dispositivi di rinnovamento dei linguaggi della contemporaneità (formazione del pubblico) e allo stesso tempo offrono un’ occasione di confronto sui contenuti che questi veicolano (coinvolgimento del pubblico), ma sono anche strumenti di coesione sociale, in quanto promuovono relazioni tra soggetti appartenenti a contesti socio-culturali differenti, ed infine possono anche diventare occasioni di innovazione culturale.
La partecipazione, però, richiede a tutti i soggetti coinvolti (operatori culturali, artisti e cittadini) un grande sforzo comune e necessita di coerenza, una coerenza di cui, forse, non se ne può assumere la responsabilità un unico soggetto culturale, ma una rete. Una rete che, per essere reale, deve fondarsi su un capitale culturale collettivo, capace di orientare e dare al territorio la coerenza di cui abbisogna.
Una sfida aperta e attuale che necessita nuove logiche culturali per essere attuata.
Quali logiche? Su questo fronte sarebbe urgente aprire un dibattito.
 
Nota: TIC - temporanee identità collettive – sono raggruppamenti temporanei di persone appartenenti a contesti socio culturali differenti mossi da interessi condivisi e/o da bisogni rivelati intorno ad un “sentire comune”. Si tratta di soggetti che partecipano temporaneamente, come singoli o come rappresentati di gruppi formali e informali, ad un progetto comune, disegnando nuovi e temporanei confini dell’identità di un’istituzione.
 
Bibliografia
Hangar - La (quasi) impresa. Manuale d'uso per operatori culturali, Milano  2017, Il sole 24 ore
Michel Maffesoli, Les temps de Tribù le decline de l’individualisme dans la sosietè de masse, Paris 1988, Librairies de Meridiens
Lyotard J.F., La condizione postmoderna I rapport sul sapere (trad.it di C. Formentini), Milano 1981, Feltrinelli.
Rulliani E., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo delle reti, Roma 2004, Edizione Carocci
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Mara Loro si occupa di indagine e sviluppo identità collettive in ambito artistico. Con una duplice formazione artistica ed economica, dal 2001 studia le relazioni tra arte ed economia e sperimenta, in differenti contesti socio-culturali, le componenti di un metodo innovativo di creazione e produzione artistico-teatrale multimediale (Modello Hypertopia, 2010). Ha operato sul territorio nazionale progettando, attraverso il linguaggio dell’arte e della cultura, occasioni di riflessione interdisciplinare partecipata su problematiche sociali contemporanee. Dal 2015 sviluppa questa metodologia nell’ambito dell’audience development (TIC- temporanee identità collettive, 2017) per la Fondazione Piemonte dal Vivo e cura la sezione di pratiche innovative di coinvolgimento del pubblico della Lavanderia a Vapore e del Vignale Monferrato festival.