Vice versa
Torino. Prosegue il tour di presentazione di «vice versa», il progetto espositivo del Padiglione Italia alla 55. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia curato da Bartolomeo Pietromarchi , e (soprattutto) del progetto di crowdfunding che lo sostiene. Dopo Roma , Milano, Bologna il curatore romano approda a Torino, lo scorso 26 marzo, dove ad accoglierlo e a conversare con lui nell’auditorium della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, c’è Francesco Bonami.
Presentazione della carriera al top di Pietromarchi: dopo essere stato direttore artistico della Fondazione Olivetti dal 2002 al 2008, con incarichi all’Hangar Bicocca a Milano a al Madre di Napoli, è stato curatore del Premio Italia al Maxxi di Roma, da luglio 2011 è Direttore del MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma. Non senza qualche sagace «battuta» di Bonami sulle precedenti edizioni veneziane di Beatrice e Sgarbi - «il minimo ha avuto un nuovo minimo» - sono stati presentati i 14 artisti.
Francesco Arena, Massimo Bartolini, Gianfranco Baruchello, Elisabetta Benassi, Flavio Favelli, Luigi Ghirri, Piero Golia, Francesca Grilli, Marcello Maloberti, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Marco Tirelli, Luca Vitone, Sislej Xhafa abiteranno con le loro opere i 1800mq del Padiglione Italia, cui si aggiungono i 100 mq del giardino.
La mostra, racconta Pietromarchi «narra l’identità estetica del paese attraverso la dialettica del doppio, mettendo in dialogo diverse generazioni. Una modalità, da Agamben e Calvino, per interpretare le nostre premesse culturali: il visibile e l’invisibile, la leggerezza e la pesantezza, la tragedia e la commedia. Elementi già ritrovati in Paolini, Pistoletto, Boetti, De Dominicis. Ma non necessariamente questi dialoghi sono tra generazioni diverse. Così ad esempio, uno dei grandi temi che aprirà il Padiglione sarà il Paesaggio e a interpretarlo saranno Ghirri e Vitone, seguiranno Favelli e Maloberti, e così via, per creare scenari reali e immaginari capaci di leggere la complessità del Paese Italia».
14 artisti, di cui due sole donne e due purtroppo scomparsi, attraverso dodici nuove produzioni daranno idealmente vita, attraverso un percorso annunciato come sinestetico, ad un viaggio ideale nell’arte italiana di ieri e di oggi. Top secret i progetti che promettono sorprese attraverso insoliti usi dei media.
Pietromarchi parla invece abbondantemente del progetto di crowdfunding a sostegno di «vice versa». Una pratica di finanziamento «dal basso» sempre più diffusa e efficace a cui il curatore ha deciso di ricorrere per la produzione delle opere degli artisti. Obiettivo 150000 euro e a esserne raccolti sono stati già 80000. Merito di importanti donazioni, di pochi a dire il vero più che dalla crowd.
Un milione il budget della mostra. Pietromarchi, spiegando nel dettaglio l’utilizzo dei fondi raccolti e il motivo per il quale i 600000 euro ministeriali non bastano – di questi un terzo va alla Biennale per costi di struttura, gli altri 400000 (lordi) impegnati per impianti, staff, cataloghi, trasporti, assicurazioni, comunicazione - ricorda come donare sia importante soprattutto per sentirsi parte di un progetto, per partecipare attivamente.
«In questo momento di grande crisi le aziende non sono intenzionate a finanziare e occorre inventare nuovi percorsi, un rapporto di cooperazione tra pubblico e privato»
In questo senso il crowd funding, nato dalla società civile per finanziare tramite il web piccole iniziative private, ha assunto via via un’importanza tale da rappresentare un nuovo paradigma per il finanziamento di grandi progetti.
Dalla politica alle cause umanitarie, il crowd funding ha permesso anche a importanti istituzioni culturali come il Louvre di raggiungere grazie alla collettività importanti obiettivi. Attraverso il programma «Tous Mecenas» e ricorrendo al mondo virtuale e alle sue potenzialità, sono state acquistate da un collezionista «Le tre grazie» di Cranach.
Un innovativo modello di fundraising e una pratica di partecipazione diretta in cui ognuno, grazie a un contributo simbolico (la cifra di donazione di partenza richiesta equivale solitamente a pochi euro) diventa non semplice finanziatore ma parte di un progetto collaborativo a favore della collettività.
Molte le piattaforme di crowdfunding nate nel frattempo (tra le principali italiane Rete del Dono, Eppela, Shinynote, BuonaCausa, IoDono, Produzioni dal basso) e sempre più le realtà che fanno ricorso a tale pratica ma, per decretare il successo di un progetto piuttosto che un altro, fondamentale è saperne comunicare con passione le ragioni per coinvolgere strati sempre più ampi di popolazione che nel donare troveranno appagamento, sapendo di avere contribuito a una «buona causa».
Il pathos è mancato un po’ a Pietromarchi. Anche se, convincente sotto il profilo scientifico, un buon Padiglione Italia, così atteso e con un passato così discusso, non mancherà certamente di sostenitori. Meglio se verranno «dal basso».
L’incontro alla Fondazione Sandretto si conclude con qualche scambio di battute tra le «prime donne» del sistema dell’arte. Tra il pubblico Luca Beatrice, provocando un po’ gli animi, si domanda – parafrasando Bonami in un intervento alla Fondazione Ratti qualche tempo fa - se l’arte contemporanea non sia veramente finita.
«In una Biennale di morti, più che di vivi», dove si parla di soldi più che di artisti, il solo fatto di continuare a porsi interrogativi dimostra che, probabilmente, l’arte del nostro tempo non ha esaurito – nonostante tutto - il suo potere visionario. E se la «colletta» serve ad alimentarlo, che ben venga.
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