Quello che basta all’altra gente non mi darà nemmeno l’ombra della perduta felicità
Venezia, 22 giugno. Atmosfera disinvolta ma intensa alla Gervasuti Foundation – ospite dei padiglioni dell’Iraq e della Repubblica Popolare del Bangladesh per la 54° Biennale di Venezia – durante la presentazione del numero zero di «Quello che basta all’altra gente non mi darà nemmeno l’ombra della perduta felicità», un progetto che chiarisce gli intenti dei suoi fondatori: Maria Ida Bernabei, Leonardo Cabiddu, Enrico Casagrande, Francesco Federici, Matteo Primiterra.
La rivista nasce nella stessa città di Venezia, con una ricerca sostenuta dalla Facoltà di Progettazione e produzione di arti visive dello IUAV. La linea editoriale è contestuale alle loro esperienze e ai loro interessi; gli ideatori spiegano che il filo conduttore che lega i temi affrontati all’interno della rivista è l’atto di selezionare tutto ciò gli interessa.
«Ci interessava e l’abbiamo fatto, forse questa è una motivazione ben più profonda dell’incompiutezza. Il contenuto è vario ma non è nemmeno una questione di profondità, è più una modalità di comunicazione».
L’idea di occuparsi non tanto dell’opera in sé quanto piuttosto del suo carattere potenziale, che mantiene aperte infinite possibilità di sviluppo, poiché non ne segna una conclusione, è un po’ il cuore del progetto.
All’interno troviamo Giorgio Agamben, Alberto Grifi con trascrizioni a posteriori (sbobinature) «perché è bella, lascia respiro alle parole scritte, lascia loro il ritmo, gli incisi, gli errori, le strade concettuali che avrebbero potuto essere imboccate», ma anche alcuni dei loro progetti come quello con Richard Nonas che vede coinvolto anche Paolo Rosso di Microclima, esposto all’ultima collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa.
La grafica essenziale di Enrico Poli riordina le idee e se domani qualcuno volesse sostenere il numero uno, loro sono pronti.
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