Parigi. Anne Baldassari non è più la presidente del Musée Picasso, che dirigeva dal 2005. A pochi mesi dalla riapertura del museo parigino, che riunisce la più ricca collezione al mondo del maestro del Cubismo, slittata da fine giugno a metà settembre, è stata la ministra della Cultura, Aurélie Filippetti, a decidere di nominare un nuovo presidente. Il nome dovrebbe essere noto in meno di una quindicina di giorni. Ricorre quello di Laurent Le Bon, attuale direttore del Centre Pompidou-Metz. Sono messi in discussione i metodi manageriali «autoritari» della ex presidente, 59 anni, alla quale si deve il nuovo allestimento della collezione. Un rapporto dell’ispettorato del ministero, consegnato a marzo, ha rilevato «un clima di lavoro degradato, un profondo disagio dei dipendenti e un’atmosfera ansiogena». Nei giorni scorsi, 25 dipendenti anonimi del museo hanno denunciato in una lettera il «malessere» che regna sul luogo di lavoro e chiesto le dimissioni della presidente. Lei si è difesa con le unghie e coi denti denunciando una «manovra» a suo danno: «Ho dato la mia vita a questo museo», ha esclamato. Ma la sua difesa non è servita.
Questo è solo l’ultimo episodio di un’accesa querelle scoppiata nelle ultime settimane intorno al museo, che ha aperto le porte nel 1985 nello splendido hôtel Salé, dimora storica del quartiere del Marais, chiuso dal 2009 per ristrutturazione. Una querelle legata appunto all’ennesimo rinvio della data d’inaugurazione che ha scatenato l’ira della famiglia del pittore di Malaga. Il figlio di Picasso, Claude, che ha dato il suo appoggio alla Baldassari, aveva accusato il Governo di «boicottare» il museo e la Francia di «prendersi gioco» del padre. Ora si è detto «scandalizzato» dagli ultimi eventi. Resta in sospeso un’importante donazione di documenti di Dora Maar su «Guernica», che a questo punto, ha detto Claude Picasso, «potrà aspettare».

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da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 14 maggio 2014