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La visione della condizione umana

  • Pubblicato il: 08/03/2013 - 13:22
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Rubrica: 
FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Ilaria Oliva
F. Bacon

Chieti. Apre dal 9 marzo, allo Spazio Esposizioni Temporanee (S.E.T.) della Fondazione Carichieti, una mostra di lavori grafici di Francis Bacon (Dublino, 1909 – Madrid, 1992), ideata da Alfredo Paglione e curata da Sandro Parmiggiani.

Una vita oltre le convenzioni dell’epoca, una salute cagionevole che da sempre lo costrinse all’isolamento, l’interesse morboso per la deformità, hanno caratterizzato l’opera dell’artista: ispirato inizialmente dai lavori di Picasso.
Il suo mondo creativo si è focalizzato su immagini riprodotte in set desolati, solitamente con un baricentro inscritto su base cilindrica, solitarie o al massimo in una fusione inscindibile di due corpi. Deformati, ovviamente. Come se la forza centrifuga della vita gli fosse passata addosso stirandone i connotati, distorcendone i confini e, contestualmente, la forza centripeta ne impedisse qualsivoglia intenzione di fuga.

Le sue figure divennero immediatamente simbolo dell’umana solitudine e disperazione, fin da quando dipinse Tre studi di figure alla base di una Crocifissione(Tate Gallery, Londra) – la sua prima opera esposta in pubblico, nel 1933.
L’urlo di Munch, e tutti i movimenti artistici dei primi del ‘900 avevano evidentemente lasciato una forte impronta sul lavoro di ricerca introspettiva di Bacon (partita dalla pittura di Cimabue, Piero della Francesca, Grünewald, le forme nude e contorte di Michelangelo, Rembrandt, Vélazquez, Goya, Van Gogh, il Monet delle Ninfee, la rappresentazione del movimento fatta dai futuristi, Picasso, Matisse; la fotografia di Muybridge per i corpi in movimento, le immagini di pugili e di atleti, le fotografie mediche; la letteratura, passando dalla tragedia greca, Shakespeare, le lettere di Van Gogh, La terra desolata di T.S. Eliot, alcune poesie di Yeats).
Ma, mentre il resto del mondo andava verso l’astrattismo e l’informale, Bacon si ostinava a riproporre la figurazione.

Il successo non mancò alla sua opera, sia in vita che postumo: tra le tante, nel 1954, la partecipazione, nel padiglione inglese, alla Biennale di Venezia; nel 1962, la prima mostra antologica alla Tate Gallery di Londra (che gli dedicherà una seconda esposizione nel 1985) e quella alla Galleria d’Arte Moderna di Torino (in Italia Bacon viene presentato, a partire dal 1958, da varie gallerie); nel 1963-64 la retrospettiva al Guggenheim Museum di New York; nel 1971-72 la mostra Grand Palais di Parigi, e poi alla Kunsthalle di Düsseldorf –
Parigi gli dedicherà, nel 1996, una memorabile mostra al Centre Pompidou –Infine, la mostra antologica al Palazzo Reale di Milano nel 2008.

Dopo Paladino, De Chirico e Sassu, Palazzo de’ Mayo porta avanti la mission della Fondazione Carichieti, di divulgazione e approfondimento delle tematiche care al ‘900, con uno degli artisti più complessi del secolo appena trascorso.
I lavori in mostra, 54 tra litografie e acqueforti-acquetinte, realizzate tra il 1966 e il 1991, appartenenti a una collezione milanese, ripropongono tutti i temi cari all’artista: i ritratti, le tauromachie (e loro infinite varianti), i trittici, gli studi di figure, consentendo al visitatore di rivivere l’esperienza del confronto con quella che Bacon riteneva l’essenza della condizione umana, provocando in lui una reazione catartica, di coinvolgimento emotivo.
Per visitarla c’è tempo fino al 5 maggio.

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