L’Italia deve fare l’Italia
Symbola, la fondazione per le qualità italiane, si sta avvicinando al suo decennale e presenta un panorama di partecipazioni straordinario per la sua trasversalità. Siamo nati con un Comitato di Promotori nel 2005, anche se l’idea di una fondazione per le qualità italiane risale al 2003 con i primi seminari estivi organizzati nell'ambito del prestigioso incubatore del Festival di Ravello promosso e diretto da Domenico De Masi. I primi due seminari li organizzammo come Legambiente, Ermete Realacci ne era presidente ed io il responsabile delle politiche del territorio. È del 2005 il primo seminario estivo organizzato da Symbola.
Oltre a Domenico De Masi l'altro nostro partner decisivo per la nascita di Symbola è stato Alessandro Profumo, all’epoca AD di UniCredit che portò in dote l'adesione al progetto di importanti realtà imprenditoriali impegnate sul terreno della responsabilità sociale di impresa.
Con le loro quote di adesione come componenti sostenitori - una tantum di 25 mila euro e una quota annuale di 10 mila euro per realtà con bilanci superiori ai 50 milioni di euro - permettevano così a tante piccole realtà artigianali, imprenditoriali e territoriali di poter avere una occasione di promozione e rappresentazione che solo una Fondazione come Symbola poteva offrire. La forza, il prestigio, la reputazione dei grandi al servizio di un progetto di promozione delle qualità italiane di cui beneficiano soprattutto le realtà emergenti, più piccole e innovative.
Symbola vuol dire «mettere insieme»; così i greci chiamavano le due parti spezzate di un oggetto, spesso un medaglione, che ricomposte servivano come mezzo di riconoscimento. E la nostra Fondazione vuole appunto fare questo: mettere insieme esperienze diverse accomunate dalla scommessa sulla qualità.
Se Profumo ha portato in dote il mondo della grande impresa e De Masi quello di una parte importante della cultura italiana noi a Symbola abbiamo portato il patrimonio di relazioni sviluppate in un ventennio di ambientalismo progettuale, aperto al confronto, rigoroso ma dialogante, da Unioncamere a Confartigianato, CNA e Coldiretti. Dai Parchi alle Province, e tra queste quella di Firenze con l'allora suo giovane Presidente Matteo Renzi. Dalle cooperative e imprese legate alla gestione del territorio, dei beni culturali e delle eccellenze agroalimentari fino a quelle impegnate a promuovere nuove e più evolute forme di turismo.
La fondazione come si è patrimonializzata?
Nasce con le quote di adesione diversificate per componenti: fondatori e ordinari. Per i primi la quota una tantum è di 25.000 euro come fondo di dotazione. Nell’anno dell’ingresso non versano la quota annuale di adesione. Quote diversificate in relazione al fatturato: come già detto per le imprese e organizzazioni con un fatturato sopra i cinquanta milioni di Euro, la quota è di 10.000 euro l'anno, per le altre: sotto i cinquanta milioni annui la quota è di 5.000; sotto a 10 milioni 2.000 euro; sotto a 2 milioni 500 euro.
Abbiamo una base ampia e qualificata, il che rende tutti liberi, non fa scattare meccanismi di potere.
Qual è la dimensione del bilancio annuale?
Non supera il milione di euro. L'Altra Economia – nella sua ricerca sulle fondazioni- ha scritto che eravamo l'unica fondazione (eccetto quelle bancarie) ad avere il bilancio online.
Ci parli della governance.
La nostra fondazione è un po' diversa dalle altre, perché è un movimento che ha assunto questa forma giuridica, ha messo in rete soggetti diversi, perché l'intelligenza è nel mondo e ognuno deve fare il proprio mestiere. E’ un punto di incontro, con una governance snella, una filiera corta. Ci incontriamo e decidiamo. Siamo come una piccola impresa artigiana di altissima qualità.
Molte ricerche che conduciamo, come quella con Unioncamere sulla Cultura, hanno il contributo di altri soggetti che chiamiamo a raccontare ciò che fanno, ciò che pensano.
Quale evoluzione avete intercettato nel rapporto «Io sono cultura» - arrivato alla quarta edizione?
La ripresa è guidata dal settore delle industrie creative più legate al made in Italy.
C’è un nuovo Made in Italy che ha incorporato la doppia sfida, culturale e di sostenibilità. Non c'è stata nessuna conversione ideologica delle imprese, ma la comprensione che il mercato internazionale stava andando in una nuova direzione. Molte sono le imprese che l’hanno intrapresa.
Se abbiamo alte performance nell’export italiano è perché il nuovo Made in Italy non ha più niente a che spartire con il vecchio Made in Italy, se non il saper fare della tradizione.
Angelo Inglese fa le camicie in quel di Ginosa, in Puglia, per il principe William, che l’ha indossata anche al suo matrimonio. Inglese ha iniziato anni fa a vendere in internet e oggi, con le sue camicie particolari con le asole «alla pugliese», è amato dai giapponesi. Vent’anni fa era inimmaginabile.
E’ diventato un nuovo modo di produrre, di pensare all'impresa, di relazionarsi con il mercato, con i processi.
Inglese ha ristrutturato, dentro la Gravina di Cinosa, un grande frantoio, un manufatto storico. Vuole creare una scuola, un atelier di sarti e lo fa anche a Matera, nei Sassi. Questa è un’operazione culturale.
Ma occorre uscire da singole esperienze straordinarie, numerose, per farle diventare un motore di sviluppo diffuso. Quali sono le politiche necessarie, a suo avviso?
Alleggerire il peso della burocrazia e abbassare le tasse. Regole più chiare. Perché le regole sono fondamentali. Continuiamo ad essere il secondo paese manufatturiero d'Europa, dopo la Germania e siamo uno dei soli cinque paesi al mondo che nel 2012 ha avuto un surplus commerciale/manufatturiero, cioè di merci manifatturiere più vendute di quelle acquistate. Sopra i cento miliardi di dollari sono Cina, Corea del Sud, Giappone, Germania e Italia.
Significa che le regole hanno fatto bene.
Molte grandi imprese del vino, oggi in Italia, sono impegnate in tecnologie di«carbon footprint» perché i consumatori americani vogliono sapere quanta CO2 è stata prodotta per fare ogni bottiglia di vino. E’ quello che il mercato sta chiedendo.
Misure sempre più sartoriali nei diversi settori, che vanno favoriti con «credito d'imposta», «ecobonus», «bonus arte». Valgono più di un finanziamento pubblico. L’ecobonus è un esempio: a fronte di una chiara prestazione si muovono famigliee imprenditori, aiutando il sommerso ad emergere.
Quali le risorse inesplorate?
Il patrimonio artistico non è ancora sentito come un valore per leimprese. Un esempio per tutti. Rainbow, società socia di Symbola, è una delle major oggi più importanti al mondo nel campo dell'animazione. E' concorrente di Warner e di Disney, produce le Winks. L'anno scorso hanno fatto un film sui gladiatori che sta girando tutto il mondo: a differenza dell'animazione italiana -come «la gabbianella e il gatto», molto raffinata, ma molto italiana, ha un linguaggio internazionale. Nessuno ha pensato a fare una serie di applicazioni su un film che va in giro, sul Colosseo, sulle arene di epoca romana. Questa è la modalità attraverso la quale i bambini oggi apprendono.
Non si è fatto l'aggancio tra la realtà virtuale, tra la realtà aumentata e il patrimonio.
Tramite la rete dobbiamo far emergere nuove sensibilità, legare il patrimonio col digitale, con le nuove tecnologie per entrare in rapporto con i giovani, che possono dare soluzioni, per rendere questo patrimonio contemporaneo.
Dobbiamo dare al mondo un’idea dell’Italia di qualità prospettiva e non solo retrospettiva.
Michele Manelli ha fatto l'azienda vitivinicola a Montepulciano più spinta dal punto di vista green d'Italia e forse d'Europa, con una cantina interrata nella quale si lavora con la luce che viene dai cavedi, rimandata da un gioco di specchi,coibentata, che non ha necessità di riscaldamento e di raffreddamento grazie all’acqua piovana che si recupera. È con operazioni a forte intensità di contemporaneità come queste che noi possiamo far capire al mondo che la qualità italiana non è solo un'eredità del passato, non è solo retrospettiva ma è anche un progetto che guarda al futuro con il quale diamo nuova luce e ravviviamo i colori con i quali Ambrogio Lorenzetti immortalò nel ciclo del Buon Governo gli stessi paesaggi dove Manelli produce i suoi vini.
Altri esempi?
I Campi Flegrei sono un posto fantastico e maledetto, inferno e paradiso, conpiccoli beni diffusi. E’ la metafora dell'Italia. Un patrimonio destinato alla rovina, perchè non conveniente per il privato e troppo costoso per lo Stato. Perchè non affidare un'antica cisterna romana alla casa vitivinicola che ha riscoperto l'antico vitigno autoctono locale?
Perchè il Seminario Estivo di Symbola si tiene nelle Marche?
Perché le Marche sono una regione rappresentativa delle qualità italiane dove, nonostante le profonde trasformazioni avvenute dal dopoguerra ad oggi, è ancora visibile un paesaggio agrario che è l'infrastruttura vivente di produzioni vitivinicole e agroalimentari di qualità, dove è cresciuto un turismo attento all'ambiente e al patrimonio storico culturale, dove è presente una manifatturiera variegata e plurispecializzata innovativa e vocata all'export e dove c'è un tessuto di Università, centri del sapere e iniziative culturali di livello nazionale. Inoltre oggi la Regione Marche è impegnata nella realizzazione del Distretto culturale evoluto che prevede la più spinta integrazione tra le industrie creative e culturali e la gestione del patrimonio storico, artistico e architettonico. Un progetto coerente con l'impostazione del Rapporto sulla cultura che non per niente vede la Regione Marche partecipare e contribuire alla sua realizzazione con Fondazione Symbola e Unioncamere.
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