L’Arte di Cambiare il Mondo, un passo alla volta
«The Work of Art in the World: Civic Agency and Public Humanities» di Doris Sommer non si limita a sottolineare il ruolo dell’arte e delle scienze umane come motori per il cambiamento sociale, ma teorizza e evidenzia il valore della Cultural Agency e dei Cultural Agents attraverso l’esplorazione di progetti e personalità che hanno fatto e continuano a fare la storia delle nostre città
"Ever tried. Ever failed. No matter. Try Again. Fail again. Fail better."
Samuel Beckett
L’autonomia dell’arte consente di sfidare sistemi e pratiche esistenti per continuare ad esercitare la libertà di essere, di cambiare e per che no, spiega Doris Sommer, di rischiare e sbagliare. Se è opinione condivisa che l’arte sia sempre in grado di offrirci nuove prospettive sulla società, sulle sue problematiche e conflitti, Sommer, Docente ad Harvard, fondatrice e direttore dell’iniziativa “Cultural Agents: Arts and Humanities in Civic Engagement” conosce l’importanza di sostenere le proprie tesi con ricerche ed esempi concreti. Per questo il suo libro parte proprio da casi esemplari per ricostruire come l’arte e un approccio umanistico siano in grado di offrire soluzioni innovative anche in situazioni apparentemente irreversibili.
Tra questi, vengono citati Palas por Pistolas un progetto del 2008 dell’artista Messicano Pedro Reyes che trasforma strumenti di morte in utensili per la vita coinvolgendo le istituzioni e la popolazione di Culiacàn, città del Messico occidentale con un altissimo tasso di morti per arma da fuoco.
Anatanas Mokus, eletto nel 1995 sindaco di Bogotà, Colombia, ai tempi la città più pericolosa, violenta e corrotta delle Americhe è un altro esempio. Ex Rettore Universitario con nessun trascorso politico e da poco licenziato in circostanze estremamente particolari, una volta eletto, racconta Sommer, chiese a tutti i suoi conoscenti un’idea per combattere il soffocante traffico cittadino, causa di innumerevoli incidenti, morti e problematiche correlate. Nessuno fu in grado di offrigli una proposta efficace, a tal punto che ad indicare la situazione irrecuperabile uno dei suo collaboratori gli disse: «Mio suocero dice che non c’è nulla da fare, è ora di chiamare i clown». Il sindaco neoeletto invece di sentirsi offeso, pensò che la battuta di sconforto potesse essere invece una buona idea. Lasciamo alla vostra lettura il racconto dei risultati e impatti strepitosi che questa ed altre iniziative del Sindaco filosofo e matematico hanno avuto sulla città migliorandone la qualità della vita e restituendo alla cittadinanza l’opportunità di condividere spazi pubblici in un’ambiente fino a quel momento ostile e pericoloso.
La dimensione del piacere e del divertimento è infatti uno degli aspetti fondamentali e necessari attraverso il quale i Cultural Agents di Doris Sommer agiscono e determinano il cambiamento sostenibile. Ma chi sono questi Cultural Agents? “Agente” è il termine che definisce un cambiamento di prospettiva e pratica, in questo caso attraverso la cultura. Nella lettura di Antonio Gramsci, spiega Sommer, la parola “Agente” viene usata per descrivere una guerra di posizione nella quale gli intellettuali, artisti inclusi, guidano il cambiamento collettivo attraverso le loro azioni.
Senza indulgere nella visione romantica dell’arte che salva il mondo, né ridurre l’azione possibile ai soli artisti, la teoria della Cultural Agency è una modesta ma inarrestabile chiamata all’azione creativa per il cambiamento sostenibile.
Collegando diverse esperienze di azione culturale e creando una mappa di buone pratiche, il libro fa emergere il valore dell’arte in quanto elemento di dissenso essenziale messa in discussione dello status quo.
Ripartendo da Kant e Schiller, Sommer individua nell’artmaking il bisogno umano di esprimere giudizi intesi come riflessioni disinteressate e momenti di confronto attraverso l’azione culturale e la pratica artistica. Nel libro Sommer preferisce parlare di pratiche e non di narrative, queste ultime possono infatti trasformarsi proprio in quelle gabbie autoritarie che si cerca di scardinare, parla di processo e non di prodotto, di co-creatori e non autori, invita a ripensare a noi stessi come training artists e a superare la distinzione tra humanities e le arti: le prime conservative e storiche, le seconde sovversive e rischiose. Una distanza che già Friedrich Schiller annulla nel famoso “Educazione Estetica dell’uomo” (1794) dove, spiega Sommer, l’educazione estetica diventa fondamentatale per comprendere e generare il cambiamento, effetto indiretto di creatività e dissenso. Se nuovi processi di sviluppo hanno bisogno del giudizio critico, del disruptive thinking e dell’immaginazione coltivati dall’arte, l’interpretazione umanistica è una piattaforma multidisciplinare imprescindibile attraverso cui alimentare e sviluppare nuove idee.
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The Work of Art in the World: Civic Agency and Public Humanities
Autore: Doris Sommer
Editore: Duke University Press Books (January 8, 2014)
Lingua: English
Pagine: 232