Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

I paesaggi della nostra vita

  • Pubblicato il: 30/12/2011 - 00:57
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Ugo Morelli
Ugo Morelli

Gli orientamenti epistemologici più recenti ci propongono che per comprendere un sistema bisogna farne parte. L’appartenenza a un sistema non è solo fonte di conoscenza ma è anche la condizione per cercare di governare quel sistema o per impegnarsi nel cambiarlo. Se è vero che la partecipazione diretta alla vita di un sistema vincola la possibilità di vedere e conoscere, in quanto essere dentro in parte distorce lo sguardo, è allo stesso tempo evidente che solo l’elaborazione dei vincoli genera la conoscenza. Tutto ciò vale per ogni conoscenza e ogni azione in un contesto che vincola, ma diviene fondativo e indispensabile quando si tratta del paesaggio. Se per paesaggio non si intende solo il lato esteriore dei mondi in cui viviamo, bensì «uno spazio-forma di vita che emerge al punto di connessione tra mondo interno e mondo esterno, con la mediazione dei principi di movimento e immaginazione», allora il paesaggio siamo noi, con la nostra storia, le nostre scelte, e l’elaborazione dei vincoli e delle possibilità con cui elaboriamo la nostra vivibilità. E’ proprio la vivibilità e il suo radicale cambiamento di segno che trasforma il senso e il significato del paesaggio. La specie che si autodefinisce homo sapiens ha trascorso quasi tutta la sua storia sul pianeta Terra a difendersi dalla natura, dalle sue minacce e dai rischi derivanti dall’intero sistema vivente. Abbiamo vissuto contro la natura. Da non più di tre generazioni ci stiamo rendendo conto che la nostra vivibilità potrà essere possibile solo in alleanza con la natura, smettendo di collocarci sopra le parti e vivendoci come parte del tutto. Deporre la presunzione della superiorità delle nostre distinzioni di specie è difficile e richiede la sfida alla nostra propensione prevalente al conformismo invece che alla discontinuità e all’innovazione dei nostri comportamenti. Sentirsi parte del mondo vuol dire vivere i luoghi come paesaggi, come spazi-forme di vita, appunto. Ciò richiede che si dismetta la separazione tra ambiente, territorio e paesaggio e che si riconoscano i passaggi necessari per giungere ad una cultura del paesaggio. In prima istanza ognuno di noi abita luoghi che vive tacitamente come risorse da utilizzare. Solo un sentimento di mancanza e di perdita ci consente di riconoscere il valore dei luoghi e di attribuire loro significati derivanti dalla valorizzazione delle nostre competenze simboliche. Questo passaggio impegnativo può condurre a una riflessione e un’esperienza estetica del paesaggio e, perciò, al riconoscimento del suo valore per la nostra vita. A queste condizioni noi possiamo accorgerci dell’essenza che accomuna noi ai luoghi e al mondo in cui viviamo. Nel paesaggio ogni azione è conoscenza e ogni conoscenza è azione. Per questo il paesaggio è un «inventario perpetuo» generato dalla nostra competenza a simulare mentalmente gli ambienti in cui ci troviamo a vivere. «È la dimensione simbolica della nostra nicchia ecologica». Una cultura della tutela e della valorizzazione del paesaggio indicata dalla nostra Costituzione all’articolo nove, richiede certamente attenzione agli aspetti normativi e alle tecnologie della progettazione. In entrambi questi ambiti è necessaria una determinazione che generi un salto di qualità indispensabile, non solo per evitare il degrado e le catastrofi che definiamo naturali, ma in realtà sono «artificiali», cioè fatte ad arte dagli esseri umani con le loro azioni. Appare, infatti, evidente che quel salto di qualità sarà possibile solo se il paesaggio verrà considerato secondo l’etica, l’estetica e l’educazione. Sono queste le condizioni per giungere ad una partecipazione attiva e responsabile della popolazione, in modo che ognuno agisca per generare una vivibilità appropriata nei paesaggi della nostra vita.

© Riproduzione riservata

Ugo Morelli è professore di psicologia del lavoro e dell'organizzazione e di psicologia della creatività e dell'innovazione presso l’Università degli Studi di Bergamo, è Presidente del Comitato Scientifico di Step, Scuola per il governo del territorio e del paesaggio di Trento