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COMETA: ACCOGLIERE PER EDUCARE, ACCOGLIERE PER LAVORARE

  • Pubblicato il: 16/12/2018 - 09:57
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Giorgia Turchetto
Cometa rappresenta nel mondo del terzo settore, una delle realtà più interessanti e innovative operanti nel nostro Paese. Centinaia di bambini, ragazzi, educatori, volontari, professionisti e sostenitori frequentano ogni giorno questo luogo, dove si cresce, si studia, si lavora e si impara attraverso l’esperienza. Il metodo è la passione per la vita, motore delle energie affettive e cognitive di ciascuno. Abbiamo chiesto a Carlo Garbagna, responsabile dell’area progettazione sociale di raccontarci quali sono gli ingredienti fondamentali su cui è nato, cresciuto e ogni giorno evolve il progetto Cometa.

Appena fuori dal centro di Como, lungo la strada provinciale verso Milano, si trova l’Associazione Cometa. La prima cosa che colpisce, chiunque arrivi, è la cura del luogo, un vecchio borgo recuperato, circondato da un meraviglioso giardino dove ogni spazio del fuori e del dentro si ispira ad un paesaggio di bellezza, di ordine e cura essenziali per accogliere quel pezzo unico, irripetibile e straordinario che, per Cometa, è l’essere umano.
Volendo ridurre in cifre un progetto così complesso, parliamo di un luogo i cui 62 famiglie affidatarie coinvolte nella rete dell’Associazione Cometa accolgono 130 bambini provenienti da 24 Comuni; 136 bambini in affido diurno sono accolti ogni giorno nella “Casa per Crescere” di Cometa, 135 bambini sono seguiti dal centro dell’età evolutiva “Melograno”, 108 sono gli atleti tesserati in Associazione Sportiva, 455 gli studenti iscritti “Scuola Oliver Twist”, 145 studenti che frequentano i corsi di “IATH” (International Academy of Tourism and Hospitality). Oltre 400 operatori, tra volontari e collaboratori retribuiti collaborano a vario titolo attivamente nella costruzione di questa piccola “Città nella Città”.
 
Come nasce Cometa e perché questo nome?
Non c’è nulla che sfidi di più la ragione dell’uomo a cui accade un fatto”. Così nasce Cometa, da una vicenda personale di una famiglia di Como che più di trent’anni fa decide di accogliere nella propria casa un bambino sieropositivo che nessuno voleva. Questa esperienza porta il Fondatore, Erasmo Figini e tutta la sua famiglia a scoprire come l’accoglienza di un “estraneo” permetta di comprendere come nessun figlio, neppure naturale ci appartenga. Da questa esperienza di bene così grande nasce Cometa, oggi espressione di famiglie impegnate nell’accoglienza, nell’educazione e nella formazione di bambini e ragazzi e nel sostegno delle loro famiglie molte delle quali in stato di marginalità economica o sociale. Un luogo in cui bambini e ragazzi sono accompagnati alla conoscenza della realtà, sono educati a cogliere il senso e la bellezza della vita nella condivisione della semplice quotidianità e dove le famiglie sono aiutate e sostenute nel loro cammino educativo. Il nome è evocativo proprio perché vuole esprimere questo desiderio comune di seguire un bene incontrato, una stella cometa appunto, di dar vita ad un luogo fondato sull’accoglienza, sulla bellezza, sulla pienezza dell’incontro con l’altro, sul riconoscimento di stessi bisogni e desideri e dell’unicità di ogni individuo.
 
“Fare per davvero” è il motto su cui nasce l’esperienza della scuola Oliver Twist, vuoi raccontarcela?
La nostra proposta educativa si fonda proprio su un’idea di scuola capace di accogliere i cambiamenti educativi. Il modello tradizionale fondato su un apprendimento per “accumulo”, dal sapere al fare, è ormai rifiutato da molti ragazzi. L’esperienza della nostra scuola, ci ha insegnato che il profitto scolastico quasi mai dipende da problemi cognitivi e comportamentali, ma dall’incapacità dei modelli didattici di interessare e coinvolgere i giovani, trasferendo loro oltre alle nozioni, un senso critico più autentico e profondo. In un periodo di gravi e grandi incertezze, è infatti compito della scuola aprirsi ad esperienze inconsuete capaci di colmare quel vuoto tra sapere e saper fare.
Una lezione che ci hanno insegnato proprio i ragazzi: molti di loro sono arrivati da noi, “marinando la scuola”, ma invece di starsene in giro, venivano per seguire i nostri laboratori. La nostra proposta educativa non nasce a tavolino ma proprio da questo percorso di osservazione e ascolto attivo che ci ha convinto che, proporre agli adolescenti esperienze educative reali e concrete, è un modo efficace per combattere e prevenire la dispersione scolastica e la povertà educativa. Tutti i nostri percorsi: hospitality, falegnameria e arredo-tessile, fortemente connessi alla vocazione imprenditoriale del territorio, partono da commesse reali elaborate insieme alle imprese che portano la classe e i gruppi a sviluppare percorsi produttivi che vanno dall’ideazione alla progettazione, alla prototipazione fino alla realizzazione del prodotto, sia esso un oggetto in legno, un evento di catering, un prodotto tessile. Noi adulti, la scuola, abbiamo il dovere morale e la responsabilità di dare completezza a questo percorso, portando il prodotto sul mercato. In questo senso il lavoro assume una valenza educativa vera, tanto più in un momento dove l’ambito lavorativo per gli adolescenti assume un significato centrale, visto che scuola e famiglia sono diventati ambiti fragili in cui essi a fatica trovano la loro zona di confort. Il combinato di lavoro, famiglia e scuola può ridare quella forza educativa che serve nel XXI secolo.
Nella scuola Oliver Twist ci sono 455 ragazzi e ad ognuno di loro Cometa guarda come un padre o una madre guardano un figlio, come un essere unico e irripetibile e degno di quella attenzione e cura indispensabile a generare le condizioni di base per scoprire e sviluppare i propri talenti. Proprio In questo è insito il principio di sviluppo di Cometa: nell’accogliere l’altro in famiglia. Chi lavora qui sviluppa i servizi e le attività in quest’ottica.
 
Da questo modello educativo si è sviluppato anche un modello alternativo di sostenibilità economica e sociale?
Abbiamo cercato di vivere la crisi dei fondi pubblici e i radicali cambiamenti dei modelli economici, come un’opportunità, tentando di dar vita ad un modello misto dove a dare sostegno al progetto Cometa cercano di concorrere anche le attività, le Botteghe di Cometa, legate in particolare al catering e al settore legno che ormai sono richieste da aziende che vogliono comunicarsi in modo responsabile anche nella scelta dei propri fornitori e servizi, abbiamo poi una parte di sovvenzionamenti pubblici, e soprattutto negli ultimi anni anche grazie al consenso e alla credibilità che abbiamo costruito verso i nostri stakeholder ci stiamo perfezionando in azioni di fundraising strutturate. Tutte le risorse sono reimpiegate nello sviluppo di nuovi progetti a favore di bambini, ragazzi e le loro famiglie.
Ci tengo però a sottolineare che il nostro focus non è mai stata la realizzazione del prodotto, quanto l’impegno con ogni commessa ad attivare un’occasione di crescita per i ragazzi, di lavoro collettivo degli studenti, il cui rinforzo positivo sta nel sentirsi parte di un gruppo e dare ciascuno un contributo effettivo al bello e al bene comune. Vendere un oggetto qualsiasi al termine della produzione, si traduce nell’azione di recupero e motivazione del ragazzo e nel suo possibile rinserimento nel percorso scolastico.
 
Cometa è stata in qualche modo precoce rispetto a molte altre realtà del terzo settore anche nel capire quanto sia importante investire nella misurazione dei propri progetti, puoi spiegarci in che modo utilizzate la valutazione d’impatto?
La tensione educativa ci ha sempre spinti a cercare di sviluppare qualcosa di nuovo, soprattutto attraverso la comprensione delle nostre attività. Dal 2015 abbiamo iniziato ad usare la misurazione sui nostri servizi, unendo alla valutazione pedagogica approfondita (formazione continua dei nostri educatori, docenti e tutor), la valutazione d’impatto. Per noi è un modo per render conto ai nostri stakeholder, ma anche per capire davvero cosa facciamo e come lo facciamo così da migliorare sempre di più i nostri outcome.
 
L’11 dicembre in Cometa state organizzando il convegno Inclusive Excellence in VET: Promoting Lifelong Employability, di cosa si tratta?
L’eccellenza inclusiva è la direttrice lungo la quale Cometa da sempre lavora per il futuro dei giovani. Oggi il valore di questo metodo è oggetto di dibattito a livello internazionale dalle istituzioni, dalle aziende e dal mondo della ricerca. Da qualche anno abbiamo iniziato un percorso di confronto e dialogo con alcune realtà europee con le quali ci piacerebbe contaminarci e con cui ci piacerebbe comporre insieme le nostre rispettive pratiche per dare vita ai modelli ibridi capaci di rispondere meglio ai bisogni formativi e sociali del lavoro. Un ulteriore passo a vantaggio dei giovani, per il loro futuro, per non lasciare indietro nessuno.
Per noi è un momento importante perché l’evento ha lo scopo di ufficializzare l’ingresso della nostra scuola nella rete internazionale UNESCO – UNEVOC (siamo l’unico centro in Italia, 200 al mondo). Cogliendo l’occasione del riconoscimento, abbiamo pensato ad un focus sul futuro della formazione professionale. Parleranno esperti internazionali della ricerca, delle organizzazioni ed istituzioni internazionali e noi, in qualità di frontrunner dell’eccellenza inclusiva.
 
E verso l’Italia avete questo desiderio di approfondimento e contaminazione?
Assolutamente sì, il 2018 è stato un anno fecondo di incontri con realtà Italiane significative, penso alla Fondazione di Comunità Messina, la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, e a tutta la rete Assifero, soggetti con i quali stiamo avviando reti interessanti a cui vogliamo collaborare per capire i punti di eccellenza degli altri e i punti di qualità nostri e scoprire, se mettendoli insieme, riusciamo a creare qualcosa di nuovo, di ancora meglio che non sia una semplice somma ma qualcosa di più. L’altro strumento che utilizziamo sono i bandi che, sempre per rispondere alla nostra vocazione originaria di ricerca-azione, in Cometa, usiamo come strumento di approfondimento per imparare dal confronto con gli altri a fare sempre meglio. Hannah Arendt ha scritto uno dei libri che preferisco,“la banalità del male” e in un passo dice che “solo il bene va sempre in profondità e può essere radicale”. Nei miei quattordici anni in Cometa ho imparato che se non si abbandona questo principio si genera sempre qualcosa di davvero bello e capace di durare nel tempo.
 
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