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Alla Fondazione Marconi una mostra per riconciliare galleristi e collezionisti

  • Pubblicato il: 05/11/2012 - 08:56
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Anna Follo
Christo

Milano. Dal 29 novembre 2012 al 30 gennaio 2013 la Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea ospiterà la mostra «Arte Moltiplicata. Multipli d’artista», completamente dedicata alle edizioni d’artista. La mostra è allestita negli spazi della Fondazione in via Tadino ed è pensata per raccontare come l'idea da opera d'arte si sia trasformata, da pezzo unico, inimitabile e detentore dell'aura di Benjaminiana definizione a oggetto molteplice, quasi a mimare le forme e i metodi della produzione industriale di massa.
Sono esposti alcuni fra i multipli più interessanti prodotti fra gli Sessanta e gli anni Ottanta, come le «Cravatte» in celluloide di «Enrico Baj» del 1967, i multipli in legno di Mario Ceroli e Joe Tilson, Guggenheim, realizzato da Richard Hamilton nel 1970, i multipli di Louise Nevelson «Night Blossom» e «Winter Chord», realizzati in collaborazione con lo Studio Marconi a metà degli anni Settanta, e la Rosa impacchetata del 1968 di Christo.
La Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea è stata costituita nel 2004 da Giorgio Marconi, che ne è a oggi presidente e direttore, per promuovere e diffondere l'attività e le opere intellettuali e artistiche contemporanee. La Fondazione nasce per raccogliere l'esperienza dello Studio Marconi, attivo dal 1965 al 1992, dove hanno esposto artisti come  Enrico Baj, Gianni Colombo, Sonia Delaunay, Lucio Fontana, Richard Hamilton, Man Ray, Giulio Paolini,  Arnaldo Pomodoro, Mimmo Rotella, Mario Schifano. Già dall’anno di apertura della sua prima galleria Giorgio Marconi si è occupato dei multipli d’artista, che a partire dal Dadaismo in avanti diventano terreno di sperimentazione per molti artisti, incuriositi da questo nuovo modo di fare arte che utilizza gli strumenti e i mezzi di produzione contemporanei, permettendo di sperimentare nuove tecniche. Inoltre la produzione di multipli ha aperto a un pubblico più ampio la possibilità di acquisire opere, creando un più vivace scambio tra artisti, collezionisti e professionisti del mondo dell'arte. Ciò nonostante i multipli sono stati recepiti in modo molto controverso da storici e critici dell’arte, che hanno spesso visto questo tipo di espressione in bilico tra democratizzazione e mercificazione dell’arte. Le avanguardie artistiche vedono nell’oggetto d’arte seriale un mezzo per trasmissione su larga scala di valori estetico-sociali: i Futuristi, che accanto a quadri e sculture progettano abiti, vasellame e arredi con l’intento finale di «ricostruire l’universo» in chiave futurista. Le avanguardie russe, Suprematismo e Costruttivismo, vedono nella diffusione dell’arte su scala nazionale un passaggio chiave per la trasformazione globale della società, che viene così coinvolta per intero, dall’ urbanistica alla calzatura, in un progetto che è sia estetico sia politico. Il legame tra arte e produzione in serie trova il suo momento di massimo sviluppo nel Bauhaus, prima a Weimar poi a Dessau, mentre gli artisti che fanno capo a De Stijl s’interrogano sul rapporto tra libertà artistica e servizio alla società. Con il Dada – specialmente con i ready made duchampiani - l’oggetto di produzione industriale viene traslato e riletto in un contesto artistico, mentre il Surrealismo impiega l’articolo seriale, talvolta in modo quasi pretestuoso, per creare una catena di rimandi e significati. Con la Pop Art il rapporto tra arte e produzione in serie è portato agli estremi, ad esempio con le «Brillo box» Warhol trasporta l’idea di «edizione d’arte» sul piano della grande distribuzione: l’arte è sugli scaffali del supermercato. Anche in Europa il Nouveau Réalisme lavorerà sul multiplo, ma in chiave molto più ironica, è il caso della «Merda d’artista» di Mazoni ad esempio. L’arte concettuale, la minimal e l’arte povera si pongono invece in aperto contrasto alla logica pop, con una marcata critica al consumismo, di cui l’opera in edizione è vissuta come sottoprodotto.
Il multiplo d’artista è attualmente oggetto di un rinnovato interesse storico e critico, infatti oltre alla mostra alla Fondazione Marconi ha chiuso il 25 ottobre «The small utopia, ars multi-plicata», curata da Germano Celant presso la Fondazione Prada a Venezia. Celant ha raccolto oltre 600 oggetti/opera – dalle Avanguardie ai giorni nostri – non più ascrivibili alla categoria di unicità che ha caratterizzato l’opera d’arte fino all’Ottocento. Già dal titolo è palese la linea di pensiero che ha guidato Celant – non a caso molto vicino ai poveristi per storia personale e sensibilità – che parla di utopia, di qualcosa d’incompiuto o fallito. Il curatore sposa la linea critica per cui dagli anni Sessanta in avanti, fallite le utopie avanguardistiche di ricostruzione del mondo e della società attraverso l’arte, l’oggetto d’arte diventa uno strumento di speculazione di cui il multiplo è la massima espressione: non a caso la mostra si chiude con una selezione di gadget ormai diffusi in tutti i musei del mondo, la small utopia trova la sua rivalsa in questa forma ultra-massificata di edizione.
La mostra alla Fondazione Marconi vuole invece mettere in luce un’altra possibile linea di lettura rispetto al multiplo d’artista, più legata al concetto di produzione partecipata e di arte democratica. «Arte Moltiplicata. Multipli d’artista»insiste sui molteplici legami tra artista, gallerista e i diversi acquirenti per cui il multiplo è pensato. Ed è proprio il legame tra galleria e collezionista che Giorgio Marconi ha sottolineato parlando della mostra, infatti ha voluto precisare che «in questo momento di crisi economica il multiplo per il suo prezzo accessibile favorisce il collezionismo, senza spaventarlo come i prezzi milionari degli artisti dell’alta finanza. Quindi un’arte di qualità e accessibile.»

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