Abolita la tabella della discordia
Catania. Grande risalto mediatico ha avuto in questi giorni un provvedimento emanato dalla Regione Sicilia nell’ambito della finanziaria: attraverso una tabella, denominata «tabella h», vi sarebbe dovuta essere una distribuzione «a pioggia» di 25 milioni di euro ad enti, associazioni e fondazioni di vario genere, di cui solo 5 milioni destinati alla cultura.
Il provvedimento, che adombrava principi di incostituzionalità, è venuto alla ribalta principalmente per merito del mecenate Antonio Presti, il quale nei giorni scorsi aveva dichiarato di rinunciare agli 80mila euro di contributo spettanti alla sua Fondazione, Fiumara D’Arte, che da anni ormai si occupa di valorizzare il territorio siciliano e nello specifico di rilanciare il quartiere di Librino, attraverso attività culturali di grande spessore, in netta posizione di dissenso con le scelte operate dall’Assemblea Regionale Siciliana.
Dr. Presti, cosa è accaduto in questi giorni?
«È accaduto che ho sentito il dovere di denunciare questa dittatura del clientelismo che portava ad una logica spartitoria non basata su criteri di meritocrazia e che peraltro lasciava alla cultura solo una piccola parte dei fondi contenuti all’interno di questa tabella. La mia posizione ha messo in evidenza la questione ed ha fatto scattare un problema di etica, pertanto è intervenuto il commissario di Stato».
È notizia di ieri, infatti, che il commissario di Stato per la Regione siciliana abbia impugnato alcune norme della legge finanziaria, approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana, tra cui appunto la famigerata «tabella h», un elenco di 135 enti e associazioni beneficiari di 25 milioni di euro. Per il commissario Carmelo Aronica «la norma da adito a rilievi di carattere costituzionale» perché si tratta di «un provvedimento destinato esclusivamente a determinate istituzioni, senza ancorare la scelta operata a precisi e confacenti parametri di comparazione e valutazione».
In pratica il commissario mette in rilievo non la valenza e il rilievo di alcune associazioni e fondazioni destinatarie dei contributi, ma la mancanza di valutazione e comparazione delle loro situazioni con quelle delle altre istituzioni operanti in medesimi settori: per fare questo sarebbe stata necessaria una istruttoria amministrativa da operarsi da parte della competente commissione legislativa, prima di arrivare a questa scelta.
Anche il governatore Crocetta ha dato ragione a Presti, condividendo il concetto secondo cui la cultura non può essere soggetta a logiche clientelari e si è impegnato a portare all’Ars in un mese una legge che stabilisca che le spese di funzionamento degli enti meritevoli, che vincoli a bando pubblico i progetti annuali degli stessi enti e che potenzi i controlli su chi usufruisce di contributi pubblici.
Una vittoria per Antonio Presti, che peraltro aveva da poco rinunciato alla possibilità di diventare assessore regionale alla cultura (e pertanto si definisce autoironicamente «l’uomo del rifiuto»), che oggi esprime la sua soddisfazione per la riuscita del tentativo di scardinamento di meccanismi viziati che non tengono conto della storia delle singole realtà che spesso operano da anni su territori difficili, come nel caso della Fondazione Fiumara d’Arte e di altre fondazioni che, come abbiamo documentato negli ultimi tempi, sono costrette a chiudere per mancanza di fondi.
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