Nessun giorno senza fotografia
«Ogni giorno porta il suo carico di fotografie», così Federico Zeri in Confesso che ho sbagliato (1995). Una frase programmatica, che svela il senso profondo di diuturno lavoro celato dalle 290mila stampe quasi tutte in bianco e nero, la maggior parte all’albumina, che Zeri possedeva e che, grazie a un tempestivo accordo tra l’Università di Bologna, UniCredit, la Fondazione del Monte e Microsoft, furono messe online già dal 2003. Ora che il catalogo è terminato, corredato di agili schede tecniche relative alle fotografie e ai rispettivi dipinti, e facilmente consultabile da chiunque si connetta al sito (www.fondazionezeri.unibo.it), la Fondazione che gestisce il prezioso materiale ha promosso la pubblicazione di un libro che bene illustra l’importanza dell’archivio per la storia e la critica d’arte italiane e straniere.
Federico Zeri iniziò a raccogliere fotografie dalla metà degli anni Quaranta, una vera e propria febbre di conoscenza visiva, che lo portò a mettere insieme la più vasta tra le fototeche private al mondo. Le acquisizioni furono disparate: dalla più occasionale provenienza privata, al Gabinetto Fotografico Nazionale, all’acquisto di veri e propri fondi provenienti da studi fotografici, da antiquari e da storici dell’arte.
Una volta giunte nella villa di Mentana, qualsiasi fosse la loro provenienza, le fotografie venivano classificate secondo il personale ordine del nuovo proprietario, divenendo parte integrante della sua straordinaria architettura di pensiero. La fototeca era infatti costituita da 997 scatole, tutte rigorosamente rilegate in pelle, colme di immagini ciascuna contrassegnata da una etichetta relativa alla scuola artistica di appartenenza. La sezione dedicata alla «Pittura italiana» occupava la metà della raccolta ed era suddivisa per secoli e aree geografiche. Zeri non classificava infatti le fotografie per artisti, ma seguiva il criterio lanziano delle scuole pittoriche, lavorando all’interno di esse alla costruzione di una personalissima storia della pittura italiana, operando confronti, raccogliendo dettagli, scegliendo opere magari meno note, ma ritenute maggiormente rappresentative di snodi stilistici.
Questo intensissimo lavorio critico, di cui la filologia e la lettura dell’immagine costituivano l’asse portante, viene ora nitidamente restituito dalle straordinarie immagini del volume, curato da Anna Ottani Cavina con la collaborazione di Marta Forlai, di cui Zeri avrebbe probabilmente apprezzato la cura editoriale (Allemandi & C. per UniCredit). Sarà che il bianco e nero possiede un’allure difficilmente superabile, ma sfogliando queste pagine il linguaggio figurativo che fu matrice comune di regioni e di secoli appare nella sua compiuta evidenza. Così come limpida è la percezione di ciò che è andato perduto (le vele della basilica Superiore di Assisi, ad esempio) e viceversa di ciò che, un tempo offuscato, ora va riemergendo con rinnovata chiarezza (gli affreschi carracceschi della Galleria Farnese). Si tratta di una raccolta polisemantica, insomma, come assolutamente poliedrica è l’arte e la vita che queste fotografie documentano, facendo al contempo affiorare anche quel che Zeri non ebbe il tempo o il desiderio di scrivere: in primis il libro su Carlo Crivelli. L’artista emerge infatti protagonista assoluto per quantità e qualità delle immagini, che convincono più di molte parole a riconsiderare la vicenda di una pittura oggi forse ingiustamente passata di moda.
La pittura italiana nella Fototeca Zeri. Fotografie scelte. Lazio, Toscana, Marche, Umbria, Emilia-Romagna, a cura di Anna Ottani Cavina, con la collaborazione di Marta Forlai, 176 pp., Umberto Allemandi & C. per UniCredit, Torino 2012, € 35,00
da Il Giornale dell'Arte numero 327, gennaio 2013