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L’investimento in cultura della filantropia istituzionale europea

  • Pubblicato il: 19/01/2018 - 00:02
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Vittoria Azzarita

Lo European Foundation Centre (EFC), l'associazione che promuove e sostiene il lavoro di più di 200 fondazioni ed enti filantropici attivi in Europa e nel resto del mondo, ha deciso di dedicare la 29esima Conferenza Annuale alla cultura in occasione dell'Anno Europeo del Patrimonio Culturale. Per conoscere più da vicino l’evoluzione in corso nelle strategie della filantropia europea, il lavoro dello EFC - che ne è il principale portavoce - e i temi al centro della prossima Conferenza Annuale, abbiamo intervistato Gerry Salole, Chief Executive dello EFC, che abbiamo già ospitato su queste colonne. Come messo in evidenza da Salole, la filantropia istituzionale è un settore in continua trasformazione, le cui risorse e competenze dovrebbero essere usate per sperimentare approcci innovativi e per testare nuove modalità d'azione anche in ambito culturale.


Lo European Foundation Centre (EFC) è il principale punto di riferimento della filantropia istituzionale in Europa. Attraverso quali strumenti e azioni lo EFC contribuisce ad accrescere l'impatto del valore aggiunto generato dal settore filantropico?
Lo European Foundation Centre (EFC) è una associazione che rappresenta oltre 200 organizzazioni filantropiche tra le più importanti e antiche del mondo, non solo europee ma anche americane. Tra le azioni portate avanti dallo EFC, vi è la realizzazione della Conferenza Annuale a cui partecipano oltre 700 persone provenienti da 37 diversi paesi, richiamando l'attenzione sia di numerosi rappresentanti delle principali fondazioni e istituzioni filantropiche europee e internazionali, sia di esponenti delle organizzazioni non profit, del mondo accademico e della società civile. La Conferenza Annuale è un'occasione in cui i nostri membri hanno l'opportunità di scambiare idee, buone pratiche e approcci innovativi. Noi siamo convinti, infatti, che le fondazioni possano imparare di più attraverso lo scambio tra pari, condividendo le diverse esperienze in un'atmosfera serena e informale in cui è possibile parlare anche dei problemi che si stanno affrontando. Questo per noi è un momento molto importante, durante il quale organizziamo anche dei gruppi tematici dove istituzioni che lavorano su temi specifici, come l'immigrazione, la disabilità o la ricerca scientifica, hanno la possibilità di confrontarsi e di approfondire il proprio lavoro.
Inoltre curiamo un dipartimento dedicato allo studio della normativa europea, che cerca di assicurarsi che le leggi europee vengano rispettate e che non si verifichino fenomeni di discriminazione, ad esempio contro una fondazione italiana che vuole lavorare in Germania, oppure contro una fondazione tedesca che vuole lavorare in Danimarca. In questo senso, cerchiamo di essere sempre aggiornati sulle leggi che regolano il settore filantropico e di promuovere interventi normativi che possano favorire la diffusione della filantropia in Europa.
 
 
In virtù della sua profonda conoscenza del panorama filantropico internazionale, come stanno cambiando le istituzioni filantropiche?
Prima di tutto è importante mettere in evidenza il fatto che le fondazioni europee sono molto diverse tra loro. In Europa ci sono molte fondazioni che sono degli ibridi ed è presente una diversità molto più ricca rispetto agli Stati Uniti, dove le fondazioni adottano modelli di governance e modi di lavorare molto simili tra loro.
Oggi, in Europa, c'è un'aspettativa crescente da parte dei governi nei confronti delle fondazioni affinché giochino un ruolo sempre più rilevante nelle politiche di welfare. In Italia, ad esempio, si parla molto dell'intervento delle fondazioni bancarie nell'immaginare quale potrebbe essere il ruolo della filantropia nel secondo welfare. A questo proposito, mi viene in mente il lavoro che le fondazioni italiane stanno facendo nel campo dell'housing sociale, che rappresenta un modo in cui le fondazioni possono reagire a nuove sfide.
Le fondazioni europee che risultano essere più efficaci usano molti strumenti contemporaneamente. Al contrario delle fondazioni americane che nella maggior parte dei casi sono degli enti erogatori, in Europa abbiamo anche fondazioni operative e fondazioni che lavorano a stretto contatto con le amministrazioni locali. Questo fa sì che sia possibile pianificare azioni a lungo termine in maniera sinergica. Questo modello si sta diffondendo sempre di più e sta aumentando il numero delle fondazioni che stanno co-creando progetti e attività con gli enti locali. Questo è un trend molto rilevante ed è una chiara indicazione del fatto che nel prossimo futuro ci sarà una collaborazione crescente tra le fondazioni e i governi locali durante le fasi di ideazione e pianificazione dei progetti da implementare.
Allo stesso tempo, però, non bisogna dimenticare che il peso delle risorse delle fondazioni non è comparabile con il peso delle risorse di uno Stato, perché le fondazioni con tutte le loro risorse non potranno mai fare quello che fa uno Stato. È un po' come l'acqua di un lago se messa a confronto con l'acqua del mare, che nel nostro caso rappresenta lo Stato. Tuttavia l'acqua di questo lago, anche se non è infinita, è molto preziosa e dovrebbe essere usata per fare cose nuove, per sperimentare, per testare nuove modalità d'azione. In virtù di ciò le fondazioni dovrebbero svolgere un ruolo complementare rispetto a quello dello Stato.
 
 
Quest'anno la 29esima Conferenza Annuale dello EFC, considerata una delle più importanti occasioni di confronto nel campo della filantropia istituzionale, sarà dedicata alla cultura e al suo valore sociale. Quali sono le motivazioni alla base di tale scelta?
Abbiamo deciso di dedicare la Conferenza Annuale alla cultura perché il 2018 è l'Anno Europeo del Patrimonio Culturale, e quindi abbiamo voluto cogliere questa occasione per affrontare un tema centrale per la comunità filantropica internazionale. Il nostro intento sarà quello di parlare non solo di cultura in senso classico, attraverso l'arte, la musica, il teatro, ma anche di cultura in senso lato promuovendo i valori dell'Europa e il lavoro che le fondazioni portano avanti da molti anni in questo settore. Per esempio ci sono alcune fondazioni che negli ultimi anni hanno sostenuto importanti interventi di rigenerazione urbana, recuperando antiche costruzioni storiche ormai abbandonate e mettendole a disposizione dei cittadini. Dal nostro punto di vista è assolutamente rilevante far conoscere questo tipo di esperienze e far capire qual è il ruolo che le fondazioni hanno giocato storicamente - e continuano a giocare tutt'ora - nella tutela e nella promozione del nostro patrimonio culturale. Se prendiamo in considerazione il caso della città di Torino, è possibile vedere come il contributo fornito da grandi istituzioni come la Fondazione CRT oppure la Compagnia di San Paolo, sia determinante per la vitalità del settore culturale. Non solo in Italia ma anche in Olanda, Belgio, Norvegia, Danimarca, Svezia il ruolo della filantropia nel sostenere la cultura è molto radicato e la prossima Conferenza Annuale sarà l'occasione in cui condividere le esperienze e i progetti realizzati nel corso del tempo.
 
 
Potrebbe darci alcune anticipazioni sulle tematiche che saranno affrontate e sugli eventi che animeranno la Settimana della Filantropia?
Posso dirvi che abbiamo ricevuto numerose proposte per le diverse sezioni che si svolgeranno durante la prossima Conferenza Annuale. Proprio perché il tema cardine sarà la cultura, nella maggior parte delle sezioni tematiche si parlerà dei diversi aspetti della cultura. Si parlerà di arte, di musica, di cibo, ma anche di diversità culturale, di integrazione, della storia dell'Europa e della partecipazione dei cittadini alla politica europea in quanto abbiamo deciso di adottare un'interpretazione ampia della parola cultura.
La cultura è uno dei beni più preziosi che abbiamo anche se spesso è poco apprezzato. Per questo è importante organizzare momenti di incontro in cui condividere esperienze e interessi comuni, e attraverso cui favorire il confronto tra visioni e persone diverse. Come recita il titolo della prossima Conferenza Annuale “culture matters”, ossia la cultura è importante in quanto tocca tutti gli aspetti della vita sia di una singola persona che di un'intera comunità.
 
 
Direttore Salole, lei ritiene che negli ultimi anni il potere trasformativo dell'arte e della cultura sia stato sottostimato da parte delle organizzazioni filantropiche?
No, credo di no. Come dicevamo prima il panorama europeo è molto variegato e c'è una grande diversità tra le fondazioni. Ci sono fondazioni che operano in altri settori, ma ci sono anche organizzazioni che si sono occupate e che continuano ad occuparsi solo di cultura.
 
 
Per concludere, che anno sarà il 2018 per la filantropia istituzionale?
Dal mio punto di vista uno degli aspetti che emergerà durante il prossimo anno sarà una maggiore sinergia tra la capacità innovativa delle fondazioni e le politiche di welfare dei governi.
Inoltre, entro maggio/giugno tutte le organizzazioni europee dovranno adattarsi alle nuove disposizioni della General Data Protection Regulation (GDPR). Questo avrà delle notevoli ripercussioni non solo sulle informazioni che sarà possibile raccogliere, ma anche sui dati che sarà necessario fornire quando si erogano dei finanziamenti. Questa sarà una sfida tutt'altro che marginale perché da una parte le nuove regole del GDPR dicono che devi distruggere alcune informazioni in tuo possesso se non sei in grado di proteggerle, mentre dall'altra le norme antiterrorismo o le leggi contro la corruzione chiedono alle fondazioni di fornire e condividere un numero sempre maggiore di informazioni. Al momento non esiste una soluzione capace di risolvere questa contraddizione e non sappiamo ancora come le fondazioni decideranno di comportarsi.
Poi ci saranno altre sfide che hanno un carattere più prosaico. Ad esempio continua ad esserci l'aspettativa che le fondazioni siano dei bancomat e quindi sarà necessario far capire, soprattutto al settore pubblico e ai governi, che le fondazioni hanno molteplici competenze, hanno le loro agende, hanno un mandato da rispettare e non sono dei semplici erogatori di risorse.
 
 
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