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Il Master che aveva voluto Santagata

  • Pubblicato il: 13/06/2014 - 09:54
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Giovanna Segre e Catterina Seia

Dieci anni fa sembrava utopia. Era il 2003 e Walter Santagata, economista e professore di Scienza delle Finanze all’Università di Torino (nella foto), intuì quanto la formazione nel settore dei beni e delle attività culturali fosse centrale per il raggiungimento di obiettivi di sviluppo economico e benessere sociale. Era un’applicazione concreta di un approccio teorico (quello che mette insieme cultura ed economia) che timidamente si affacciava nel mondo accademico ed era ancora lontano da quello politico e istituzionale. Nasceva così a Torino un Master pensato per i Paesi in via di sviluppo, per insegnare ai partecipanti a perseguire un nuovo paradigma di sviluppo sostenibile, basato sulle risorse e le attività culturali e creative: «Cultural Projects for Development», in collaborazione tra l’Università di Torino con l’International Training Centre dell’Ilo, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere nel mondo il lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per uomini e donne. Il programma, entrato nella sfera di interesse del World Heritage Center dell’Unesco, l’ente che si occupa dei siti nominati Patrimonio dell’umanità, è stato ampliato nel tempo anche con la partecipazione del Politecnico di Torino, in «World Heritage and Cultural Projects for Development».
Nel decennio la lettura del ruolo del patrimonio culturale è mutata velocemente, passando dal concetto di eredità da trasmettere alle future generazioni (Cultura 1.0) a una piattaforma di sviluppo economico e sociale a favore del turismo e delle industrie culturali e creative (Cultura 2.0). Oggi, accanto a queste dimensioni, si guarda al contributo della cultura all’innovazione sociale, andando ben oltre l’innovazione tecnologica che è solo uno dei fattori abilitanti, come asse trasversale alle diverse politiche: sviluppo economico, educazione, salute, ambiente (Cultura 3.0). La parte- cipazione culturale attiva è intesa come fulcro della qualità e della coesione sociale, che si sviluppano in luoghi in cui è vitale l’«atmosfera creativa», teorizzata da Walter Santagata nel 2012. L’autore del primo Libro bianco sulla creatività in Italia (Bocconi, 2009) è prematuramente scomparso nel 2013. Il suo libro postumo Il governo della cultura (il Mulino, 2014) ci offre la sintesi del suo pensiero, che supera la prospettiva dell’apporto economico della cultura per proporne l’impiego politico al fine di aumentare la qualità sociale e creare «empowerment» e cooperazione nelle comunità. Un approccio che apre praterie di opportunità. Santagata era l'editorialista di Economia della cultura di «Il Giornale dell'Arte», dalle cui pagine aveva presentato le principali proposte. In occasione del suo Master, che prosegue coinvolgendo come docenti gran parte dei principali studiosi del mondo sul tema dell’economia della cultura, abbiamo raccolto la loro visione su un tema diventato sempre più centrale nelle agende politiche, in primis in quella europea.

da Il Giornale dell'Arte numero 343, giugno 2014

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