Crescono le analisi di impatto economico e sociale del patrimonio e degli investimenti culturali. Quali gli esiti e le modalità?
Patrimonio culturale e valutazione degli impatti. Un tema che è all’attenzione delle nostre politiche culturali. Qual è lo stato dell’arte?
Sì, direi che sta diventando anche in Italia un tema importante delle agende politiche se si considera che la conferenza della Direzione Generale per la valorizzazione del Patrimonio Culturale del Mibact in occasione della presidenza italiana del Consiglio dell’unione Europea aveva come titolo Misurare gli impatti della valorizzazione del patrimonio culturale. Strumenti per politiche ‘evidence based’. L’incontro, realizzato in partnership con Fondazione Fitzcarraldo, ha portato a Roma alcune tra le più significative voci ed esperienze internazionali di analisi e valutazione degli impatti economici, sociali, culturali e ambientali inerenti le attività di valorizzazione del patrimonio culturale. Ne è scaturito un dibattito variegato da cui è uscita rafforzata l’idea che sia sempre più necessario dar vita a politiche “evidence based” fondate su dati e informazioni approfondite, capaci di orientare verso una valorizzazione dei beni culturali e del patrimonio ancorata a uno sguardo contemporaneo: il patrimonio culturale tangibile, intangibile e digitale può giocare, infatti, un ruolo fondamentale nel sostenere la creatività e l’immaginario contemporanei e nutrire di contenuti identitari lo sviluppo della società della conoscenza. Affinché questa visione possa essere perseguita strategicamente e non solo auspicata occorrono ai diversi livelli - locale, nazionale, europeo – prove, evidenze, metodologie di valutazione, linee guida per la valutazione degli impatti culturali sociali ed economici armonizzate al livello Europeo e una repository di buone pratiche, di esperienze e di informazione che possano essere d’ispirazione per i processi di valorizzazione del patrimonio attuale e futuro.
Passando dal patrimonio agli eventi, quale tipologia di eventi si possono valutare in termini di impatto?
Diversi. Noi abbiamo operato su grandi eventi che uniscono l’elemento fieristico a quello più squisitamente culturale. Due esempi per tutti: due edizioni del Salone internazionale del Libro -2009 e 2013-, per apprezzare eventuali cambiamenti significativi dopo la crisi e il Salone del Gusto-Terra Madre.
Gli eventi sportivi: la maratona e la finale della UEFA-Europa League in Italia nel maggio del 2014. Manifestazioni che riprendono vocazioni del territorio e che sono riconosciute a livello nazionale come il Carnevale d’Ivrea e la Fiera Internazionale del Tartufo di Alba. Bassano Opera Estate, la più articolata e dettagliata analisi di impatto multidimensionale di un evento culturale in Italia di cui siano stati misurati impatti artistici, culturali, sociale ed economici che è stata anche segnalata come buona pratica dal Rapporto Italiano della Social Impact Investment Task Force istituita in ambito G8.
Chi commissiona questi studi e con quali finalità?
Diversi interlocutori pubblici, le amministrazioni, le fondazioni bancarie, le camere di commercio o le stesse organizzazioni che vogliono valutare l’impatto della loro attività. Le finalità sono diverse in relazione alla tipologia di soggetto che promuove lo studio. Le istituzioni culturali vogliono comprendere il contributo che generano in termini di crescita socio-culturale ed economica, ma usano spesso questi studi come strumento di advocacy per legittimare il loro ruolo dimostrando la loro rilevanza.
Per i policy maker si tratta di avere strumenti evidence based che dimostrino l’efficacia e il “ritorno” degli investimenti in termini di generazione del valore per il territorio e di coerenza con le politiche culturali avviate. Altri stakeholder coinvolti possono avere interesse a valutare se il progetto /investimento culturale è in linea con le loro aspettative (di carattere economico, sociale o culturale)
Gli studi di impatto prendono maggiormente presa dove l’investimento in cultura è problematico dal punto di vista della sua legittimazione e collocazione in una policy.
Un caso esemplare lo abbiamo con il comune di Torino. Per il Torino Jazz Festival abbiamo fatto la valutazione d’impatto per tutte e due le edizioni (2013 e 2012) per fornire un sistema di misurazione attendibile e “terzo”, che aiutasse l’amministrazione pubblica a verificare in termini di costi-benefici la bontà e l’opportunità di nuovi interventi in un periodo di riduzione complessiva della spesa pubblica.
Il report è servito anche nei confronti degli sponsor e dei partner privati per coinvolgerli e convincerli della bontà del progetto
Quale metodologia viene utilizzata?
Esistono metodologie diverse non tanto in funzione del settore o del soggetto analizzato, ma in relazione agli obiettivi che ci si pone. L’ambito culturale richiede maggiori accortezze e avvertenze; è importante sfuggire da tentativi riduzionistici di appiattimento della valutazione utilizzando la sola lente economica.
Nell’ambito della cultura, sarebbe buona norma non schiacciare l’esito con gli indicatori “grezzi” economici, le performance degli ingressi e l’economia addizionale generata dalla spesa dei visitatori, ma integrare il set di indicatori con metriche qualitative di più difficile misurazione che fanno emergere impatti di natura culturale e sociale che si generano sia a livello di individuo sia di collettività o di territorio.
Dal punto di vista della misurazione del valore economico della cultura abbiamo due approcci dominanti. Con l’EIA Economic impact assessment si misura l’economia addizionale generata dall’intervento o dal progetto culturale, calcolata analizzando principalmente i flussi di spesa generati, attraverso survey dedicate e analisi di dati secondari.
L’altro approccio alla valutazione dei beni culturali è la valutazione contingente – con i suoi pregi e i suoi limiti – volta a stimare, in termini economici, i benefici di cui godono diverse categorie di utenza in relazione a un bene o prodotto culturale. E’ un metodo particolarmente adatto per attribuire un valore a quelle attività che non ne hanno uno convenzionale, di mercato e per prendere in considerazione anche il punto di vista di coloro che non usano direttamente un bene/prodotto (ma a cui attribuiscono comunque un valore).
Esistono, inoltre, numerosi ulteriori approcci e metodologie per misurare anche gli impatti sociali e culturali. Questa eterogeneità rappresenta una ricchezza e anche un limite perché rende difficile il confronto e ne limita l’efficacia nei confronti degli interlocutori di natura pubblica.
I frame metodologici più frequentemente utilizzati sono quelli nati in ambito anglosassone: GSO – Generic Social Outcome e Generic Learning Outcome, così come approcci che coinvolgono gli stakeholder nella definizione degli obiettivi e degli outcome da misurare.
Si sta consolidando l’utilizzo dello SROI, ritorno sugli investimenti sociali, nato principalmente per il Terzo Settore e per dare un’evidenza quantitativa a fattori intangibili come gli impatti sociali. Ci sono i primi pioneristici tentativi di applicare questa metodologia in ambito culturale, per le biblioteche e i progetti di inclusione sociale dei musei.
Per approfondire al volo: pag 27-30 e parte sul SROI
www.fitzcarraldo.it/ricerca/pdf/measuring_museum_impacts.pdf
Sul soggetto osservato i risultati della valutazione dovrebbe essere acquisiti in una logica di apprendimento e di miglioramento continuo. Se lo studio ha avuto uno sviluppo processuale e inclusivo del punto di vista dell’organizzazione nella fase di impostazione e definizione degli obiettivi, diventa altresì un momento molto importante di riflessione e di analisi critica del ruolo istituzionale e della natura degli impatti che si vogliono generare (che cosa e nei confronti di chi?).
Dal punto di vista dell’amministrazione pubblica non si tratta solo di learning organisation, ma di rispondere a esigenze e doveri di accountability, trasparenza e responsabilità.
Ci sono effetti ulteriori - in una società complessa – sempre più soggetti hanno necessità di dati utili e affidabili e veritieri prodotti da soggetto “terzo” che garantiscono neutralità e serietà nell’impostazione della ricerca.
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