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Una musa tra le ruote Pirelli: la via italiana della pubblicità

  • Pubblicato il: 15/09/2015 - 09:56
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI D'IMPRESA
Articolo a cura di: 
Elisa Fulco

Il catalogo «Una musa tra le ruote. Pirelli: Un secolo di arte al servizio del prodotto», progettato dalla Fondazione Pirelli, a cura di Giovanna Ginex, Corraini edizioni, racconta l’evoluzione di un secolo di pubblicità, la cultura politecnica espressa dallo Stile industriale e il ruolo chiave dell’Archivio Storico Pirelli nel dare vita a una cultura d’impresa contemporanea e condivisa
 
 
 
Sfogliare il catalogo «Una Musa tra le ruote. Pirelli:un secolo di arte al servizio del prodotto» è come ripercorrere visivamente il punto di partenza e di arrivo della nascita dello Stile Italiano, e più precisamente dello Stile industriale, che ha reso nota e riconoscibile l’immagine dell’Italia nel mondo. Quella famosa via italiana della pubblicità, di cui la storia della Pirelli è stata perfetta interprete, in cui tradizione artistica, cultura popolare e aderenza allo scopo si fondono in un linguaggio colto e persuasivo, di cui oggi si sente fortemente la mancanza.
Il catalogo della comunicazione storica della Pirelli, in realtà, presenta più storie all’interno della narrazione principale, e solleva riflessioni sul ruolo dell’Archivio Storico come generatore di storie in grado di intercettare sempre nuovi pubblici.
Da una parte, il catalogo è il racconto del legame forte e sottile che unisce arte e impresa in un sodalizio che in Italia ha origini antiche che nel Novecento si ripercuotono nella cosiddetta arte pubblicitaria, la cui narrazione è affidata a circa duecento tra artisti, grafici e illustratori, che, con varietà di linguaggi, dal 1873 al 1972, hanno dato forma e sostanza all’universo di cose di gomma (palle da gioco, suole, tacchi cuffie da bagno, spugne, cavi elettrici, pneumatici), segnando la cultura visiva e materiale del secolo breve. Da Marcello Dudovich, Aldo Mazza, Leonetto Cappiello Fortunato Depero, Bruno Munari,Michael Pavel Engelmann, Renato Guttuso, Max Huber, Lora Lamm, Riccardo Manzi, Alessandro Mendini, Giovanni Mosca, Bob Noorda, Albe Steiner, Armando Testa, Massimo Vignelli, la lista è lunga. L’aspetto interessante è che in questa ricostruzione della storia della comunicazione, accanto ai protagonisti compaiono gli anonimi, e gli stessi dipendenti dell’azienda, spesso coinvolti nelle trovate pubblicitarie e nelle soluzioni visive, cavalcate e riprese anche da autori noti in periodi successivi. Si comprende così che dagli anni Trenta, la creazione dello Stile Industriale Pirelli non è il prodotto dell’intuizione di un singolo ma di un lavoro di squadra, una summa visiva in cui tutto è tenuto insieme dall’Ufficio Propaganda, interno alla Pirelli. Un percorso per immagini in cui la comunicazione aziendale corre parallela alla storia dell’arte del XX secolo, per approdare negli anni Cinquanta al codice visivo destinato a caratterizzare il peculiare stile industriale della Pirelli, in cui si riconosce la lezione del movimento arte concreta, della sperimentazione astratta, del foto collage e della fotografia come nuovo strumento di indagine. E’ la stagione di Bruno Munari, Pino Tovaglia, Bob Noorda che danno vita “al buon gusto italiano come stile di comunicazione di massa”, (definizione del giornalista inglese Reyner Banham nel 1961), e alla famosa via italiana della pubblicità.
Dall’altra, c’è il racconto dell’esperienza della Rivista Pirelli (1948 -1972), la cui storia esemplare testimonia di una cultura politecnica che, riallacciandosi all’esperienza della Olivetti degli anni Trenta, traghetta l’Italia in una cultura viva e contemporanea, in grado di tradurre il nuovo che arriva dopo il dramma della seconda guerra mondiale. E’ la fiducia nel mondo delle analogie, in cui ad ogni innovazione tecnica corrisponde una traduzione poetica e artistica che passa attraverso le parole, le immagini, in grado di rappresentare la vita della fabbrica attraverso l’arte. E’ l’onda lunga generata da Leonardo Sinisgalli, il poeta ingegnere, a capo della rivista dal 1948 al 1953, che ha aperto le porte della Pirelli ad artisti, scrittori, registi e letterati.
E ancora «Una Musa tra le ruote» racconta di un’impresa che nel suo fare, nel suo stesso formarsi, è capace di guardarsi e di riflettere sulla sua stessa storia, dando vita già nel 1922 al Museo Storico delle Industrie Pirelli: un vero e proprio museo d’impresa ante litteram, realizzato in coincidenza dei primi cinquant’anni dell’azienda. Così come nel catalogo troviamo traccia del primo nucleo dell’Archivio Storico Pirelli, creato nel 1942 in occasione dei settant’anni della Pirelli, che è tutt’ora la base documentale su cui si fonda il progetto di conservazione e valorizzazione della Fondazione Pirelli che, dal 2009 ad oggi, ha digitalizzato e conservato oltre un secolo di storia dell’impresa. Tre chilometri lineari conservati nello storico fabbricato 134 alla Bicocca.
Documenti, bozzetti, fotografie e audiovisivi (pubblicità cinematografiche e televisive), tutti disponibili online. Compresi i numeri della rivista Pirelli.
«Una musa tra le ruote » non è però un catalogo da guardare con occhio nostalgico, ma piuttosto con sguardo contemporaneo per riflettere sulle forme più alte raggiunte dall’impresa italiana del Novecento, in cui cultura economica, analisi sociologica, visione umanistica e slancio utopico hanno dato vita a una suggestiva iconografia che, solo adesso, sta uscendo dai confini specialistici.
Grazie a mostre coinvolgenti, ariose pubblicazioni, rassegne di cinema industriale, spettacoli teatrali e interpretazioni letterarie, sta venendo finalmente fuori il lato umano, e perché no curioso, del fare impresa. Una storia che si presta ad essere raccontata anche ai bambini. Forse è proprio da lì che bisogna ripartire.
Non a caso la Fondazione Pirelli, sin dalla sua nascita nel 2009, dedica grande spazio all’Educational, ovvero alla fruizione dell’Archivio Storico da parte delle nuove generazioni, confidando nella capacità di trasformare la storia in materia viva, in laboratori didattici, in mostre, o piuttosto in libri, in grado di mettere in scena l’anima di gomma della Pirelli. Il sogno concreto di dare vita a una cultura d’impresa condivisa.
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