Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Un manifesto per dare nuovo vigore alla crescita del terzo settore

  • Pubblicato il: 10/02/2014 - 09:27
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Acri

Acri, Assifero, Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariparo, Fondazione con il Sud, Forum del Terzo Settore, Alleanza Cooperative Italiane e Banca Prossima, il 4 dicembre scorso, alla vigilia della Giornata Internazionale del Volontariato, hanno firmato a Roma un Manifesto che afferma l’alleanza tra la finanza specializzata nel non profit e le grandi reti di rappresentanza del terzo settore. L’obiettivo è favorire lo sviluppo nel nostro Paese di condizioni più idonee alla crescita di un nuovo welfare, in primis agevolando la diffusione di strumenti finanziari per il non profit moderni, di adeguate dimensioni, efficaci e in sinergia fra loro. Il terzo settore italiano è un pilastro della nostra società e dell’economia, è una realtà indispensabile per gestire le aree del welfare che l’intervento pubblico è costretto a lasciare scoperte, perché non in grado di dare risposta a tutte le istanze provenienti dalla società. Esigenze che oggi crescono e cambiano, per la crisi della finanza pubblica e per i cambiamenti intervenuti nel tessuto sociale: invecchiamento, immigrazione, separazioni, nuove povertà materiali e culturali. Dunque, ogni giorno oltre 4 milioni e mezzo di volontari e 1 milione di lavoratori all’interno di 300mila libere organizzazioni offrono servizi fondamentali per più di 30 milioni di cittadini, con un peso del settore che dal 2001 a oggi è cresciuto del 28% per numero di organizzazioni e del 39% in termini di addetti (le sole cooperative sociali nell’ultimo triennio hanno creato20mila nuovi posti di lavoro). Resistendo alla crisi le donne e gli uomini del non profit hanno, insomma, dimostrato che un’altra economia, basata non sul profitto ma sulla partecipazione e sulla produzione di bene comune, è possibile. Tuttavia questo mondo sta manifestando allarmanti segni di fiducia, che si traducono in una minore propensione agli investimenti, nel rallentamento delle richieste di credito (specie a medio e lungo termine), in una ridotta progettualità e una maggiore tensione delle condizioni finanziarie. Una stasi, questa, che potrebbe compromettere la capacità del terzo settore di adattarsi, investire e inventare nuove progettualità capaci di dare risposte alle esigenze degli italiani. Da qui il manifesto «Fiducia e risorse per la crescita del terzo settore», al quale chiunque, condividendone le finalità, può aderire sul sito web www.manifestoperilnonprofit.
it. Perché il pericolo che il non profit italiano entri in una crisi di fiducia e di progettualità è concreto. Come in tutte le attività imprenditoriali una stagnazione prolungata, se non contrastata efficacemente, aziona infatti una spirale che soffoca la vitalità del sistema, la sua competitività e la sua sostenibilità. L’obiettivo dei firmatari del Manifesto è mettere il terzo settore in condizioni di sviluppare le sue enormi potenzialità, nello spazio aperto dall’evoluzione del welfare italiano. Gli strumenti sono molteplici: schemi di garanzia per ridurre il rischio finanziario, erogazioni in cofinanziamento, crescente filantropia privata, prestiti assegnati su criteri diversi dagli abituali standard di valutazione, crowdfunding (dono e prestito da privati), obbligazioni sociali. Inoltre, con l’impulso dell’Europa la Pubblica Amministrazione italiana si è data regole serie di pagamento, per cui, nonostante i giusti interrogativi sui tempi di assegnazione dei 10 miliardi di arretrati dovuti al non profit, quest’ultimo può cominciare finalmente una nuova fase in cui, libero dall’ossessione della sopravvivenza, impegnarsi a progettare con lungimiranza e capacità di visione il proprio futuro. Rafforzare la consistenza patrimoniale, creare efficienza attraverso una crescita dimensionale per aggregazione, formare centrali di acquisto per condividere il valore e ridurre gli sprechi, spingersi su terreni di interesse collettivo nuovi, investire in un management sempre più adeguato, internazionalizzarsi laddove opportuno, lanciare seri programmi di rete con e verso l’Ue, ripensare senso e tecniche della raccolta fondi sono la frontiera proposta dal Manifesto presentato il 4 dicembre.
Per raggiungerla urgono investimenti e un uso strategico di tutte le risorse disponibili. La sfida riguarda tanto la cooperazione sociale quanto le altre forme del non profit, poiché anche associazioni e fondazioni hanno dimostrato di saper utilizzare non solo le erogazioni ma il credito, sia bancario che “di comunità”, nella nuova forma del crowdfunding con garanzia di restituzione al cittadino. Tutte queste forme di intervento rappresentano anche una piattaforma che aiuta le pubbliche amministrazioni italiane a orientarsi, indirizzando in modo più selettivo e sostenibile la spesa. «Spesa – recita il Manifesto – che una volta per tutte sarà necessario definire investimento sociale, abbandonando una visione che può solo portare a tagli progressivi». Di qui l’appello alla partecipazione, al confronto e alla progettazione lanciato attraverso questo documento a chi – come i suoi primi firmatari – ha un ruolo nella crescita del terzo settore e sente la responsabilità di coordinare gli sforzi e di mettersi a disposizione di un disegno strategico condiviso. L’intento è di far incontrare le migliori idee e tutti gli strumenti di supporto disponibili anche attraverso una serie di incontri sul territorio, che verranno avviati con il nuovo anno. «In un momento in cui il welfare statale centralizzato, il primo welfare, non è più adeguato, né potrà ritornare mai  come quello di una volta, bisogna che esso venga integrato con un welfare di comunità, in cui pubblico e privato riescano a lavorare efficacemente insieme per il bene comune – ha detto il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti –. Con la precisazione che il secondo welfare, quello privato, si articola su forme di sostegno ai bisogni dei cittadini, in particolare i più deboli, che si innestano sul tronco del primo welfare, integrandone le lacune e stimolandone la modernizzazione grazie proprio alla possibilità di sperimentare nuovi modelli organizzativi, gestionali e finanziari». Nella cornice culturale di una finanza utilizzabile anche per fini sociali si inquadrano alcuni strumenti finanziari innovativi utilizzati da diverse Fondazioni per supportare direttamente il terzo settore. Un primo esempio è il microcredito. L’introduzione del microcredito in Italia è piuttosto recente e si deve in gran parte proprio al ruolo delle Fondazioni, che hanno dato vita a fondi di garanzia a disposizione degli istituti di credito, i quali han così potuto erogare piccoli prestiti a tassi agevolati a soggetti difficilmente bancabili come famiglie, aziende in difficoltà o le stesse organizzazioni del non profit: realtà difficilmente misurabili in termini di risultati economici, ma il cui apporto alla qualità della vita delle comunità è ormai inconfutabile. Ci sono poi i social bond e il crowdfunding. E c’è tutto il fronte della venture philantropy: un modello di intervento che si differenzia dalle tradizionali modalità erogative in quanto al fianco delle donazioni prevede l’utilizzo di altri strumenti finanziari come prestiti,  prestiti partecipativi, quote di capitale, etc. Ma forse lo strumento più importante di finanza per il welfare che le Fondazioni di origine bancaria hanno contribuito a importare in Italia è quello dei fondi per l’housing sociale: uno dei fronti su cui esse sono oggi maggiormente impegnate ed in cui impiegano quote di patrimonio, anziché erogazioni. Grazie a una normativa introdotta nel 2001, le Fondazioni di origine bancaria possono, infatti, utilizzare i loro patrimoni per investimenti coerenti con quelle stesse finalità sociali e civili a cui destinano le erogazioni filantropiche – i cosiddetti Mission Related Investment – così da poter mettere a disposizione in questi ambiti risorse ben più ampie, quantunque, in questo caso, non donate ma investite, seppur con una remunerazione del capitale contenuta.
Così c’è la partecipazione a fondi a forte valenza di sviluppo sociale e civile, oltre che economico, e di altre iniziative stabili per il perseguimento dei fini istituzionali, come la creazione di apposite società strumentali – che tra l’altro spesso danno lavoro sui territori a risorse umane d’eccellenza – o l’ingresso in società terze che operino nei settori di interesse istituzionale delle Fondazioni. Sono i fondi per le infrastrutture, quelli per irrobustire la dotazione di capitale di rischio dei partenariati pubblico-privati, o quelli di private equity a sostegno delle piccole e medie imprese, o i già citati fondi per l’housing sociale, o TTVenture, il fondo per il trasferimento dei risultati della ricerca tecnologica dalle università alle imprese. Ma ci sono anche gli investimenti nelle public utility, a livello locale, e nella Cassa Depositi e Prestiti Spa, a livello nazionale. Anche gli altri soggetti firmatari del Manifesto hanno cominciato ad accostarsi a strumenti finanziari per il welfare. Così le fondazioni di erogazione associate ad Assifero, o l’Alleanza Cooperative Italiane (43mila realtà d’impresa appartenenti a Legacoop, Confcooperative e Agci), che interviene sul terzo settore produttivo attraverso il finanziamento alle start up, il reimpiego di disoccupati post licenziamento e cassintegrati, la capitalizzazione e il consolidamento di imprese, e che sta prendendo in considerazione la possibilità di un’apertura della garanzia confidi alle componenti non industriali del mondo non profit. Da parte sua il Forum del Terzo Settore, che  rappresenta e supporta il mondo dell’associazionismo di promozione sociale, del volontariato, della cooperazione sociale e allo sviluppo, ritiene che l’attenzione ai costi e alla finanza e la raccolta di fondi stiano diventando importanti quanto il coinvolgimento di nuovi volontari, in questo universo assai variegato di impegno e di attività, che negli odierni tempi di crisi ha necessità di migliorare la propria efficienza per mantenere attuale la propria missione. Infine, Banca Prossima (la banca del Gruppo Intesa Sanpaolo dedicata al non profit laico e religioso) di concerto con le Fondazioni socie – F. Cariplo, Compagnia di San Paolo, F. Cariparo – ha messo a punto nuovi strumenti finanziari: dal crowdlending garantito attraverso la piattaforma “Terzovalore” all’Obbligazione «Serie Speciale Banca Prossima», che ha chiuso le sottoscrizioni raccogliendo ben oltre 40 milioni di euro. L’incontro del 4 dicembre si è concluso con l’intervento del Ministro del Lavoro e del Welfare Enrico Giovannini, che ha dichiarato: «Costituiremo un gruppo di riflessione per  valutare le modifiche da apportare alla normativa sul terzo settore e sulle imprese sociali per arrivare, all’inizio del 2014, a capire quali potranno essere le innovazioni di una legislazione che ormai appare datata».

da Fondazioni, periodico delle fondazioni di origine bancaria, gennaio-febbraio 2014