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Un anno felix

  • Pubblicato il: 24/02/2015 - 10:32
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Redazione

All’immagine di un cielo stellato,
si è sostituito uno spettacolo pirotecnico.
Luca Dal Pozzolo

Secondo Matteo Renzi, questo sarà l’anno della svolta positiva della nostra economia, nonostante «l’alta intensità emotiva» del contesto. Un terzo della popolazione Europea, Italia inclusa, è a rischio di povertà. E il fronte internazionale è arrivato nel Continente, sorprendendoci, come se non fosse frutto di un’ombra lunga.
Dalla lettura trasversale, con la quale cerchiamo in queste pagine di far uscire il dibattito dalla cerchia degli addetti ai lavori per parlare ai policy makers, ai decisori, come agli operatori del sociale, a quelli culturali, ai ricercatori e agli studenti, affiora una grande voglia di cambiamento. Il senso del possibile si è respirato all’Hangar Bicocca a Milano per l’incontro Expo delle idee. 2000 i delegati, 500 esperti, 42 i tavoli, per dimostrare la volontà di molti decisori che il brand, nei suoi contenuti politici, diventi duraturo. Sono gli ingredienti della Carta di Milano, una sorta di Protocollo di Kyoto per l’alimentazione, contributo originale di idee e contenuti che Expo 2015 vuole lasciare in eredità e che sarà consegnato in ottobre al Segretario Generale dell’ONU. Innovazione sociale è la parola d’ordine ed il Terzo settore è in campo. Fondazioni d’impresa in testa che stanno rilasciando progettualità strategiche, in rete. Alla Fondazione Triulzia, che gestisce l’omonima cascina, avremo il primo Padiglione al mondo per il Terzo Settore, con il cantiere per l’innovazione sociale EXPloiding energy to change the word, strategie e nuovi modelli di cooperazione. Milano, una città che può fare da traino per il paese, pare confutare il profilo di autoreferenzialità e di limitato impatto delle progettualità culturali che emerge dalla ricerca commissionata dall’Osservatorio della Fondazione Cariplo per guardare in faccia le potenzialità senza negare le criticità di politiche che fanno fatica ad interpretare la contemporaneità.
L’effervescenza cresce dal basso. Nelle certezze frantumate si velocizza la contaminazione di competenze di diversa matrice, sempre più veloce. Si crea una nuova semantica, il cui il nuovo convive con il recupero dei termini della vecchia zia, lavori di rammendo -così cari a Renzo Piano- per ricucire nessi, ripartire in modo orizzontale ed olistico. In  questo un passaggio decisivo  il sistema culturale inizia a capire che occorre uscire dai silos, esclusivi quanto escludenti, per rivendicare un ruolo forte nelle politiche forti, possibile se si cambia registro. E’ un «non ancora» come direbbe Aldo Bonomi, che per aver forza deve trovare continuità. Ci sono casi emblematici come Magnificat, nelle periferie dell’impero, il cuneese, dell’impresa sociale Kalatà, ma soprattutto emerge un ecosistema, variegato, vasto e diffuso dell’innovazione a base culturale, che abbiamo esplorato con Neve Mazzoleni Un’emersione favorita dalle sperimentazioni di molte fondazioni, che con il sistema dei bandi, investimenti di denaro e capacity building stanno accompagnando le startup industriali e creative, in particolare quelle che pensano ad impatti sociali. Fondazioni che si stanno mettendo in rete, con un progetto di open data per mettere a disposizione la miniera di informazioni raccolte, utili a riorientare strategie.
Questi fermenti agili sollecitano le istituzioni main stream, ancora lente, ma le poltrone sono roventi. Cambiare si può. «Il re è nudo» ci dice Alessandra Gariboldi, presentandoci una big picture dello stato dell’arte dell’innovazione della cultura e attraverso la cultura.  Ci sono modelli di ispirazione. Il FAI, con una gestione sempre più manageriale, un bilancio di 25 milioni di euro in pareggio da tre anni, celebra i suoi quarant’anni con una strategia di allargamento del pubblico. La Fondazione per le antichità egizie, con un investimento strategico che va ben oltre i 50 milioni indirizzati alla ristrutturazione e all’ampliamento dell’edificio che vedremo a fine marzo. La Fondazione Musei Civici di Venezia, che chiude il sesto esercizio in pareggio, senza contare su sovvenzioni pubbliche, ma con la qualità della sua gestione, fondi comunitari, cooperazioni con imprese e porta a compimento, con la rinascita del Museo del vetro a Murano, un simbolo del saper fare italiano da rilanciare a livello internazionale. Un cambiamento parte dall’interpretazione operativa della governance, dalle efficaci scelte di vertice, dalle risorse umane. Perché se si parla di «mettere il pubblico al centro», con un ruolo sempre più attivo (interessanti i casi sul teatro che ci porta Alessandro Bollo) anche chi se ne occupa deve essere centrale. Ma molta strada deve essere ancora percorsa per un rafforzamento sistemico delle competenze, ci dice Daniele Lupo Jalla, nuovamente ai vertici di ICOM - l’ente che rappresenta i musei e i loro professionisti- commentando la riforma Franceschini, «delle buone intenzioni». Banco di prova la direzione dei venti principali musei italiani. 1222 applicazioni (80 straniere) per il bando internazionale che saranno nelle mani di Paolo Baratta,Presidente della Biennale di Venezia, Fondazione che ha rivoluzionato. Guiderà la commissione selezionatrice. Dalle scelte può partire un nuovo corso.
Un cambiamento profondo si legge anche nelle fondazioni di origine bancaria, le grandi corazzate filantropiche che da venticinque anni, si dibattono in una giungla di norme, aumento stratosferico della pressione fiscale, messa in discussione dell’autonomia. Secondo il Prof. Giuliano Segre «I tempi sono maturi perché le ottantotto fondazioni di origine bancaria (…) passino da oggetti delle pagine economiche a soggetti delle pagine sociali e culturali». Le debolezze patrimoniali di alcune «potrebbero trovare soluzione in processi di aggregazione- come accadde per il mondo bancario -facendo largo a una capacità strategica autonoma, che le renda protagoniste e non spettatrici del secondo welfare del nostro Paese» a supporto della fragilità sociale.
Ci sono istituzioni culturali che, diffuse capillarmente sul territorio, hanno le potenzialità per rivelarsi motore primo dell’inclusione e facilitatore dell’incontro intergenerazionale e interculturale. Le biblioteche: 13457 nel nostro Paese, ma il 60% delle persone non legge neppure un libro in un anno. Da questo mese, apriamo un canale di riflessione sul tema con Antonella Agnoli, neonominata Presidente della Fondazione Federiciana, che asserisce, per averlo esperito, che anche le biblioteche come ogni istituzione culturale sono miniere per le imprese culturali e creative, con progetti di ampio impatto sociale con alte caratteristiche di innovazione.
Sono questi i principi ispiratori dell’istituzione culturale del XXI secolo. Li abbiamo visti tradotti nei percorsi di candidatura nella competizione per la Capitale della Cultura 2019 che ha reso palese la rilevanza della pianificazione strategica a base culturale per lo sviluppo dei nostri territori. Matera in testa. Cosa è accaduto altre cinque finaliste della competizione? Ce ne parla Cecilia Conti che ha seguito il percorso. Premiate anche economicamente dal MiBACT saranno Capitale italiana della Cultura 2015. Su queste basi è uscito il bando per gli anni 2016 e 2017. Fondamentale integrare, come raccomandava nel 2009 «Ravello Lab», al quale va riconosciuta la primogenitura della proposta, «le diverse dimensioni di intervento, dalle infrastrutture alla mobilità, dalla riconversione di spazi industriali dismessi all’intervento sulle periferie, coinvolgendo attivamente la società civile. (…) incrociando gli eventi e le produzioni culturali con i processi di rigenerazione urbana e con lo sviluppo delle industrie culturali e creative». Sempre. A prescindere dalla competizione.