Niente fondi a Siena e Santa Maria della Scala rischia di andare a fondo
Siena. Se è vero, come diceva Tacito, che «honesta mors turpi vita potior» (meglio una morte onorevole di una vita vergognosa), sarebbe forse meglio lasciare andare Santa Maria della Scala incontro al proprio destino, nell’attesa di tempi migliori. Il complesso museale, infatti, è solo l’ultima vittima di una triste vicenda che ha coinvolto tutto il Comune senese, che oggi si trova ad affrontare la penosa situazione di un commissariamento.
Negli ultimi anni Santa Maria ha alternato mostre di grande successo e di indubbia qualità scientifica, come quella curata da Max Seidel che ci raccontava il raffinato Rinascimento locale, ad altre decisamente più leggere. Insomma, il complesso era diventato uno «sforna mostre» che spesso non raggiungevano i risultati attesi. Tuttavia, evitare la sciagura della chiusura è doveroso, non solo per il valore storico artistico del complesso e per le potenzialità in esso contenute, ma perché il passato glorioso di Santa Maria della Scala è la storia stessa di Siena.
Santa Maria della Scala fu istituita nel IX secolo con lo scopo di assolvere svariate funzioni caritatevoli, dall'assistenza ai malati al ricovero dei poveri fino alla cura dei bambini abbandonati. Tuttavia, l’importanza del complesso era soprattutto legata all'accoglienza dei viandanti e dei pellegrini che percorrevano la Via Francigena: a loro si doveva tanta della ricchezza, spirituale e materiale, che transitava in città nel Medioevo. In epoca moderna, alle soglie del Settecento, Santa Maria cominciò a ritagliarsi un ruolo importante anche in ambito culturale, affermandosi come il «terzo polo artistico» di Siena, dopo la cattedrale e il Palazzo Pubblico, grazie alle importanti testimonianze pittoriche ammirabili al suo interno.
Nel 1995 fu aperto un primo percorso museale, ma il complesso fu presto arricchito di nuovi ambienti, tra cui gli spazi espositivi di Palazzo Squarcialupi, la Biblioteca Briganti, il Museo Archeologico e il Centro d’Arte Contemporanea.
La sua fortunata posizione, di fronte alla cattedrale, e gli ampi spazi a disposizione lo rendevano il luogo ideale per allestire esposizioni di grande richiamo, a cui la Banca Monte dei Paschi di Siena non ha mai fatto mancare i finanziamenti.
Poi, un giorno, il gioco si è rotto.Tutto è iniziato la scorsa primavera, quando la Banca, una volta fonte inesauribile di ricchezze per tutta la città, si scopre in profondo rosso. Messa fuori gioco la gallina dalle uova d’oro, tutto il sistema politico-economico-culturale di Siena era destinato a crollare, poiché Banca, Fondazione Monte dei Paschi, Comune e società senese sono inestricabilmente legati l’uno all’altro.
Così, nell’arco di poco tempo, è arrivato il momento di decidere a quale naufrago lanciare la ciambella di salvataggio. Alla fine di agosto Siena ha avuto l'opportunità di dimostrare quali fossero le sue priorità. La città che da mesi lavora duramente al progetto per la candidatura a «Capitale europea della Cultura 2019» è riuscita a dimostrarci che, anche in tempo di crisi, il lieto fine é possibile. É infatti di pochi giorni fa l'annuncio del commissario straordinario del Comune, Enrico Laudanna, di aver evitato la chiusura del complesso museale di Santa Maria della Scala, ma a scapito dei festeggiamenti dell’ultimo dell’anno, celebri in tutta Italia per il concerto gratuito in piazza del Campo. Questi fondi saranno annullati per utilizzare la relativa sponsorizzazione della Banca Monte dei Paschi allo scopo di mantenere aperta Santa Maria.
Insomma, la ciambella é arrivata. Speriamo non fosse l'ultima a bordo.
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