Le terre che tremarono
Gibellina (TP) Capita in questo paese, sovente martoriato da catastrofi, naturali e non, che proprio da queste nascano cose interessanti: è il caso del progetto «Le terre che tremarono», progetto esemplare finanziato dalla Fondazione Con il Sud nell’ambito del bando storico-artistico e culturale del 2008. Promosso dal Centro di Ricerche Economiche e Sociali per il Meridione (CRESM) e sostenuto da un partenariato di associazioni e cooperative (Eco Culture e Viaggi Società Cooperativa, Associazione Culturale CLAC, Le Mat Agenzia di sviluppo Consorzio di cooperative sociali), ha portato alla realizzazione di un museo dal nome evocativo, «Belìce/Epicentro della Memoria Viva», all’individuazione, promozione e realizzazione di itinerari turistici sul territorio, alla creazione di una cooperativa che si occupa di turismo sostenibile e alla valorizzazione continua della memoria storica e sociale di queste terre.
Capita anche che un bel giorno arrivi una chiamata dall’Inghilterra, addirittura dal Guardian nella quale si dica che vogliano realizzare un video-documentario sulla storia di questo posto pieno di energie. E così viene fuori un documento, pieno di suggestioni e suggestivo, nel ricordo dei pacifici movimenti sociali e antimafia che erano nati in queste terre negli anni 50 con Danilo Dolci e Lorenzo Barbera e che furono stroncati dal terribile terremoto che, il 15 gennaio 1968 (ormai quasi 45 anni fa), distrusse completamente l’intera valle, radendo al suolo i paesi che su di essa sorgevano. E viene fuori anche la storia della ricostruzione, quando un sindaco illuminato, Ludovico Corrao, sindaco, chiamò artisti contemporanei a dare un nuovo volto alla città, con l’idea di «umanizzare» il territorio: Pietro Consagra e Alberto Burri, che non volle realizzare una sua opera nel nuovo contesto urbano che si stava costruendo ma realizzò un «Grande Cretto» nella vecchia Gibellina, che cementificò letteralmente la memoria storica del paese distrutto. All'appello del sindaco risposero anche Mario Schifano, Andrea Cascella, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino, Franco Angeli, Leonardo Sciascia. La città divenne un immenso laboratorio di sperimentazione e pianificazione artistica, in cui artisti e opere di valore rinnovarono lo spazio urbano secondo una prospettiva innovativa, per cui oggi Gibellina si può definire un museo d’arte contemporanea a cielo aperto.
Uno degli obiettivi più significativi del progetto finanziato dalla Fondazione Con il Sud, è stato proprio quello di ricostruire la memoria dei luoghi che furono rasi al suolo dal sisma e di realizzare un museo del tutto originale in cui trovano spazio soprattutto testimonianze verbali e iconografiche che hanno fatto diventare il luogo uno spazio di interesse turistico, culturale, storico, artistico e produttivo. Il museo, allestito nella sede del CRESM, contiene e offre alla fruizione video, racconti, disegni, fotografie, documenti che rappresentano la coscienza storica della gente del territorio belicino e raccontano storie importanti e poco conosciute di lotte e mobilitazione popolare prima e dopo il terremoto del 1968. L’ambito di realizzazione è stato il territorio dei comuni della valle e il contributo della Fondazione Con il Sud è stato pari a 363.973,00 euro, al quale si è aggiunto un cospicuo contributo della Provincia di Trapani.
«Abbiamo portato avanti una serie di laboratori finalizzati all’allestimento del museo» racconta Cristina Alga del CLAC, uno dei partners di progetto «ripercorrendo la storia della mobilitazione popolare degli anni ’50 e poi del periodo della ricostruzione. Abbiamo fatto delle ricerche, raccolto delle interviste, girato video: il tutto è andato a comporre due installazioni interattive, fruibili all’interno della struttura museale. Il primo è stato un laboratorio teatrale, condotto da Alberto Nicolino, attore e regista, già autore di numerosi lavori di ricerca e teatrali sulla memoria siciliana e sui racconti popolari, tenutosi a Santa Ninfa con un gruppo di persone di età compresa tra i 24 e gli 80 anni, che ha portato ad una messa in scena conclusiva. Poi c’è stato il laboratorio video, tenuto da Rossella Schillaci, siciliana che vive a Torino, che ha lavorato con ragazzi giovani a Montevago, insegnando loro le basi del mestiere e in questo modo ogni partecipante ha realizzato un piccolo video. Quindi il laboratorio sulla scrittura autobiografica, tenuto da Carola Susani (con un legame speciale con il Belice in quanto i suoi genitori furono tra i volontari per la ricostruzione), forse il più difficile da realizzare, ma i cui contenuti sono stati fondamentali ai fini del progetto. Inoltre sono state filmate delle interviste a testimoni delle lotte del periodo di Dolci e Barbera e successivamente inserite in una delle videoinstallazioni all’interno del museo. Infine il laboratorio fotografico, con Antonia Giusino, che è partito come un lavoro di ricerca porta a porta, con la richiesta di visionare le foto di famiglia dell’epoca e raccogliendo le testimonianze ad essere relative: anche questo lavoro è confluito in una delle videoinstallazioni.»
«Ma quello che maggiormente ha funzionato - aggiunge Alessandro La Grassa, presidente del CRESM - è stata la rete che si è creata attorno a questo progetto: parlando con i testimoni sul territorio, lavorando alla realizzazione del museo, creando itinerari turistici, facilitando la nascita della cooperativa Adaciu, l’attenzione sul Belice è rinata. Ora la regione Sicilia sta per rifinanziare il bando sulle ferrovie dimenticate, per realizzare una green way ferroviaria che dovrebbe valorizzare anche questa tratta locale; poi nel 2013 ci sarà il quarantennale del Cresm per cui sono previste una serie di iniziative… Ma soprattutto si è creata la rete dei musei del Belice e da qui è venuto fuori un collegamento con i parchi archeologici, per cui la società appaltatrice della gestione dei parchi (nelle vicinanze ci sono Selinunte e Segesta) si è impegnata ad indirizzare i turisti sul territorio della valle. Insomma, si è creato un gran fermento!».
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