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La comunicazione delle Fondazioni al tempo dei social media

  • Pubblicato il: 16/03/2015 - 11:11
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Luisella Carnelli e Francesca Vittori

Le nuove tecnologie sono entrate in modo pervasivo non solo nella vita di ciascuno di noi, ma anche nella quotidianità di molteplici istituzioni culturali e stanno gradualmente aprendo le porte di quelle che fino a qualche anno fa potevano essere viste come vere e proprie roccaforti. Roccaforti che, se da un lato riproducevano gli schemi di relazione intessuti con stakeholder, territori e beneficiari, allo stesso tempo sposavano una tipologia di comunicazione caratterizzata da una forte tensione al controllo e alla unidirezionalità.
In un momento storico che vede emergere nuove e prepotenti esigenze sociali e culturali, le fondazioni stanno in parte cambiando pelle per avviarsi su strade inedite verso nuove modalità di relazione con i propri interlocutori. Gli stakeholder stanno cambiando, i soggetti con i quali entrare in relazione si stanno moltiplicando, ma soprattutto si sta verificando un ribaltamento di prospettiva: l’attenzione si sposta su nuovi pubblici di riferimento, dimostrando che è possibile mettere in campo nuove chiavi di lettura della società e che si possono far evolvere gli approcci relazionali per porsi in modo concreto e fattivo nel qui e ora della contemporaneità.
 
Abbandonato l’approccio top-down caratteristico della prassi contributiva che le ha da sempre connotate, le fondazioni sono ora alla ricerca di nuove modalità per generare valore, e tale ricerca si estrinseca a livello comunicativo in una presenza costante, in una circolarità di informazioni, anche nella sperimentazione di piattaforme di comunicazione online. Un approccio che non si riduce al solo utilizzo meccanico, seppure preciso e bene congegnato, delle nuove tecnologie; se così fosse avremmo semplicemente un effetto pirandelliano per cui le fondazioni apparirebbero come quelle vecchie signore imbellettate e truccate che suscitano un sentimento grottesco. Diversamente, queste organizzazioni si stanno rivelando dinamiche e reattive: hanno compreso che bilancio di mandato e rendicontazione sociale non sono strumenti sufficienti per entrare in contatto con il mondo reale, o meglio con quel mondo molto più dinamico e interessante che compone il puzzle della società italiana attuale. E in questo quadro stanno ricercando una prassi comunicativa capace di andare oltre la liturgia e la celebrazione di momenti topici, preferendo una più stimolante relazione quotidiana con i propri interlocutori.
 
Da questo punto di vista i social media rappresentano senza dubbio un’opportunità affascinante e sfidante: consentono di definire identità, azioni e modi di costruire relazioni significanti e hanno creato un nuovo mercato «interconnesso» che permette di ragionare in termini di comunità, amplificando la possibilità di accesso alle informazioni[1]. Capire come interagiscono le persone, ascoltare e individuare nicchie di interessi, partecipare alle conversazioni, generare comunità: questi sono alcuni dei buoni motivi che spingono oggi sempre più organizzazioni a utilizzare i social media come strumento di comunicazione e relazione con i propri pubblici. Motivi a cui si aggiunge il dato numerico sulla loro pervasività nella vita di sempre maggiori fette di popolazione. In Italia il 52% della popolazione totale è iscritto almeno a una piattaforma, mentre il 92% degli utenti che accedono a Internet possiede un account social[2]. Un dato importante che molte organizzazioni hanno deciso di non ignorare e che ha condotto sempre più aziende in primis ma anche soggetti del terzo settore a sperimentare le potenzialità di questi mezzi.
 
L’utilizzo delle nuove tecnologie comporta la costruzione di un sistema dinamico, una sorta di microcosmo olistico all’interno del quale convergono le strategie per veicolare sia la comunicazione istituzionale, sia la comunicazione di prodotto che nel caso delle fondazioni è identificabile con la promozione di progetti/bandi su cultura, welfare, ricerca e molto altro.
 
Fondazione Fitzcarraldo, in uno studio dedicato al posizionamento digitale della Compagnia di San Paolo[3], esplora questa tematica non tanto con pretese di esaustività e completezza euristica, quanto per delineare uno strumento operativo interno capace di offrire esempi a cui ispirarsi e su cui lavorare. Lo studio prende le mosse dal censimento di 57 Fondazioni di Origine Bancaria e oltre 400 Fondazioni Civili. Sono stati analizzati i canali social (Facebook e Twitter) di 14 soggetti di cui 13 fondazioni bancarie e private italiane e internazionali e alcuni soggetti attivi in ambiti affini (European Foundation Centre) o caratterizzati da aspetti di innovazione della comunicazione (The Guardian).
Attraverso le lenti di questo studio si può cercare di interpretare il posizionamento sul web di alcune fondazioni sia come espressione della loro apertura al cambiamento sia in relazione alla loro mission, alla vision e agli asset.
 
Si parte da quello che potremmo definire un livello zero, assenza sui canali social: sia la comunicazione istituzionale sia quella di progetto sono demandate unicamente al sito web. Seppure venga privilegiata la valorizzazione della brand image nel suo complesso, questo stile di utilizzo presenta il rischio di dare poca visibilità alle attività e progettualità perseguite e realizzate dalla fondazione. Si tratta di un approccio ancora di matrice top-down fortemente bidirezionale, che soffre di una certa aura di autoreferenzialità. La scelta di non utilizzare le piattaforme social potrebbe derivare da una volontà di concentrare al massimo l'attenzione sulla comunicazione istituzionale, ma anche dal timore di avere tra le mani uno strumento che richiede lavoro, continuo monitoraggio e soprattutto che mette l'organizzazione in relazione con una mole di soggetti e di opinioni spesso difficile da gestire. Le fondazioni che aderiscono a questo stile comunicativo, perdono l'occasione per raccontarsi, rinunciando alle numerose sfumature derivanti dalle attività e dalle iniziative che promuovono.
 
Altre fondazioni preferiscono veicolare tanto la comunicazione istituzionale quanto quella di prodotto attraverso sito e sistema social, secondo modalità e livelli diversificati. L'apparato di comunicazione utilizzato dalla Fondazione Cariplo rappresenta un buon esempio di messa in campo di questo modello: comunicazione istituzionale e di prodotto sono affidate al sito e ampia rilevanza viene loro data all'interno della pagina Facebook che, oltre a promuovere i progetti e i bandi Cariplo, dedica alcuni post ad argomenti correlati ai temi dei bandi e a notizie pertinenti.
Decisamente ben strutturato si configura anche il sistema “neonato” della Compagnia di San Paolo, che ha avviato il posizionamento web secondo una logica di comunicazione integrata tra sito e sistema social. Il sito si presenta molto più snello rispetto al precedente e facilmente consultabile anche da chi ha poca dimestichezza con il microcosmo delle fondazioni. Oltre alle sezioni dedicate alla Fondazione e ai Contributi e ai Bandi presenta due sezioni (ulteriormente articolate) con le Aree di intervento e i Programmi. Questa struttura consente di entrare immediatamente in contatto con le aree di operatività della Fondazione, configurando in modo immediato i suoi apporti sul territorio. Il sistema social, Facebook e Twitter, in particolare, fungono da eco e cassa di risonanza sulle singole attività, prestando attenzione in particolare a quelle azioni che impattano in modo diretto sul territorio. Il piano editoriale pur essendo ricco, non è sovrabbondante, ma spesso scritto con linguaggio semplice e accattivante.
 
Un terzo tipo di approccio riguarda quelle fondazioni che affidano la comunicazione istituzionale al sito web e la comunicazione di prodotto al sistema social, in alcuni casi con la creazione di un brand di prodotto ad hoc e di progettualità spin-off che acquisiscono autonomia identitaria, progettuale e, pertanto, anche di comunicazione. Il posizionamento istituzionale sui social è pressoché quasi assente, se non come eco rispetto alla comunicazione di prodotto, consentendo di veicolare la comunicazione e mirarla a un target specifico e a nicchie di mercato connotate da particolari interessi e bisogni. Ad esempio, Fondazione Unipolis ha deciso di far ruotare il proprio sistema social attorno a una progettualità specifica: il bando culturability. Facebook, Twitter e Vimeo danno voce al progetto, incoraggiano il dialogo e fungono anche da centro informativo sulle modalità di partecipazione al bando.
 
Vi sono infine fondazioni che privilegiano sistemi complessi, finalizzati alla creazione di una sorta di «ecosistema digitale». La strategia di presenza on-line è estremamente definita, coerente rispetto alla mission e alla vision istituzionale, e integra sinergicamente sito web istituzionale, blog e Social Media, per creare una sorta di ecosistema in cui ogni elemento concorre a strutturare modalità complesse di comunicazione multilivello e multi-destinatario, con possibilità di interazione e di coinvolgimento ad ampio raggio. Ad ognuno di questi elementi è demandato uno specifico ruolo, sia rispetto al tipo di contenuto, sia rispetto al tono della comunicazione e, in definitiva, ai target. Un esempio di realizzazione di questo modello è riscontrabile nella comunicazione web dell'Obra Social «la Caixa». La comunicazione istituzionale è affidata al sito mentre per la comunicazione dei progetti sono previsti differenti sistemi social organizzati attorno alle aree di azione dell'istituzione per fornire approfondimenti e informazioni tematizzate.
 
In conclusione, è possibile affermare che una fondazione che voglia posizionarsi sui social media ha la grande opportunità di costruire e aggregare una o più community con le quali instaurare forme di dialogo attive e propositive. La natura no profit e i molteplici scopi che caratterizzano ogni fondazione (scientifici, sociali, educativi, ecc.) la rendono un soggetto particolarmente interessante su cui sperimentare nuove modalità di comunicazione online capaci di agire su molteplici nicchie di interesse, identificabili con i suoi campi di attività (ad esempio: cultura, welfare, ricerca scientifica, ecc.). I social sono estremamente utili per attivare questo processo di creazione di comunità di interesse: un loro utilizzo "strategico" può potenziare la promozione di iniziative, favorire la condivisione di informazioni e, nei migliori casi, moltiplicare le opportunità di scambio di idee, generando un circolo virtuoso di cui beneficiano sia la fondazione sia i suoi interlocutori.
 
 
 
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[1] I dati di penetrazione dei social media in Italia si attestano al 52% della popolazione totale, mentre il 92% degli utenti che accedono a Internet possiede un account social (http://wearesocial.it/tag/statistiche/)

[2] http://wearesocial.it/tag/statistiche/

[3] Verso un posizionamento digitale della Compagnia di San Paolo - Benchmark, Fondazione Fitzcarraldo, Torino, 2014 - Gruppo di ricerca: Alessandro Bollo (supervisione scientifica), Luisella Carnelli, Francesca  Vittori