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I Luoghi dell’innovazione aperta: modelli di sviluppo territoriale e inclusione sociale

  • Pubblicato il: 14/02/2017 - 10:41
Autore/i: 
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Elena Lombardo

La Fondazione Giacomo Brodolini pubblica il nuovo volume della sua collana Quaderni al tema dell’open innovation e dei laboratori urbani.  Curata da Fabrizio Montanari e Lorenzo Mizzau, il testo affronta i mille volti dell’innovazione sociale partendo dai suoi temi fondanti e dalle buone pratiche. Con un taglio che “mette al centro il fare” il report racconta di luoghi e attori, ricostruisce ecosistemi e auspica un “pensare globale per agire locale”
 

Disponibile on line, il nuovo Quaderno: “I Luoghi dell’innovazione aperta: modelli di sviluppo territoriale e inclusione sociale” della Fondazione Gioacomo Brodolini (FGB) raccoglie l’esperienza e il sapere di molte professionalità, in diversi ambiti e a diversi livelli in merito a il tema attualissimo dell’innovazione aperta e dei laboratori urbani.
La Fondazione, attiva dal x e da allora impegnata “nella definizione, applicazione, valutazione e diffusione di politiche a tutti i livelli di governo” promuove il dialogo e lo scambio di conoscenze tra la comunità accademica, i policy maker, le istituzioni, la società civile ed il settore privato attraverso attività di ricerca, divulgazione e formazione professionale ma anche assumendo un ruolo manageriale rispetto alla progettazione di spazi e percorsi di innovazione sociale quali incubatori per start-up e acceleratori di impresa.
Fondazione privata no profit, grazie ad un team europeo, un fitto network di esperti e in collaborazione con istituzioni pubbliche e private sia a livello nazionale ed internazionale, oggi la FGB ricopre un ruolo attivo nella promozione dello sviluppo economico, occupazionale e sociale a livello locale, urbano e rurale.
Presente a Roma, Milano, Brussels e Ankara, dislocata in diverse sedi satelliti e membro di diversi network europei, la Fondazione organizza conferenze divulgative, seminari, pubblica libri e riviste come la Collana QUADERNI, la raccolta degli studi e ricerche della Fondazione oggi arrivata al Volume 57.
A cavallo tra ricerca e pratica, il rapporto si apre con un inquadramento teorico rispetto alle domande fondanti per poi presentarci sei buone pratiche raccolte sul territorio italiano e insights a livello internazionale: da Mare Culturale Urbano a Milano fino ai laboratori urbani della Regione Puglia, passando per Torino, Bologna e Reggio Emilia. La Sfida? Definirne un modello organizzativo che non solo offra strumenti per progettarli, realizzarli e renderli operativi ma anche in grado di renderli efficaci e sostenibili nel lungo periodo.
Ma cosa sono i laboratori urbani per l’innovazione aperta e perché è importante parlarne oggi?
Sono luoghi di elaborazione e sintesi di nuove pratiche e politiche nati in risposta all’inefficienza contemporanea degli approcci dall’alto e all’esigenza di progettare e implementare interventi tempestivi sul territorio. Sono realtà molto diverse tra loro, che si nutrono di una fitta rete di connessioni all’interno dell’ecosistema locale e nazionale dell’innovazione, per elaborare soluzioni in grado di coniugare sviluppo territoriale e inclusione sociale. Sono luoghi fisici, punti di riferimento per le comunità e Hub per il cambiamento che utilizzano le risorse del territorio, il suo patrimonio cognitivo e sociale, per innovare e crescere in un’ottica di sostenibilità. Luoghi soggetti a tutte quelle dinamiche della contemporaneità basate sulla condivisione di conoscenza e competenze applicate a obiettivi altrettanto condivisi.
Siamo di fronte ad un fenomeno pervasivo che manca però di un’analisi sistemica in grado di individuare le diverse variabili organizzative. In questo la Fondazione Bradolini cerca di dare un suo contributo declinando il tema in due elementi centrali: le dinamiche dell’innovazione aperta e la città come luogo per eccellenza nel quale questi processi prendono forma.
La ricerca propone un approccio connettivo che tenta di affrontare i concetti chiave in un’ottica di superamento dei confini disciplinari, focalizzandosi in particolar modo sul contributo specifico di incubatori, nuove tecnologie e modelli collaborativi. Partecipare, condividere, collaborare, co-progettare, rigenerare, questo sembra essere il mantra che ricorre nei casi di studio analizzati: l’esperienza dei laboratori urbani promossi dalla Regione Puglia all’interno delle sue politiche giovanili con un’attenzione particolare al recupero e riuso del patrimonio pubblico. L’esperienza milanese di imprenditoria sociale Mare Culturale Urbano che affronta il tema della rigenerazione urbana e dell’innovazione sociale attraverso un approccio culturale community-based. E ancora Open Incet spazio fisico e virtuale per l’incontro di domanda e offerta di innovazione creato dalla Fondazione stessa nel quartiere Barriera di Milano nell’ ottobre 2015. Il caso dell’associazione Kilowatt a Bologna, presentato come virtuosa collaborazione tra pubblico e privato e la piccola esperienza di successo del Laboratorio Urbano Aperto dei Chiostri di San Pietro, designato come progetto pilota per la realizzazione della Smart Specialization Strategy della Regione Emilia-Romagna sviluppata in linea con il framework europeo Horizon2020.
Una prima ricognizione, che sebbene la Fondazione si propone di estendere ed approfondire, fornisce a tutti gli aspiranti “innovatori” e neofiti uno strumento utile ad individuare le tematiche centrali, possibili modelli organizzativi e approcci operativi utili allo sviluppo di nuove progettualità.
 
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