Dai Grand Tour al Game Tour
I media culturali sono stati volano turistico nei secoli. A partire dagli anni 2000 qualcosa è cambiato ed è ancora largamente incompreso e inesplorato. Sapete che centinaia di video-giochi sono stati ambientati in Italia con ricadute economiche e turistiche reali per i luoghi, al centro delle storie? I game sono strumenti principe per le nuove generazioni Y (1980-2000) e Z (nati dopo il 2000) che cercano un ruolo attivo nell’esperienza in cui diventare co-creatori e protagonisti. Il bacino dei giocatori è in crescita, con una età media di 35 anni ed è sempre più trasversale: in Italia si stimano oltre 20 milioni di giocatori e nel mondo oltre 1 miliardo. “Un pubblico immenso che ha conosciuto, esplorato, subito sconfitte e vittorie, salvato principesse, ucciso demoni, guidato truppe sul territorio italiano pur senza esserci mai stato”, ci racconta Fabio Viola. Si aprono nuove prospettive tramite un turismo virtuale che sempre più spesso si traduce in turismo reale. Ma il legislatore italiano non ha ancora mosso i primi passi nel cercare di comprendere questo “fenomeno”
I media culturali hanno rappresentato nel corso dei secoli, pur con le dovute diversità, straordinari volani di promozione e costruzione dell’immaginario turistico. Già sul finire del XVII secolo, e ancora per tutto il XVIII, l’Italia divenne la principale destinazione di viaggio per i giovani aristocratici e rampolli europei. I “Grand Tour”, da intendersi come la prima forma di “turismo di massa”, nascevano dalla curiosità di ammirare con i propri occhi le bellezze culturali, oltre ai modi di vivere e gestire la cosa pubblica. Centinaia di migliaia di persone, provenienti prevalentemente dai paesi del Nord Europa, si avventurarono lungo il Belpaese in soggiorni a volte lunghi anche anni con positive ricadute economiche sui tessuti urbani. Fu così che non solo i “grandi attrattori” ma anche centinaia di comuni descritti nell’ Italian Voyage di Richard Lessels, nel Viaggio in Italia di Goethe e nei racconti di Shelley e Byron divennero oggetto di un boom turistico inedito e molto lontano dai “tour utilitaristici” del Medioevo. Le principali espressioni culturali e artistiche dell’epoca divennero inconsapevoli strumenti di marketing territoriale, si viaggiava per visitare quei luoghi visti o immaginati attraverso ritratti e diari di viaggio.
Dopo una interruzione di flussi turistici a cavallo delle due grandi guerre, l’Italia riconquistò presto il primato mondiale come destinazione. Sul finire degli anni ’50 alcune stime affermano che un turista su cinque nel mondo visitava la penisola, conferendo un primato mondiale protrattosi fino agli anni ’70.
Come già ebbi modo di scrivere in un precedente articolo, l’«hardware» culturale unico, inteso in senso allargato a comprendere i beni architettonici, archeologici, artistici, demoetnoantropologici, naturalistici ed enogastronomici, ha rivestito indubbiamente un ruolo centrale. Con oltre 10.000 musei dislocati sul territorio nazionale, il maggior numero di siti Unesco in una singola nazione, una varietà paesaggistica e naturalistica degna di nota ed il maggior numero di prodotti DOC e IGP in Europa è innegabile lo straordinario patrimonio che natura e uomo hanno concorso a creare e lasciare in dote a ciascuno degli 8.000 comuni italiani. Eppure l’hardware da solo non è sufficiente a generare attrattività nell’epoca della globalizzazione. Lo straordinario trentennio di egemonia turistica degli anni ‘50-‘70 si avvalse della creazione di “software” culturali a cui largamente contribuì la crescente industria cinematografica da considerarsi il principale media della generazione dei Baby Boomers (nati tra il 1940 ed il 1960). Pellicole come I Soliti Ignoti, La Ciociaria e La Dolce Vita contribuirono a creare una immagine di “Paese Cartolina”, alimentando un immaginario da esportare in tutto il mondo. Il turista straniero ha conosciuto e si è innamorato della nostra penisola anche attraverso le sequenze di Vacanze Romane dove una giovane Audrey Hepburn si muove sullo sfondo del Colosseo, piazza di Spagna e tante altre meraviglie dell’Urbe. Immortale la sequenza in cui Gregory Peck finge di perder la mano all’interno della Bocca della Verità della chiesa di Santa Maria in Cosmedin. A distanza di quasi 60 anni è ancora possibile scorgere lunghe code (paganti) di turisti che si recano presso l’antico mascherone in marmo per rivedere e ripetere quelle gesta immortalate nella pellicola. Emblematico è il caso di Volterra le cui sorti moderne sembrano essere collegate a doppio filo con i media creativi e culturali. Negli anni ’60 lo splendido borgo in provincia di Pisa conobbe un rinnovato periodo di notorietà grazie a film girati nel suo territorio e le continue presenze di personaggi come Vittorio Gasmann e Alberto Sordi. Con il progressivo declino dell’industria cinematografica italiana, anche il borgo conobbe un periodo di depressione fino al 2006 quando la scrittrice americana Stephenie Meyer decise di ambientare, in parte, a Volterra il suo secondo romanzo della saga di Twilight, New Moon. La risposta internazionale fu subito entusiastica; migliaia di turisti che non conoscevano l’esistenza della cittadina si riversarono lungo le sue strade a caccia di vampiri e il Comune insieme a numerose associazioni e tour operator diede vita a veri e propri tour ufficiali. Ma ancora più del libro, effetti benefici e duraturi li portò l’omonimo film del 2009 girato nella vicina Montepulciano con stime che hanno riscontrato crescite a doppia cifra degli arrivi. Questo esempio conferma due assunti: lo straordinario potere che i media culturali e creativi hanno nella costruzione di stratigrafie di storie e suggestioni e che l’editoria cede il passo al cinema come media di riferimento a partire dalla seconda metà del secolo scorso.
L’impatto turistico di Twilight non è un caso isolato: Braveheart ha generato in Scozia + 300% di visitatori, il Castello di Alnwick di Harry Potter + 120%, Il Castello di Agliè di Elisa di Rivombrosa passò da 10.000 a 92.000 visitatori.
A partire dagli anni 2000 qualcosa è cambiato ed è ancora largamente incompreso ed inesplorato. Sapete che centinaia di video-giochi sono stati ambientati in Italia con ricadute economiche e turistiche reali per i luoghi, al centro delle storie? Il gioco è il principale media culturale e creativo per denaro e tempo speso dalle e per le nuove generazioni Y (1980-2000) e Z (nati dopo il 2000) in grado di immergere completamente il fruitore nelle storie grazie al suo essere una esperienza attiva in cui il giocatore diventa co-creatore e protagonista dell’esperienza. Il bacino di fruitori è in crescita, con una età media di 35 anni ed è sempre più trasversale: in Italia si stimano oltre 20 milioni di giocatori e nel mondo oltre 1 miliardo.
L’esempio da cui partire è sicuramente Assassin’s Creed 2, video-gioco realizzato dalla azienda francese Ubisoft ed ambientato in città italiane come Venezia, Roma, Firenze, Forlì, San Gimignano e Monteriggioni. Oltre 80 milioni di persone nel mondo hanno acquistato (costo medio 60 euro) i capitoli di questo Blockbuster video-ludico entrando in contatto con personaggi, storie ed ambientazioni anche italiane: un viaggio virtuale nell’Italia rinascimentale, in cui i giocatori si possono muovere a piacimento tra Palazzo Strozzi, il Colosseo, il campanile di San Marco e mille altri luoghi dove il piacere del gioco diventa anche occasione per un turismo virtuale che sempre più spesso si traduce in turismo reale.
Grazie a questa saga, infatti, molti giocatori hanno espresso il desiderio di effettuare dei tour reali dei luoghi toccati dal gioco, orientandosi con disinvoltura nei centri storici cittadini alla ricerca delle “fondi di ispirazione” reale dei luoghi virtuali: uno strumento formidabile di “audience development” favorito dall’alto tasso di coinvolgimento che questo media può offrire comparato ai suoi cugini musica, editoriale e cinema. Non è una coincidenza se uno dei luoghi riprodotti, il piccolissimo borgo di Monteriggioni in Toscana, abbia conosciuto a partire dal 2009 un aumento significativo dei flussi turistici. Come dichiarato dall'assessore al Turismo del comune, Rossana Giannettoni «Assassin’s Creed ha dato al castello una grandissima visibilità e la possibilità di essere conosciuto in tantissimi luoghi dove noi difficilmente saremmo riusciti ad arrivare con la nostra attività promozionale. Una curiosità che può dare alcune indicazioni in merito: la sezione distaccata The Cloister del Guggenhein Museum di N.Y, dedicata appunto al edioevo, ha richiesto una ricostruzione in miniatura del nostro castello, conosciuto proprio attraverso il video gioco».
Il titolo Ubisoft non è un caso isolato. Wikipedia restituisce ben 131 giochi ambientati in toto o in parte in Italia. Sommando i dati di vendita, ho stimato che produzioni, totalmente o in parte, ambientate in Italia hanno venduto oltre 1 miliardo di copie nel mondo. Un pubblico immenso che ha conosciuto, esplorato, subito sconfitte e vittorie, salvato principesse, ucciso demoni, guidato truppe sul territorio italiano pur senza esserci mai stato. In molti casi parliamo di un pubblico giovane, difficilmente raggiungibile su altri canali promozionali.
A fronte di questi numeri, il legislatore italiano non ha ancora mosso i primi passi nel cercare di comprendere questo “fenomeno”: opportunità lavorative, economiche e potenziali impatti culturali che necessitano di una presa di coscienza immediata e di adeguati strumenti per supportare questo mercato del Game Tourism.
Da questa lunga ma doverosa premessa, nasce il progetto/manifesto GameCommission.it promosso dall’associazione culturale TuoMuseo, recente vincitrice del bando Innovazione Culturale di Fondazione Cariplo.
L’obiettivo è triplice:
- fornire una serie di strumenti alla comunità di sviluppatori mondiali per introdurre storie, oggetti, personaggi e ambientazioni reali italiane in future produzioni;
- aiutare gli amministratori pubblici a comprendere questo nuovo strumento ed integrarlo nelle politiche territoriali e turistiche;
- offrire all’ampio bacino di giocatori mondiali la possibilità di scoprire percorsi tematici basati sui loro titoli preferiti collaborando con associazioni locali per mettere su itinerari e promuoverli.
Una vera e propria GameCommission, volutamente nata dal basso, aperta a tutti coloro che vorranno entrare e dare un contributivo attivo: istituzioni, stalkeholders turistici, decision makers culturali, semplici appassionati, per costruire collettivamente una stratigrafia delle storie in cui linguaggi ed espressioni culturali in evoluzione si sovrappongono all’hardware culturale per creare multipli racconti adatti a differenti pubblici. Video-giochi, alla stregua di ritratti, libri e film, per arricchire l’offerta per raggiungere e coinvolgere nuovi pubblici. Esperienze coinvolgenti e partecipative in cui impatto culturale si coniuga a sostenibilità economica.
I video-giochi come medium, senza temere l’innovazione, daranno un contributo alla creazione del racconto dei racconti.
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