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Cultura, come ti finanzio?

  • Pubblicato il: 22/11/2013 - 17:43
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Marco Ratti e Giorgia Turchetto

Mentre i numeri assoluti sono confortanti, l’analisi lascia spazio alla preoccupazione. Gli addetti del settore sono diminuiti nel nonprofit e probabilmente nel pubblico, aumentati nel profit. La diminuzione nel non profit è in apparente contrasto con l’aumento – di un terzo circa – del numero di organizzazioni culturali: il non profit ha avuto una forte natalità, ma anche una forte crisi e un declino della dimensione media delle organizzazioni.

L’andamento dell’occupazione è coerente con quello del finanziamento del mondo culturale. Il segmento pubblico vive di trasferimenti dallo Stato, di cui sappiamo le difficoltà. Quello non profit ottiene molti dei propri fondi da contributi, donazioni etc., sia pubblici che privati, ma i primi sono maggioritari. In dieci anni, fino al 2011, la spesa pubblica per pagamenti e trasferimenti è scesa di quasi il 40% in termini reali. Una simile caduta che ha almeno due aspetti problematici: è probabile che sia permanente e sarà difficile rimpiazzarla completamente con denaro europeo, liberalità e sponsorizzazioni. Il mondo culturale deve quindi pensare a come vivere nel medio termine in questa situazione.
La finanza può aiutare, anche se da sola non può risolvere. Oggi la fonte finanziaria principale delle organizzazioni culturali è il debito, soprattutto bancario, ma la relazione fra organizzazioni culturali e banche può migliorare come , testimonia una recente ricerca della «Sapienza». Le banche debbono sviluppare una metodologia di analisi specifica del merito di credito nel settore culturale; lo sviluppo del credito può essere migliorato tramite fondi di garanzia costituiti con denaro pubblico (incluso quello europeo previsto nell’ambito di Europa Creativa) o privato; i fondi coprirebbero le eventuali difficoltà di garanzia delle organizzazioni finanziate, rendendo loro più semplice l’accesso al credito. Infine, possono prendere maggior piede iniziative innovative di raccolta di credito dal pubblico generale (social lending) attraverso piattaforme online.
La sfida più importante è quella del miglioramento della gestione operativa. «La» soluzione salvifica al problema non esiste, ma ogni istituzione culturale può e deve affrontare tutte assieme le sue fragilità specifiche, che spesso sono poi endemiche del settore culturale, mirando quindi ad aumentare le entrate «di mercato» da bigliettazione e attività collaterali, ridurre in generale i costi anche fondendo organizzazioni (che sono diventate più piccole e a volte fronteggiano costi fissi importanti), professionalizzare il management dal punto di vista gestionale, intensificare e diversificare la raccolta fondi, sfruttare il proprio patrimonio immobiliare esistente e accedere a quello pubblico disponibile; e naturalmente ricorrere alla finanza esterna, soprattutto di debito, e al project financing all’interno di partnership pubblico-privato. Ognuno di questi obiettivi si può declinare in azioni specifiche: per esempio, la generazione di reddito di mercato si gioverebbe dall’applicazione di tecniche di marketing e da una miglior segmentazione della clientela; l’accesso al patrimonio immobiliare pubblico richiede una buona conoscenza del «federalismo demaniale» e del modo in cui le amministrazioni locali gestiscono la situazione del loro territorio, etc. Per sopravvivere, le organizzazioni del mondo culturale devono accentuare la propria anima di impresa. Ciò non significa necessariamente cambiare la forma giuridica, né mercificarsi. Il settore culturale contiene da solo il 20% circa delle associazioni e delle fondazioni che popolano il non profit italiano, contro solo il 3% degli addetti; è evidente che gli operatori culturali trovano queste forme giuridiche, «di libro primo del Codice civile», più adatte alla loro attività. Il punto non è snaturare il mondo culturale nelle sue scelte storiche, inserire nelle sue organizzazioni elementi di comportamento simili a quelli delle imprese. Per affrontare il futuro occorrono competenze gestionali.

Marco Ratti, Responsabile Knowledge Center Banca Prossima
Giorgia Turchetto, Direttore Master Digital Heritage Università La Sapienza