Come prevenire l’infarto della cultura
Bufera mediatica che dalla Germania è destinata a dilagare in Europa per «L’infarto della cultura» , «Der Kulturinfarkt», il libro in uscita di Dieter Haselbach, Pius Knuesel, Armin Klein e Stephan Opitz, quattro esperti manager di grandi istituzioni culturali tedesche.
La forte proposta è mettere fine allo spreco di fondi pubblici, riducendo drasticamente, di oltre la metà, il numero delle produzioni, biblioteche, musei. Finanziare in modo mirato le istituzioni efficaci.
Nell’analisi del pamphlet viene evidenziato che in Germania dall’unificazione il numero dei musei è triplicato e i teatri sono raddoppiati. Nel paese i teatri attivi stabili di prosa sono 140 e i lirici 84, ovvero superano il totale del resto del mondo. I musei sono 6300 musei, 8200 le biblioteche pubbliche. Un investimento pubblico che, con una miriade di conservatori e scuole musicali, conta ogni anno 10 miliardi di euro .
Come ci indica Rainews gli autori sostengono che «non sarebbe un’apocalisse se sparissero la metà dei teatri e dei musei ed alcuni archivi e sale da concerto venissero raggruppate» e se il denaro venisse riorientato sulle istituzioni più valide.
Una tesi che per molti mina il concetto di democrazia e pluralità della cultura, alla quale gli autori rispondono che oggi il denaro non è investito efficacemente, ma indirizzato all’intrattenimento, prevalentemente di una classe alta «Ad interessarsi all'offerta culturale è solo un'élite colta e ricca, al massimo una percentuale della popolazione compresa tra il 5 ed il 10%», scrivono gli autori del pamphlet, secondo i quali «i politici preferiscono inaugurare un nuovo museo o un altro festival, invece di chiedersi il senso di queste nuove istituzioni».
La proposta ha generato consenso nel conservatore «Frankfurter Allgemeine Zeitung» (Faz), che sottolinea lo scadimento della cultura teatrale tedesca, richiede selettività nelle nuove aperture e una riforma nelle erogazioni pubbliche. Anche il progressista «Sueddeutsche Zeitung» di Monaco di Baviera evidenzia come sia «un assurdo spreco di denaro» dover finanziare un teatro d’opera in ogni città media e se le scene teatrali sono cresciute del 78% dal 1991 al 2007 del 78%, le rappresentazioni dell’11%, gli spettatori per rappresentazione sono calati del 5%. Il paradosso è che ogni spettacolo è diventato più caro.
Una proposta polemica volta a produrre non solo in Germania dibattito e riflessioni, più che chiusure, su politiche culturali o assenza di politica o concertazione tra centro e periferia, richiamando a salvifiche, necessarie potature.
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