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What's art for?

  • Pubblicato il: 13/10/2016 - 15:15
Autore/i: 
Rubrica: 
LA PAROLA AGLI ARTISTI
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe

Abbiamo accolto l'invito alla riflessione lanciato da The Art Newspaper, che per i suoi 25 anni lancia a intellettuali e liberi pensatori un ambizioso quesito: A che cosa serve (ancora) l'arte?
Ne discutiamo domani 14 ottobre nel talk inaugurale di ArtVerona, con gli stimoli della nostra rubrica 'La parola agli artisti', curata da Stefania Crobe. Apre l’incontro Catterina Seia, direttrice de Il Giornale delle Fondazioni in dialogo con Anna Somers Cocks, ideatrice e CEO The Art Newspaper, Andrea Bruciati, direttore artistico ArtVerona, Antonio Coppola, collezionista, Andrea Galvani, artista, Barbara Polla, gallerista, Galerie Analix Forever, Ginevra. Saranno presenti  gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Verona con i quali prende avvio per l’a.a 2016/17 un progetto pedagogico, curato da Elena Ciresola, di riflessione tra pari, dei giovani

Ciò che l'opera d'arte cela, nella combinazione di elementi diversi, rimane spesso un mistero indecifrabile. Enigmi abitano i quadri di Hieronymus Bosch, così come, anche quando si crede che tutto sia stato detto, ambigua resta la lettura del “mesiodens” – il quinto incisivo – della Sibilla Delfica o del Cristo in grembo alla Madonna nella Cappella Sistina michelangiolesca, solo per citare alcuni dei numerosi nodi irrisolti della storia dell'arte.
Ma 'ogni generazione guarda alle opere d'arte da una posizione diversa e le vede con occhi nuovi' scrive Hauser ne 'Le teorie dell’arte', e questa indecifrabilità, questa difficoltà nel riporle entro categorie, confini, limitazioni temporali e spaziali, porta con sé quella volontà e quella necessità, per l'arte, di dissentire, di sfuggire ad un'unica lettura, di innescare una pluralità di visioni per abbattere quei “guardiani della mente creati da noi stessi che ci impediscono di essere creativi”, come dice Alejandro Jodorowsky nel suo “Corso accelerato di creatività”.

Nella corsa alla modernità e all’artificio caratterizzanti le attuali società iper-liberiste, nell’osservazione di uno scenario che muta, nella rottura delle relazioni co-evolutive fra uomo e ambiente, assistiamo a un degrado e una consunzione planetaria che, in una separazione esponenziale tra soggetto osservante e oggetto osservato di cartesiana memoria, ha portato a un' epistemologia deterministica e tecnofila. Una crisi che si consuma nella progressiva razionalizzazione della realtà e che è specchio di una crisi di conoscenza fatta di specialismi e compartimenti, rea di voler ignorare la complessità. Una conoscenza fondata ormai su calcoli, cifre, misure, valutazioni dimenticando che «la realtà umana è fatta di sofferenza, di amore, di poesia» (Morin, 2014).
Il dualismo interpretativo, le categorie utilizzate sinora e che occupano ancora prepotentemente  i nostri schemi risultano inadatti a leggere la complessità. Nasce così l’esigenza di dotarsi di nuove lenti interpretative, di nuovi linguaggi capaci di abbracciare una visione sistemica della realtà, in cui ogni cosa è parte di un tutto.

Nell’epoca dell’estetizzazione iconoclasta, della cosmesi, della proliferazione di immagini, in cui la cultura si consuma e l'arte si iper-espone come tra i banchi di un supermercato, si assiste a una depauperazione del concetto stesso di ricerca artistica in favore di un 'sistema' che la fagocita, la usa, la vende e svende, la valorizza, la decontestualizza, la preleva, la sposta, la erige a volano di sviluppo economico, di rigenerazione, di miglioramento, in un processo di globalizzazione in cui la presunta 'democratizzazione' poco ha a che vedere con un regime di conoscenza e autoriflessività collettiva.
Un paesaggio in cui i linguaggi si appiattiscono, si omologano, l'arte sembra voler dare conferme anziché porre interrogativi e perde gradualmente quella sua potenza interpretativa che è, di per sé, già trasformativa. Quella 'capacità di saper pensare le contraddizioni', come ricorda Rancière, che è quell'esercizio immaginativo che 'rende sensibili', e dunque, forse, più umani.

Così, spinti dal desiderio di comprendere se e come l’arte – nella sua dimensione di pratica ed esperienza estetica - può incidere ancora sullo stato delle cose e essere agente generativo, un dispositivo, per una trasformazione, individuale e collettiva, di sguardo e prospettive attivando processi di ricostruzione di senso e risignificazione della realtà, abbiamo accolto l'invito alla riflessione lanciato da The Art Newspaper, che per i suoi 25 anni lancia a intellettuali e liberi pensatori un ambizioso quesito: A che cosa serve (ancora) l'arte?

Riprendendo un estratto dell'«Opera aperta» di Umberto Eco (1962), «l’arte contemporanea sta tentando di trovare – in anticipo sulle scienze e sulle strutture sociali – una soluzione alla (...) crisi, e la trova nell’unico modo che sia possibile, sotto specie immaginativa, offrendoci delle immagini del mondo che valgono quali metafore epistemologiche: e costituiscono un nuovo modo di vedere, di sentire, di capire e accettare un universo in cui i rapporti tradizionali sono andati in frantumi e in cui si stanno delineando nuove possibilità di rapporto».
E' ancora così?

Dallo scorso autunno sul Giornale delle Fondazioni, con la rubrica 'La parola agli artisti', abbiamo dato vita ad una campagna d'ascolto che ha per protagonisti, a nostro giudizio, alcune tra le più interessanti figure del panorama artistico attuale, selezionati per la loro attitudine all'uso di linguaggi cross-disciplinari, per la loro aderenza nella realtà, per la loro capacità di decolonizzare gli immaginari e costruirne di nuovi, aprendo piste e creando ponti.
Insieme ad ArtVerona poi, in vista di questo appuntamento, abbiamo proseguito la nostra ricerca in un percorso collaborativo, ampliando la rosa delle voci ascoltate, accettando l'invito a presentare questa nostra riflessione nell'ambito di una fiera, uno spazio sui generis e inusuale rispetto al panorama fieristico internazionale per la sua vocazione 'urbana', per il suo immergersi nella città.
A guidarci la volontà di indagare ruolo, processi, funzioni dell'arte oggi, per comprendere se e come l'incontro con l'arte possa essere, in questo clima di irrisolutezza generale, in questa rottura, la faglia in cui possano crescere semi di cambiamento, oltre le retoriche.

Voci a cui abbiamo dato carta bianca e che hanno aperto mondi e modi di riflessione.
Attraverso itinerari sensibili, percorsi erratici e nella rivendicazione di una sua non-funzionalità, l’estetico raccontato e agito dagli artisti intervistati agisce fornendo una lettura della realtà capace di generare nuovi paradigmi o aprendo campi, muovendosi sul piano dell’esperienza e dell’azione, assumendo un ruolo potenzialmente trasformativo, un essere in potenza che attiva, creando cortocircuiti, slittamenti e «microtrasformazioni», mostrando l’invisibile e aumentando il senso delle possibilità. Una bussola per orientarsi nella crisi, per navigare il disagio, o anche “solo” per naufragare dolcemente in questo mare.

Utilizzando le parole di Lyotard, l’arte è «una soglia di irrappresentabilità, che garantisce alla sensibilità umana la capacità di non appiattarsi sulla mera riproduzione percettiva del dato oggettivo: l’opera si apre, al contrario, a nuove possibili configurazioni di senso del mondo».
L’arte – come spazio della sperimentazione – suggerisce modi «altri» di abitare – di stare al mondo – intercettando e immaginando nuovi possibili usi dello spazio e del tempo.
Come Giano bifronte, l’arte mantiene un occhio al reale e uno sguardo che migra verso mondi inesplorati e sconosciuti, che non esistono ancora. E’ qui e altrove.

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WHAT’S ART FOR?

ArtVeronaTalk
Venerdì 14 ottobre, ore 12.30 | pad.12
What’s art for?
A cosa serve l’arte? Serve ancora?
Apre l’incontro Catterina Seia, direttrice de Il Giornale delle Fondazioni In dialogo con
Anna Somers Cocks, ideatrice e CEO The Art Newspaper
Andrea Bruciati, direttore artistico ArtVerona Antonio Coppola, collezionista Andrea Galvani, artista Barbara Polla, gallerista, Galerie Analix Forever, Ginevra

In collaborazione con
Accademia di Belle Arti di Verona | Il Giornale dell'Arte

LA PAROLA AGLI ARTISTI è una rubrica de Il Giornale delle Fondazioni
a cura di Stefania Crobe

Abbiamo ascoltato:
Fabio Cavalli, Cesare Pietroiusti, Adrian Paci, Flavio Favelli, Ferdinando Scianna, Alterazioni Video, Emilio Fantin, Fatma Bucak, Yuval Avital, Claudia Losi
e insieme ad ArtVerona, Paola Angelini, Cosimo Terlizzi, Matteo Fato, Andrea Galvani, Luigi Presicce

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