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Una mostra dal sapore antologico : l’animo nomade di Aldo Mondino alla Fondazione Mudima

  • Pubblicato il: 14/06/2013 - 12:10
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Milena Zanotti
Aldo Mondino

Milano. E’ un ritorno quello di Aldo Mondino alla Fondazione Mudima, dopo 23 anni dalla personale dell’artista tenutasi nella stessa sede. In ingresso siamo accolti da Grande arabesque, opera di bronzo colorato di tre metri, del 1995, che traccia il filo conduttore dell’esposizione, contrappuntata da alcune delle importanti installazioni già realizzate nell’evento del 1990, più alcuni tra i più significativi lavori tratti dal percorso di Mondino (1938 – 2005), a partire dagli anni ’60 (Non calpestar, zerbino in cocco oppure Blu su, acrilico su tela) sino ai più recenti. Ne emerge uno sguardo d’insieme che disegna la complessità artistica dell’artista: nel pensiero, nei rimandi, entro le suggestioni (che ben si coglie nella nota serie dei Dervisci rotanti) e tecniche (giocate su un registro che dagli olio – acrilico su tela o linoleum, passa dai marshmallow di Piscina, allo zucchero di Muro del pianto, sino alle granaglie di Raccolto in preghiera). L’arte di Mondino, con le parole di Bonito Oliva, verte su «un universo sempre esotico rispetto al laboratorio di immagini create dall’artista. Portatrici di una particolare qualità, quella della leggerezza e della sorpresa». E’ Gino Di Maggio, presidente della Mudima, a spiegare «La scelta di esporre Mondino si fonda innanzitutto su un legame di grande amicizia che esisteva tra noi, oltre che, sul piano istituzionale sulla scelta della Fondazione di celebrare l’arte italiana dagli anni ’50 in poi, con due appuntamenti annuali, al di là delle mode del momento», argomentazione confermata dalla prossima mostra in programma, su Roberto Crippa, artista quasi dimenticato dalla critica e dal mercato dell’arte e che segue gli eventi su Enrico Baj e Sergio D’Angelo, tra gli altri. A questa visione se ne affianca una di stampo internazionale, che emerge sia nelle mostre dedicate alle grandi personalità dell’arte che nelle collettive sull’arte asiatica ed africana, quest’ultima appena conclusa ed in collaborazione con la Fondazione Sarenco. Tiene a sottolineare Di Maggio «La Mudima nasce da un rapporto continuativo con gli artisti che dura 40 – 50 anni ormai. Continuiamo a credere in ciò che facciamo nonostante i tempi di profonda crisi, rimarcata dalla totale mancanza di sovvenzioni pubbliche nonché dalla sofferenza dei contributi privati, che costituiscono l’ossatura portante delle nostre entrate. Da parte nostra abbiamo reagito alla situazione attraverso una gestione rigorosissima». Nonostante ciò la Fondazione ha sempre creduto nell’importanza di un’azione che fosse profondamente radicata al territorio, che emerge nelle numerose collaborazioni con le istituzioni culturali milanesi, tra le quali quelle con Palazzo Reale nel periodo dell’assessorato alla cultura di Philippe Daverio, o nella partecipazione ad iniziative come La festa dell’altro mondo, ambientata in un quartiere problematico come Quarto Oggiaro. Altresì il presidente di Mudima avanza anche una proposta per superare la crisi, da ricercare nelle collaborazioni internazionali, citando, ad esempio, quella con il Museo Toyota, in Giappone, o i numerosi rapporti con la Corea. Un altro concetto sotteso è quello della trasversalità delle arti, che si ha sin dall’apertura della Fondazione, vero e proprio laboratorio di arte, musica e teatro. In particolare Di Maggio ricorda il lungo e fecondo legame con John Cage, pioniere degli happening, dal quale prenderà avvio nel 1961 il gruppo Fluxus, musicista e poeta, vero e proprio laboratorio totale. La trasversalità consente lo svilupparsi, in Fondazione Mudima, di pubblici variegati e sempre rinnovati, pur con la presenza di un target che tende a frequentare assiduamente ogni evento proposto. A tal proposito il prossimo martedì 18 giugno in Fondazione si terrà una performance di musica e danza, con i musicisti Michel Doneda con Filippo Monico e la danzatrice Cristina Negro, in un dialogo senza barriere con le opere esposte.

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