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Roma, Macro declassato

  • Pubblicato il: 01/11/2013 - 14:29
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Francesca Romana Morelli

Roma. Ulteriormente declassato dal sindaco Ignazio Marino e dall’assessore alla Cultura Flavia Barca. È quanto è successo al Macro, museo di arte contemporanea della città di Roma, che da oggi è stato sfilato dalle competenze della Soprintendenza e gettato nel calderone del Dipartimento Cultura, il cui compito è di erogare «servizi» come mostre, le iniziative dell’Estate romana, gestione di spazi espositivi e musei vari.
Non era sufficiente che il Macro fosse rimasto, fin dalla sua nascita, un ufficio del Comune, e quindi mai trasformato in Fondazione dalle giunte precedenti. Era una spada di Damocle che da qualche tempo era stata messa dalla nuova giunta Marino sul destino del Macro. Ora si comprendono meglio una serie di «prese di posizioni» dell’assessore Barca. Nella conferenza stampa al Macro il 23 settembre fece scena muta di fronte al fuoco di fila della stampa, che, arrabbiata e costernata davanti a un tale atteggiamento, chiedeva notizie sul destino del Macro. E pensare che la Barca sul sito ufficiale del Comune tra le sue gestioni di competenza dichiara la «Fondazione Macro»…
Lo scorso 23 ottobre per riaprire la mostra Digital Life 2013 organizzata dal Festival Romaeuropa al Macro Testaccio e danneggiata da ripetuti atti di vandalismo dai visitatori per mancanza di personale, presso l’Assessorato alla Cultura era stata improvvisamente convocata una riunione tra la Fondazione Romaeuropa e i curatori della mostra e l’amministrazione capitolina direttamente interessata, e cioè l'assessore Barca, il sovrintendente Claudio Parisi Presicce, l’ex direttore ad interim, Alberta Campitelli, l'ad di Zètema Albino Ruberti, e curiosamente il direttore del Dipartimento Cultura Maria Cristina Selloni (sotto la cui competenza ricade ora il Macro.
Lo stesso 23 ottobre l’associazione Macroamici, diretta da Beatrice Bulgari, lanciava unasottoscrizione pubblica per chiedere al sindaco Marino e all’assessore alla Cultura Flavia Barca  «di dare continuità a una direzione competente e internazionalmente riconosciuta» (quella di Bartolomeo Pietromarchi), la trasformazione del museo in fondazione, sulla carta invece ancora un ufficio capitolino, un «budget pluriannuale» adeguato. Fino al 25 ottobre stranamente la Bulgari non era riuscita a incontrare la Barca né aveva avuto alcuna indicazione sulla nomina: «Il Macro non è una vetrina espositiva. È luogo di ricerca, didattica, residenze per giovani artisti, esposizioni e collezioni mirate, attività che richiedono continuità di lavoro».
Il silenzio omertoso del Campidoglio si deve pure al deficit di 867 milioni di euro da correggere entro l’anno e il ritardo della norma Salva Roma, con conseguente tempesta tra la giunta e sfrondamento degli incarichi esterni.
Il clima si fa sempre più incandescente intorno alla questione Macro e tra breve arriveranno anche le risposte al perché di questa mossa scellerata, che riguarda tutti i cittadini, che hanno diritto ad avere un museo di arte contemporanea, proiettato internazionalmente.

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da Il Giornale delle Fondazioni, edizione online, 29 ottobre 2013