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Ritorno al futuro

  • Pubblicato il: 14/02/2016 - 13:03
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Milena Zanotti

Una conversazione con Giovanni Carlo Federico Villa, ritornato a Vicenza dal giugno 2015 come  direttore scientifico dei Musei Civici di Vicenza per conoscere sul suo progetto per Palazzo Chiericati che punta al rilancio della città, con un lavoro di rete Per la più importante pinacoteca veneta di terraferma che racconta la cultura veneta a partire dal periodo bizantino fino alla stretta contemporaneità.  Obiettivo, stabilire relazioni a lungo termine con i visitatori. Una nuova strategia culturale per Vicenza, dopo le grandi mostre di Goldin alla Basilica Palladiana

 

Vicenza. E’ un ritorno quello di Giovanni C. F. Villa nella città veneta. È stato chiamato nel giugno scorso come nuovo direttore scientifico di Palazzo Chiericati, un ruolo strategico per il rilancio di Vicenza come polo di cultura.
Professore di Storia dell'Arte Moderna e direttore del Centro di Ateneo di Arti Visive dell'Università degli Studi di Bergamo, studioso di pittura veneta del Rinascimento e museologo, è specialista di tecnologie non invasive applicate ai Beni Culturali. Dal gennaio 2004 ha lavorato per le Scuderie del Quirinale di Roma dove ha coordinato le mostre Antonello da Messina (2006), Giovanni Bellini (2008), Lorenzo Lotto (2011), Tintoretto (2012) e Tiziano (2013). Tra le grandi esposizioni in Italia e all’estero possiamo poi ricordare Cima da Conegliano. Maître de la renaissance vénitienne per il Musée du Luxembourg di Parigi (2012); Tiziano per il Museo Pushkin di Mosca (2013) e Scolpire gli Eroi. La scultura al servizio della memoria per il Palazzo della Ragione di Padova (2011) oltre, in ultimo, Palma il Vecchio, lo sguardo della Bellezza per l’Accademia Carrara di Bergamo (2015). Gli è stata conferita dal presidente Napolitano, il 2 maggio 2012, l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Incontriamo nuovamente lo studioso dopo la grande mostra bergamasca Palma il Vecchio, lo sguardo della bellezza e cogliamo, come sempre, il suo entusiasmo, unito alla visione in prospettiva e all’alto profilo. Per Giovanni C.F. Villa non si tratta della prima esperienza vicentina quanto di un ritorno, dopo le importanti esperienze compiute dal 1999 al 2004 in veste di conservatore presso la Direzione Musei e Conservatoria Civici Monumenti di Vicenza e come responsabile e curatore dei primi sette volumi (2001-2015) del catalogo scientifico della Pinacoteca Civica di Palazzo Chiericati di Vicenza.
 
 
 
Ritorno a Vicenza. Possiamo dire che si tratta di un filo che si dipana e si riannoda
Prima di vincere il concorso all’Università avevo avuto un’esperienza ai Musei di Vicenza della durata di circa quattro anni e mezzo, nata con una modalità che restituisce il senso profondo dell’identità cittadina: fu infatti un grande mecenate vicentino, il marchese Giuseppe Roi, a consentirmi di cominciare a lavorare per il museo.
Alla fine degli anni ’90 a lui presentammo un progetto – grazie al mio compagno di università, il compianto Ennio Valente – di inventariazione e catalogazione fotografica completa del patrimonio di Palazzo Chiericati e, a seguire, di edizione dei cataloghi scientifici del museo. Il rapporto con Vicenza è poi continuato dopo l’ingresso in Università a Bergamo, in forma di collaborazione con la dottoressa Maria Elisa Avagnina, direttrice del museo, giungendo ora all’edizione dell’ottavo tomo dei cataloghi scientifici. Questi comprendono l’ambito della pittura, scultura, parte dei fondi di grafica, in particolare i disegni di Palladio, della numismatica – abbiamo pubblicato tutto il preziosissimo insieme delle medaglie papali – e due delle donazioni ultime, ovvero Roi e Ghiotto. Questo è stato l’iter che mi ha riportato a Vicenza a concludere un lavoro, motivato anche dal completamento del progetto di recupero e restauro di Palazzo Chiericati e, contestualmente, della Pinacoteca. Con Avagnina e con l’architetto Emilio Alberti e lo scenografo Mauro Zocchetta, nel ’99 cominciammo a lavorare a un progetto di totale recupero e riallestimento museale, che la direttrice ha compiuto per la parte cinquecentesca di Palazzo Chiericati, restituendo al pubblico i sotterranei e i sottotetti, nonché il piano nobile. Ora ci siamo concentrati sull’ala novecentesca, abbattuta e ricostruita completamente. Se prima era destinata a uffici e biblioteca, nell’aprile 2016 la inaugureremo dopo averla resa nella sua interezza spazio espositivo permanente, proseguendo poi con la porzione ottocentesca del museo. Per la fine del prossimo anno l’obiettivo è quello di portare gli originari 1400 metri quadri espositivi a circa 3300 mq, creando un museo che, se quando è stato chiuso esponeva le collezioni dall’inizio del ‘300, da Paolo Veneziano, alla fine del ‘700 di Tiepolo e Piazzetta, con il nuovo allestimento avrà un percorso che principia dalla metà del ‘200 per giungere fino al 2005, comprendendo tutte le collezioni di ‘800 e ‘900, in una significativa integrazione di pittura, scultura, arti applicate e ricostruzioni d’ambiente.
L’intento è quello di restituire alla città e al pubblico il senso profondo di una città e il complesso collezionistico dei musei di Vicenza. Ciò è motivato, altresì, dalla storia di Palazzo Chiericati, figlio di oltre 600 donatori: attenti a lasciare al museo cittadino dipinti, sculture, ma anche piccoli oggetti (basti citare la prima pallottola sparata dagli austriaci a Vicenza), andando a generare oltre che un museo civico la più importante pinacoteca veneta di terraferma. Oltretutto con una qualità altissima di pittura, una rarità nel complesso dei musei civici italiani, frutto anche dell’importanza della scuola vicentina, la più rilevante dopo quella veneziana, contestualmente consentendo il racconto della cultura veneta a partire dal periodo bizantino fino alla stretta contemporaneità. Si tratta indubbiamente di un ampio arco temporale, inusuale per qualsivoglia museo cittadino. Ebbene, tutto questo mi ha convinto a ritornare a Vicenza.
 
 
Possiamo quindi affermare che si tratti di un ‘cerchio che si chiude’?
Sì, per certi versi, con l’auspicio proprio di ‘chiuderlo’. In più con la motivazione di prendere parte a un’operazione del tutto eccezionale nel panorama culturale odierno, Vicenza caratterizzandosi come un unicum. Il polo museale è oggi tra i primi dieci in Italia per numero di visitatori – lo scorso anno abbiamo avuto oltre 600.000 presenze, senza considerare quelle alle esposizioni temporanee – tramite il circuito di Palazzo Chiericati, Teatro Olimpico, Basilica Palladiana, Santa Corona, Museo del Risorgimento e Museo Naturalistico Archeologico, raccolti in un centinaio di metri.
Intorno a questo il Comune di Vicenza ha deciso di agire in assoluta ‘controtendenza’, investendo nel biennio 2016-2017 un milione di euro, ovvero quasi il 12% dei fondi derivanti dai mutui, sulla riapertura completa della Pinacoteca civica. Se pensiamo la media nazionale esser dello 0,2%, abbiamo il peso di quanto l’Amministrazione consideri essenziale il proprio patrimonio artistico.
L’obiettivo è quello di restituire a Palazzo Chiericati il ruolo di principale asse urbano, strategicamente immaginato da Andrea Palladio quale principali ingresso della città, prospettiva e focale dell’Isola affacciata sul porto fluviale, quella che oggi è piazza Matteotti. Palazzo Chiericati tornerà a essere la porta urbana di Vicenza e un moltiplicatore degli spazi urbani. La sua corte interna diverrà una piazza accessibile dai quattro punti cardinali, costituendosi quale nuovo spazio aggregativo. Tutto il piano terreno e i sotterranei del Palazzo saranno destinati alla città e alla cittadinanza, la quale potrà usufruirne in gran parte gratuitamente. Il piano ammezzato e quello nobile saranno invece dedicati all’esposizione permanente, con i depositi visitabili a richiesta. Inoltre, tutto il Palazzo sarà completamente percorribile dal pubblico, unico tra quelli palladiani a poter essere esperito nell’intera sua essenza, chiarendone anche la quotidianità di vita, a partire dai sotterranei che ospitavano le cucine, dispense, luoghi per la servitù, ecc.
Questa è la grande scommessa del Comune: puntare sulla cultura, sulla possibilità, attraverso il museo, di porre i cittadini al centro della vita sociale.
E tutto questo ha un riscontro immediato: ogni settimana giunge una proposta di donazione da parte di privati. In tale contesto si pone, ad esempio, la donazione di Alessandro Ghiotto, un medico che lo scorso agosto ha lasciato 121 opere assolutamente rappresentative del secondo Novecento italiano. Si è stimolata un’onda virtuosa, che restituisce il senso più vero del significato di museo civico.
 
 
Quindi l’attenzione è sulla ricaduta territoriale
Si sta provando a lavorare in un’ottica diversa, grazie allo stimolo e supporto costante dato dal sindaco Achille Variati. In consonanza con il vicesindaco Jacopo Bulgarini d’Elci e la dirigente Loretta Simoni si è strutturato un progetto la cui logica è quella di provare a fare mostre collegate al territorio. Una diversa via. Vicenza, oltre a essere la città con il maggior patrimonio mondiale dell’Unesco, è la capitale mondiale dell’oro, con la fiera ‘VicenzaOro’,la principale manifestazione di settore a livello mondiale. Il ragionamento portato avanti ha dunque coinvolto i musei, la grande tradizione dell’oreficeria e il contesto significativo della città.
Conseguentemente abbiamo ipotizzato una serie di mostre che narrasse questa specificità, tramite un progetto ideato da Massimiliano Capella, Vicenza Art of Style. Il cui esordio sarà in Basilica Palladiana con la mostra La bellezza indossata. I gioielli d’artista, dedicata al Novecento.
Negli anni successivi, dal 2017 al 2019, svilupperemo una serie di esposizioni che declineranno il tema della Bellezza indossata nella chiave del dialogo interdisciplinare, ricostruendo compiutamente i contesti sociali e artistici in cui operavano i grandi maestri fulcro delle diverse mostre. Metteremo così  focalizzare la produzione di ogni periodo considerato e il ruolo dell’artista, lavorando sul Barocco, il Cinquecento di Palladio e il Rinascimento veneto.
Il concept consiste nel mettere in luce un territorio attraverso una mostra, ponendone in rete le eccellenze, sul modello di quanto fatto con Palma e la Fondazione Creberg a Bergamo.
Un esempio è costituito dall’Associazione Illustri, formata da giovani vicentini, che ha creato un festival ad hoc incentrato su una serie di mostre – Illustri, Illustrissimo e Saranno Illustri – rispettivamente dedicate a giovani illustratori italiani di successo, a uno straniero e a undici talenti emergenti italiani. Il successo di pubblico è stato importante e ha fornito spunti per generare nuove ‘graphic novel’ legate ai musei, così da raccontare in modo originale il Teatro Olimpico, la Basilica Palladiana e Santa Corona. Da una mostra partita ‘dal basso’ si è generata una grande operazione che potrà germinare anche in altri luoghi. Il museo, quindi, quale contenitore ma anche incubatore.
 
 
Vicenza può essere anche modello esportabile?
L’approccio del sindaco Variati e di Bulgarini d’Elci è rimarchevole: dopo aver lavorato per un quinquennio sulle necessità strutturali della pubblica amministrazione mirano ora a dare alla città gli strumenti per crescere sempre più. E questo ha portato a un notevole investimento, consentendo la messa a regime di un processo virtuoso, aggregando gli imprenditori attorno a un luogo e così creando un volano per l’economia cittadina, insieme all’aiuto dei commercianti. Il fulcro della sfida è anche quello di mutare l’immagine della città all’esterno tramite un’operazione di branding territoriale che punti a coinvolgere ogni cittadino e generare a catena gli eventi, come nel caso citato dell’Associazione Illustri, offrendo un modello per scardinare l’ormai consolidata immagine di musei civici soffocati dall’endemica ‘mostrofilia’, la mera logica dell’evento aggravata dalla perdita del rapporto con il territorio, partendo dale scuole. In tal senso abbiamo messo in campo una serie di iniziative didattiche e attivato il sistema delle piazze, interna ed esterna a Palazzo Chieriati, con i ‘centri estivi’ in Pinacoteca, per riportare il museo nella quotidianità di ciascuno. La medesima logica ha guidato il recupero del sottotetto nell’allestimento della collezione del marchese Roi, restituendo la suggestione di ambienti familiari, così da esser fruibili da tutti.
Ed ancora, Bulgarini d’Elci ha chiesto ad Alessandro Baricco e alla Scuola Holden di immaginare un nuovo storytelling del Teatro Olimpico, reinventandone tanto i percorsi quanto lo store.
Infine si è ripensata la Basilica Palladiana: non solo contenitore di mostre ma luogo vitale tra piazza delle Erbe e piazza dei Signori con l’apertura della sua terrazza. Fornisco un dato: si è introdotta una piccola tariffa sull’ascensore che vi conduce e più di 100.000 persone sono salite a veder la città dall’alto, un dato notevole per una città con poco più di 110.000 abitanti. Ancora una volta i singoli cittadini si fanno portatori di un modello, che ogni città riesce a realizzare sulla base di quanto riesce ad aggregare. L’obbiettivo credo debba essere quello di stabilire relazioni a lungo termine con i visitatori, essere tanto luoghi di conservazione quanto stimolo per gli interessi culturali e l’educazione del cittadino.
 
 
Quale sinergia tra Comune e Fondazione?

Ciò che è eccezionale di Vicenza è la cultura della generosità, del desiderio di condivisione. Il marchese Giuseppe Roi creò la sua Fondazione a partire dagli anni ’90, con lo scopo di sostenere i musei civici e con una particolare sensibilità verso la progettualità proposta. Il progetto di inventariazione e dei cataloghi scientifici cui ho già fatto cenno fu finanziato completamente da lui, che nel 1999 mise ben 800 milioni di lire. Una cifra impressionante, seppur per un progetto quadriennale.
Oggi presidente della Fondazione Roi è Gianni Zonin e la Fondazione riveste un ruolo essenziale nel supportare i musei civici ma anche altre realtà, come Villa Valmarana ai Nani, di cui ha sostenuto la didattica compiendo il medesimo intervento per il museo Diocesano e Santa Corona. In Palazzo Chiericati ha costantemente affiancato il Comune in tutta l’operazione legata alla sua riapertura, soprattutto per la parte inerente le professionalità coinvolte e la gestione della quotidianità museale. Ciò ha consentito di dare continuità e serietà a una progettazione. La sinergia con il Comune caratterizzandosi quale un eccellente esempio di collaborazione pubblico – privato.
 
 
Quali altre partnership sono state di supporto all’operazione?
Accanto alla Fondazione Roi, partnership di conoscenza capillare del territorio, vi è un ente essenziale, quello che consente con la sua sensibilità e attenzione di salvaguardare l’intero patrimonio UNESCO cittadino: la Fondazione Cariverona. Oggi diverse fondazioni bancarie sono capitanate da strutture in parte incoscienti delle dinamiche territoriali. L’essere il presidente Zonin e i consiglieri di Fondazione Roi vicentini, legati da decenni di familiarità con la città, consente di avere uno sguardo consapevole sulle potenzialità insite nell’ambiente locale. Così è, tradizionalmente, per Fondazione Cariverona, la cui profonda anima veneta significa consapevolezza di una realtà ambientale e una visione di progettualità dei luoghi, consentendole di essere calibratissima nell’accompagnare e favorire le scelte civiche. Quanto sta avvenendo a Vicenza si deve all’azione di sindaco e vicesindaco e alla loro capacità di dialogo con la complessità di un sistema – in un momento storico in cui è necessario e doveroso trovare altre vie a quelle canoniche del sussidio dato dalle Fondazioni bancarie – ma, altresì, all’abilità di azione di queste fondazioni, all’insegna di un sistema virtuoso tra istituzioni, amministrazione e fondazione.
 
 
Le prossime sfide
Il 29 aprile la riapertura dell’ala novecentesca di Palazzo Chiericati con l’allestimento permanente delle collezioni di pittura, scultura e arti applicate dalla fine del ‘200 al tardo ‘500. Entro il principio del prossimo anno l’inaugurazione di tutto il piano nobile del museo, giungendo così alla fine dell’800, con un allestimento museologicamente orientato a narrare una grande storia. In sale ove le opere d’arte dialogheranno con mobili, oggetti, tessuti, giochi… Creando un luogo in cui si abbia voglia di trascorrere un pomeriggio a ogni età, con il senso di accoglienza di una casa, insegnando e dilettando attraverso il rapporto che l’oggetto instaura con il pubblico. La sfida più alta sarà coinvolgere non solo le scuole ma anche Vicenza e la sua provincia, affinché ognuno percepisca il museo come parte della propria quotidianità. L’ambizione è quella di generare un luogo di aggregazione con una precisa memoria e storia: poiché penso la mediazione culturale si possa fare raccontando la nostra cultura e le emozioni che può creare, favorendo così un dialogo che diviene prima integrazione e poi memoria e crescita futura.
 
 
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