Photographie de paysage
Parigi. Raramente il potere economico, nelle mani di pochi, è capace di generare frutti condivisi dai più, cioè beni comuni. Ma quando questo accade, il risultato può essere sorprendente e Calouste Sarkis Gulbenkian (1869-1955) ne è un esempio. Pioniere dell'industria petrolifera – nacque a Istanbul da un’illustre famiglia armena – per tutta la vita seguì la sua vocazione filantropica. Amante dell’arte in tutte le sue rappresentazioni, la collezione che Calouste Gulbenkian raccolse nei suoi 86 anni di vita, di inestimabile valore, ne rivela una conoscenza profonda e una sensibilità rara. Un patrimonio di eccezionale valore conservato e donato alla collettività grazie alla Fondazione Calouste Gulbenkian, fondata nel 1956 per volontà testamentaria di Calouste Gulbenkian nella città di Lisbona dove, dal 1942, trascorse gli ultimi anni della sua vita.
La Fondazione gestisce il Museo Gulbenkian e il CAM (Centro di Arte Moderna). Il Museo Gulbenkian ospita la collezione che Calouste Gulbenkian raccolse durante i suoi viaggi: più di 6.000 pezzi tra antichità egizie, arte islamica, orientale e arte occidentale, dal Medioevo al XIX secolo, mobili francesi del XVII e XVIII secolo, pittura fiamminga e italiana, dipinti impressionisti. Il CAM (Centro di Arte Moderna) ospita invece la più grande collezione di arte portoghese del XX secolo. La Fondazione sostiene progetti individuali e istituzionali nel campo delle arti visive e studi di arte, archeologia e patrimonio, danza, teatro e cinema fornendo borse di studio per la valorizzazione di giovani talenti. Ma l’impegno della Fondazione non si orienta solamente al campo delle arti visive, ma anche all’educazione, lavora per promuovere lo sviluppo dell'istruzione in Portogallo e partecipa ai dibattiti più importanti in materia di istruzione nel mondo, alla salute e allo sviluppo umano, lavora per l'umanizzazione dell'assistenza sanitaria e contro l'esclusione sociale, alla scienza, promuove la ricerca scientifica, alla musica, ha un’orchestra e un coro che si esibiscono regolarmente in Portogallo e all'estero, e all’organizzazione di cicli di conferenze e convegni internazionali sui vari campi del sapere. E soprattutto non è circoscritto al territorio portoghese. La fondazione, attraverso l’International Service, si occupa del sostegno a progetti di istituzioni internazionali e della promozione della cultura portoghese all'estero e si pone al servizio della comunità armena per fornire supporto tecnico e finanziario alla diaspora armena.
La Fondazione possiede inoltre due delegazioni, una a Parigi e l’altra in Gran Bretagna, responsabile di sovvenzioni per progetti artistici e culturali nel Regno Unito e Irlanda.
Ed è a Parigi che la Fondazione Calouste Gulbenkian presenta «Transformed Land / Terre Transformée» (fino al 16 Dicembre 2011) a cura di Sergio Mah, una mostra sulle recenti tendenze nel campo della fotografia, genericamente associata alla rappresentazione del paesaggio.
Nove artisti – Claudia Angelmaier, Tacita Dean, Joachim Koester, Filipa César, Geert Goiris, Jem Southam, Collier Schorr, Rachel Reupke e Benno Schlicht – analizzano scientificamente la realtà, il paesaggio attraverso la lente di un obiettivo, quasi a coglierne e valutarne gli aspetti topografici, storie e significati intrinseci al luogo. La fotografia, strumento d’eccellenza per la rappresentazione della realtà fino a che punto può trascendere l’empirismo dell’immagine impressa per evocare significati latenti? Come certi luoghi, pesantemente segnati da eventi del passato, possono risvegliare un'attenzione spaziale sui temi del mondo contemporaneo?
Queste sono domande che hanno guidato lo sviluppo dell'asse centrale attorno al quale si sviluppa la mostra. Da un approccio documentaristico della fotografia, gli artisti in mostra propongono un confronto critico con l’oggi, con le problematiche della contemporaneità, con i riferimenti spaziali e territoriali del mondo moderno. Il luogo fisico diventa luogo dell’immaginario, riflessivo e l’approccio naturalistico, da testimonianza documentaristica, lascia il passo alla fantasia, dove il paesaggio, in bilico tra descrizione topografica e allusione alle sue riflessioni politiche, sociali, storiche, ecologiche si rivela intimo e profondo.
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