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Patrimonio, innovazione sociale e multiculturalismo

  • Pubblicato il: 27/06/2014 - 10:03
Autore/i: 
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Cecilia Conti
Foto Mauro Agnesoni

Di quale struttura organizzativa intende dotarsi Siena per la governance della candidatura e del proprio programma?
«Pensiamo ad un ideale consiglio di fondazione di 5 componenti, con al massimo un membro indicato dalle autorità politiche e amministrative (Comune e Regione), e due consiglieri stranieri con ampia esperienza delle capitali e delle loro problematiche. Vogliamo creare un modello di governance, che minimizzi le possibilità di condizionamento politico e garantisca la profonda connessione con gli obiettivi e le strategie di lungo termine della Commissione Europea.»

Pubblico e privato, locale e internazionale. Quale è la vostra strategia di sostenibilità per
garantire al programma mezzi finanziari certi e adeguati?
«Partiamo da un’importante decisione di bilancio presa della Regione Toscana, che ha stanziato  40 milioni di euro, pari a circa il 50% del budget del progetto di candidatura per quanto riguarda le spese operative. Parteciperanno anche i Comuni e la Provincia. L’aspetto decisivo sarà la strategia di collaborazione, che abbiamo avviato con imprese private locali e internazionali, perché pensiamo che il territorio senese abbia una grande capacità di attrazione di investimenti. Attraverso questa progettualità pensiamo di portare investimenti importanti su Siena, come accaduto con altre ECoC, ad esempio Mons, che sono riuscite a diventare una digital valley a livello internazionale.»

Il coinvolgimento dei cittadini è insieme alla “dimensione europea” il criterio principale su
cui viene giudicato il progetto di candidatura e un fattore strategico su cui si gioca il successo del programma, anche in termini di effetti nel lungo periodo. Cosa propone Siena?
«Il progetto di coinvolgimento della cittadinanza cerca di rifuggire qualsiasi retorica e spettacolarizzazione della partecipazione, che riteniamo debba essere una possibilità per i cittadini di sentirsi parte di un processo e non numeri in eventi di mobilitazione di massa, che servono a creare consenso in modo strumentale. Il nostro lavoro, soprattutto all’inizio, è stato quello di procedere con incontri faccia a faccia, con tutte le forze locali, in particolare con operatori culturali, da cui abbiamo ottenuto indicazioni su temi e struttura da presentare. Sono seguiti incontri pubblici di ulteriore disseminazione e momenti di approfondimento su temi e progetti. Ora abbiamo creato tavoli tematici di partecipazione progettuale, con tutti gli interessati. Questa fase, la  più delicata,  prelude a quello che noi, se vinciamo, vogliamo diventi l’aspetto più qualificante della nostra strategia: un grande progetto di community learning che idealmente coinvolgerà tutti i cittadini che vorranno farne parte. Il progetto è realizzato in partnership con la Fondazione Cittadellarte e Michelangelo Pistoletto, che sarà il vero e proprio architetto di questo processo, partendo dal concetto di trasformazione sociale responsabile, che è al centro della loro azione.»

Non basta essere una città «conosciuta» a livello europeo. Le Capitali Europee della Cultura devono mostrare le diversità culturali, avvicinare i cittadini e aprire nuove opportunità di collaborazione a livello internazionale. Come viene sviluppata la dimensione europea all’interno del programma? Quali i possibili rapporti con la ECoC della Bulgaria?
«Lavoriamo sulla diversità culturale europea come una risorsa e, in particolare, questo significa per noi costruire delle partnership tematiche che mettano insieme i principali serbatoi di competenze e talento europei su temi specifici, per esempio patrimonio digitale, coesione sociale, dialogo interculturale, rapporto cultura e salute, solo per fare alcuni esempi.
Stiamo lavorando in estrema profondità. Facciamo una missione alla settimana in un diverso paese per incontrare partner, per condividere con loro progettualità, per avere da loro non semplicemente una visione, ma una compartecipazione ai progetti. Questo porta alla creazione di una vera e propria community progettuale attraverso l’Europa, uno spazio comune in cui scambiare idee e buone pratiche, che può generare ulteriori sviluppi, non solo intorno al progetto di Siena, ma più in generale reti tematiche tra i soggetti coinvolti.
Abbiamo un rapporto intenso e diretto con tutte le città finaliste della Bulgaria, non con accordi generici, ma con un approccio pragmatico su pochi singoli progetti che possono essere portati a termine. Qualora Siena fosse designata, inizieremo immediatamente un lavoro di coprogettazione con le città bulgare su temi condivisi, con specifici obiettivi e precise scadenze. Una road map condivisa per arrivare alla coproduzione in tempi veloci.»

Quali sono i temi e i principali orientamenti del progetto culturale?
«Sono tre i temi principali: il rapporto tra cultura e salute, cultura e giustizia sociale, cultura e smart city. Pensiamo che queste siano tre aree di innovazione sociale tra le più importanti per le città di patrimonio di dimensioni medio-piccole, come è appunto Siena e tante altre città europee che hanno avuto o avranno il titolo di ECoC.
Il programma si compone di soli dieci progetti flagship, ognuno dei quali ha un’articolazione interna abbastanza complessa e  si concentra su una tematica d’innovazione sociale precisa con riferimento alle tre aree sopra menzionate.
In particolare, il progetto Leonardo500 punta ad un’innovazione sociale radicale, partendo dalla scadenza importantissima del cinquecentenario della morte di Leonardo, che cade appunto nel 2019. E’ un progetto di innovazione trasversale che ha a che fare con l’essenza stessa del processo creativo. In questo senso vogliamo ribaltare radicalmente l’idea di Leonardo come genio che partorisce spontaneamente idee e vogliamo mostrare, come fa la stessa biografia di Leonardo, che l’innovazione radicale è fatta di tentativi ed errori. L’errore diventa uno dei temi centrali del nostro progetto, legato proprio all’innovazione radicale. Se non si consente ai giovani ricercatori e sperimentatori italiani di sbagliare non si potrà innovare. Il progetto Leonardo500 vuole proprio toccare questo tema e legarsi all’idea che il nostro stesso patrimonio è stato costruito con questo atteggiamento, con questa capacità di esplorare direzioni nuove, prendendosi il coraggio di sbagliare e aprendo spazi e dimensioni di cui tutti noi siamo orgogliosi. Riscoprire il senso dell’innovazione del patrimonio attraverso una figura come quella di Leonardo.

Rapporto cultura e salute, ovvero il «pronto soccorso culturale». Inviteremo cittadini e visitatori di servirsi di questo spazio per avere prescrizioni culturali, partendo dai protocolli che si vanno definendo oggi sull’esperienza clinica dell’intervento di esperienze culturali all’interno di prevenzione e terapia di tutta una serie di patologie. Questo rende i cittadini non soltanto protagonisti attivi di un processo culturale, ma attori che mettono in scena una serie di esperienze e attività all’interno di un percorso di benessere e di cura.
L’esperienza è già fatta da Turku, la Capitale Europea della Cultura finlandese del 2011, nostro partner in questo progetto, per proseguire il loro esperimento denominato proprio «prescrizioni culturali».

Tra i progetti nel campo della giustizia sociale, con «ParaSite»ad esempio,  terremo un grande laboratorio nel quale coinvolgeremo alcune delle principali scuole europee di design e architettura per ridisegnare e riprogettare la città, adottando soluzione innovative, rapide e poco costose per l’accessibilità, trasformando questa in una grande scultura urbana e anche in una vera e propria performance, che porterà i cittadini a diventare a tutti gli effetti co-creatori di una nuova città accessibile attraverso cultura e design.

Punteremo anche sul turismo intelligente. Uno dei progetti che ci sta più a cuore si chiama «Tuscany in your bathroom». Ilprogetto mira a rovesciare completamente gli stereotipi comunicativi e di identità su come viene oggi considerato il territorio toscano e la sua bellezza. Una piattaforma digitale stravolgerà l’immaginario e i codici estetici con l’aiuto di tutti i cittadini europei interessati, che potranno lavorare su forme molto sofisticate e divertenti di manipolazione dell’immagine, che poi torneranno nello spazio fisico e creeranno una specie di «non campagna comunicativa». Invaderemo gli spazi di tutta Europa con immagini della Toscana per così dire «mutate».
Sono tutti progetti in cui la componente dell’innovazione è molto importante. Non è solo innovazione tecnologica, ma soprattutto innovazione sociale.

Il nostro programma funziona per temi e per progetti trasversali e non per settori di attività. Sarebbe limitante e si perderebbero le sinergie più interessanti, che nascono dal dialogo tra settori molto diversi.»

Quali sono i principali progetti infrastrutturali a cui la città intende dare vita (nuove opere, riqualificazione e interventi di conservazione e valorizzazione)?
«Per noi molto importante è migliorare l’accessibilità, quindi i principali progetti su cui puntiamo riguardano i collegamenti ferroviari e automobilistici e, in particolare, la riduzione dei tempi di percorrenza con i due aeroporti di riferimento - Firenze e Pisa -, anche se abbiamo parti della provincia che gravitano sull’aeroporto di Perugia, ma anche su Roma.»

Il progetto di candidatura prevede interventi di rigenerazione urbana in aree specifiche della città?
«Non vogliamo lavorare sulla costruzione di nuovi contenitori culturali, ma riconvertire ciò che già esiste, a partire da Santa Maria della Scala e dalla grande quantità di spazi di altissimo pregio. Il nostro programma si concentrerà molto sulla progettazione architettonica,  intesa come recupero e rimessa in funzione degli spazi, piuttosto che sulla creazione di nuovi.»

Quale è la vostra strategia di comunicazione?
«Abbiamo scelto di non acquistare pagine per pubblicizzare la nostra candidatura e per ora non abbiamo cercato grande esposizione sui media nazionali. Ci siamo concentrati soprattutto sul locale perché crediamo che in questa fase la cittadinanza debba ritrovare entusiasmo e fiducia in se stessa. In questo periodo Siena è stata bersagliata dall’attenzione dei media a causa delle vicende dei Monte dei Paschi. Per questo, abbiamo preferito non bruciare quello che crediamo sia un messaggio molto forte, ovvero una città, messa in ginocchio dalla finanza, che rinasce attraverso la cultura. Inizieremo ora la nostra strategia di comunicazione a livello nazionale, lavoreremo molto sui social media e in generale sulla comunicazione virale attraverso azioni divertenti e innovative che nei prossimi mesi metteremo in campo gradualmente, in modo da raggiungere un’intensità crescente, che toccherà il suo picco immediatamente prima della fase finale del processo di candidatura.»

Quali sono gli effetti di lungo periodo che il progetto auspica di generare a seguito dell’anno dedicato alla manifestazione?
«Tra gli effetti di lungo termine che cerchiamo c’è quello di una città che vede rinascere la sua economia locale, partendo dalla produzione culturale e creativa e dal turismo a più lunga permanenza media. Al momento i dati danno 8 milioni di turisti e 500mila pernottamenti. Sicuramente siamo di fronte ad una situazione che ha ampi margini di miglioramento. Siamo interessati all’aumento del flusso turistico, ma soprattutto a migliorare la capacità di trattenere il turismo, dando vita a forme più lente e approfondite di esperienza della città.

Un altro obiettivo è per noi portare dentro Siena la cultura del contemporaneo, in modo più radicale di quanto avvenga oggi. Siena è una città bellissima dalla grandissima identità culturale, ma nella quale i segni del contemporaneo sono ancora poco visibili. Questo significa non tanto trasformare fisicamente la città, ma rendere visibili tutti gli aspetti della cultura contemporanea che sono oggi presenti, che fanno fatica ad essere percepiti e quindi ad attrarre ulteriori talenti creativi da tutta Europa.

Il terzo elemento è proprio quello della dimensione europea. Vorremmo che Siena si vivesse e sentisse una città europea. Per tanto tempo ha vissuto una specie di dorato e autoreferenziale isolamento. E’ ora che torni, come ha fatto in altre fasi della sua storia, a questa dimensione europea, sviluppando una nuova classe dirigente che sappia fissare le strategie della città avendo in mente anche l’agenda dell’Europa e non solo quella locale. A lungo termine ci aspettiamo una città profondamente trasformata nella sua capacità di scambio economico, intellettuale e anche culturale con l’Europa.
L’ultimo tema è quello dell’attrazione degli investimenti. Dobbiamo fare di Siena un polo di attrazione di investimenti per lo sviluppo di forme innovative di industria culturale e  creativa.
Se vinceremo il titolo inizieremo a lavorare dal giorno dopo. Fin da ora vogliamo mostrare alla giuria che cosa accadrà concretamente se sarà Siena la Capitale della Cultura Europea 2019.»

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