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Non esiste un solo «pubblico» e un solo «privato»

  • Pubblicato il: 15/11/2013 - 15:44
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Pietro Petraroia

Caro Giornale delle Fondazioni,
grazie dell’invito ad esprimere un pensiero su queste pagine. Devo però dirti che non sono più disposto a discettare sul rapporto pubblico - privato come se esistesse un solo pubblico ed un solo privato. Non significa nulla né sul piano giuridico, né su quello economico o su quello culturale, spero lo si ammetta una volta per tutte. Un parroco è un privato; e così una fondazione bancaria, un salumiere, un ragazzo che va a scuola, un imprenditore che partecipa a una gara d’appalto o un altro che fa il mecenate o il filantropo, un operaio…
Forse è meglio riscoprirsi cittadini prima che privati e rileggersi bene l’articolo 4 della Costituzione, secondo comma: «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Senza la profonda percezione del valore di questo precetto nessun futuro può essere garantito alla cura della nostra eredità culturale (come recita la Convenzione di Faro), nessun vincolo funziona davvero se la comunità che ne è toccata nel proprio territorio non lo riconosce come difesa del proprio benessere e tenta invece di aggirarlo.
Il riconoscimento di valore del patrimonio culturale da parte delle comunità è insomma questione centrale, fondativa del rapporto fra cittadini e istituzioni, come ha insegnato Hugues de Varine: occuparsene è forse la prima componente della mission di una fondazione.
Pertanto, l’erogazione di contributi da parte delle fondazioni sarà tanto più efficace, quanto più gli interventi finanziati aiuteranno la crescita di questa consapevolezza nelle comunità; e, sul piano amministrativo e gestionale, ciò significa correlare ogni volta che sia possibile i contributi alla valutazione preventiva e al monitoraggio delle ricadute di medio-lungo periodo nella vita della comunità destinataria e nello sviluppo del capitale territoriale. A questo soprattutto dovrebbero servire, nel caso del patrimonio culturale, quelle procedure di cofinanziamento pubblico e privato che Carlo Azeglio Ciampi rilanciò nel 1986 sotto il nome di programmazione negoziata. A ciò dovrebbero essere destinati la maggioranza dei finanziamenti pubblici, a partire da quelli del MiBACT e delle Regioni.
La vera collaborazione fra istituzioni e soggetti privati di ogni genere per la salvaguardia e la valorizzazione dell’eredità culturale dovrebbe estrinsecarsi dunque nella crescita di capacità di sviluppare progetti di coesione e sviluppo, garantiti sul territorio da coalizioni di attori competenti e appassionati, capaci di dare continuità alle azioni non solo con i soldi, ma con l’impegno costante per il «progresso materiale o spirituale della società», come dice la Costituzione, in coerenza con l’impegno di persone come Umberto Zanotti Bianco (di cui ricorre il cinquantesimo della scomparsa); o come fa oggi, in molti casi, la Fondazione per il Sud, fra le altre.
A questa cooperazione sembra mirare anche il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, almeno all’art. 111. Ma tutto ciò esige un soggetto statale affidabile e solido, rispettato e funzionante: esige dunque un rilancio del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo. Quale tipo di rilancio?
Il MiBACT ora di tutto ha bisogno meno che di uno sconquasso organizzativo e di modifiche al Codice dei Beni culturali e del Paesaggio: operazioni, credo, inutili e costose, anche se possono dar l’impressione di generare risparmi. Ben altre - e altrimenti concrete - sono le priorità. Provo a dirle.
1) Il Ministero deve rafforzare la sua autorevolezza per mezzo di:
a. arricchimento delle dotazioni di personale scientifico altamente qualificato; non taglio dei dirigenti tecnici, ma selezioni vere a tutti i livelli, sulla base della verifica dell’effettivo e documentato possesso di competenze (inqualificabile fu, alcuni anni or sono, l’inquadramento come restauratori di dipendenti privi di esperienza e formazione);
b. capacità di capitalizzare e sistematizzare competenze e saperi sviluppati in materia di conservazione e museografia, organizzandoli e disseminandoli in modo organico, trasferendoli in disciplinari / regolamenti e indirizzi tecnici, che siano resi noti non soltanto agli addetti ai lavori ma a tutti i cittadini (in adempimento al Codice BCP, art. 29 comma 5): infatti, in assenza di norme tecniche adeguatamente pubblicate, la programmazione degli interventi, la gestione delle autorizzazioni e la direzione dei lavori da parte dei funzionari sono spesso percepite (del tutto a torto, o a ragione) come troppo autoreferenziali e discrezionali, talvolta arbitrarie, comunque imprevedibili e ostative di una buona cooperazione pubblico-privato.

2) Strutturare ed orientare il raccordo / confronto con le singole Regioni sulla valorizzazione e sulla tutela, focalizzando su questo il ruolo delle Direzioni regionali (invece di abolirle) a partire da:
a. emanazione del decreto previsto dal Codice BCP, art. 114, in materia di livelli minimi di qualità della valorizzazione, sulla base di intesa in Conferenza Unificata
b. riattivazione e aggiornamento dell’Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici per la gestione dei musei del 2001
c. emanazione, sulla base di intesa in Conferenza unificata, di schemi-base dei contratti di servizio per la gestione dei beni culturali pubblici (cfr. Codice BCP, art. 115, comma 3)
d. rilancio degli strumenti di programmazione negoziata per gli interventi di cui agli artt. 6 e 111 del Codice BCP
e. azioni condivise per la tutela e la salvaguardia dei beni librari e delle biblioteche storiche pubbliche e private, indipendentemente dall’appartenenza dei beni
f. miglioramento del raccordo fra pianificazione urbanistica e tutela paesaggistica, attività che richiede nel MiBACT una capacità di interlocuzione di livello territoriale regionale, che valorizzi e componga gli apporti delle singole Soprintendenze cointeressate per materia e territorio
g. rilanciare ed implementare lo sviluppo dei poli territoriali della Carta del rischio del Patrimonio Culturale, anche quale supporto alla pianificazione urbanistica e alla programmazione di interventi di conservazione preventiva su scala territoriale
h. promuovere la sistematizzazione e la pubblicazione sollecita delle risultanze di scavo e ricognizione derivanti da azioni di “archeologia preventiva”, quale essenziale strumento di supporto ad una pianificazione degli usi del territorio coerenti con gli imprescindibili obiettivi di tutela

3) Incrementare ed ottimizzare le dotazioni di risorse complessivamente destinate al patrimonio ed alle attività culturali mediante:
a. attivazione, sulla base di intesa in Conferenza unificata, di un fondo di rotazione per il sostegno alla progettualità (già proposto da Federculture): potrebbe essere costituito da risorse condivise, recuperabili anche con accordi Stato-Regione nella logica e con la metodologia della programmazione negoziata; servirebbe anche a migliorare le performaces di accesso a finanziamenti UE
b. attivazione del fondo proposto da Italia Nostra
c. attivazione di misure di agevolazione fiscale coerenti con il Codice BCP, art. 111, ultimo comma, e l’art. 120
d. valorizzazione delle risorse derivanti dai beni sequestrati a soggetti dediti alla malavita organizzata
e. attivazione di sistemi di incentivi plurimateria, vantaggiosi per la salvaguardia del territorio ed in specie del patrimonio culturale (paesaggio e beni culturali), seguendo lo spunto dato dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco (cfr. Corriere della Sera, 8 luglio 2012)
f. soppressione progressiva - e nuova destinazione alle politiche culturali - dei fondi di incentivazione di quegli interventi che, apparentemente connessi alla promozione di energie rinnovabili, in realtà provocano danni ambientali e paesaggistici ingenti, non tollerabili neppure se vi fossero effettivi vantaggi in termini di economia dell’energia, quali gli impianti di torri eoliche

4) Migliorare l’organizzazione delle dotazioni di personale
a. regolamentando ed attivando progressivamente l’inserimento, accanto agli addetti alla vigilanza (dei quali va qualificato diversamente il ruolo), di volontari e di vigilanti finanziabili da soggetti esterni all’Amministrazione statale, purché in presenza di affidabili procedure fondate su un adeguato security assessment integrato;
b. selezionando la dirigenza con responsabilità di tutela sulla base di prerequisiti coerenti con le responsabilità e le funzioni tecnico-scientifiche da assicurare
c. risolvendo i conflitti e le sovrapposizioni di competenze e procedure fra Direzioni regionali e Direzioni centrali
Spero che le fondazioni possano confrontarsi a fondo e con concretezza su questi temi.

Pietro Petraroia è vicepresidente di Italia Nostra Onlus, associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della nazione.