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Nel nome del padre

  • Pubblicato il: 24/05/2013 - 09:23
Autore/i: 
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Ilaria Oliva
Gordon Matta-Clark_Untitled (energy tree)

Venezia. Sono tre, sono diversi come il giorno e la notte, sono nati e vissuti in epoche diverse ma sono uniti, oltre che da un dna comune, da un filo conduttore unico: l’arte, che si esplicita in differenti modalità e forme in ciascuno di essi, rendendone peculiari le caratteristiche singole.
Sebastian Matta (Santiago del Cile, 1911 - Civitavecchia 2002) il padre, Gordon Matta-Clark (New York 1943 – 1978) uno dei figli, Pablo Echaurren (Roma, 1951) l’altro figlio: un tris d’assi eccezionale, la cui opera viene ripercorsa in una mostra curata da Danilo Eccher alla Fondazione Querini Stampalia in una Venezia overbooked causa Biennale.
Una figura imponente, quella del capostipite: considerato l’ultimo dei surrealisti, nel 1971 citato tra i dieci artisti più importanti del mondo, Sebastian Matta ha avuto un ruolo di raccordo anche con l’espressionismo astratto americano e il nascente astrattismo italiano. Le sue figure antropomorfe luminescenti ben interpretano, pur se a livello subliminale e onirico, il mondo in fase di gran cambiamento del secolo passato e continuano ad esercitare il loro fascino sottile anche oggi. Sono le cosiddette «morfologie psicologiche», in cui adotta la tecnica dell’automatismo che non abbandonerà mai: le macchie di colore steso sulla tela indirizzano il tracciato del pennello, le forme, la costruzione.
Personaggio poliedrico, camaleontico e in preda ad un continuo nomadismo onnicomprensivo, queste caratteristiche hanno avuto ripercussioni anche sulla sua vita personale: nel corso della sua lunga esistenza ha avuto sei figli con quattro mogli, case in vari angoli del pianeta, parlava tante lingue in una macedonia di vocaboli.
Non stupisce che i figli ne abbiano ereditato la vocazione artistica né tantomeno che abbiano comunque cercato una propria modalità alternativa per esprimerla.
È stato così per Gordon Matta-Clarck, anch’egli, come il padre, con un background di studi di architettura, che ha poi interpretato soprattutto attraverso la fotografia questa sua passione: famosi i suoi «Splitting», del 1974, una serie di immagini di un edificio diviso in parti tagliate, che richiama nettamente l’idea di un equilibrio precario, di un procedere barcollando lungo i territori di una realtà sempre più incerta. «L’architettura diventa un pretesto filosofico per raccontare dell’uomo, della sua incertezza, dei suoi quesiti, delle sue conquiste, delle sue sconfitte» (Eccher); dall’individuo alla società in bilico il passo è breve. Infatti il cutting è stato da lui utilizzato su qualunque supporto, perfino su quello verbale: dissezionando edifici e parole ha ricostruito e reinterpretato la realtà a suo piacimento.
Ancora diversa è la modalità di individuazione percorsa da Pablo Echaurren: il disegno diventa pittura, in miniatura in molti casi, ma ripetuta all’infinito. Si intrecciano basi del mondo del fumetto, della street art in dialogo con le grandi correnti artistiche del secolo scorso, il futurismo in particolare, sua grande passione. In queste immagini pop-tribali da manifesto pubblicitario entra un mondo, quello contemporaneo con le sue ossessioni, le sue cattiverie, i suoi drammi politico-sociali. Eppure il colore riesce a dare a tutto un’impressione più giocosa e gioiosa di quello che è il reale contenuto di questi lavori.
A pensarli così si direbbe che siano tre mondi totalmente paralleli.
Poi però prendi a fissare un disegno di Matta padre e vi ritrovi la stessa tensione scompositiva del figlio maggiore e la stessa forza moltiplicatrice del figlio minore: scomporre, dividere e moltiplicare.
Sicuramente la tensione sociale e utopistica sono alla base dell’opera di tutti e tre gli artisti, ma a guardarli vicini non resta ombra di dubbio sul gene artistico in comune: l’energia, che implode ed esplode, attraverso la luce ed il colore.
Sarà un lavoro interessante questo di Danilo Eccher, rintracciare e far emergere su circa 80 lavori, i punti di contatto in mondi così apparentemente distinti: una matrice illusionistica, l’altra di pulizia formale, l’altra ancora pop.
La mostra, «MATTA: Roberto Sebastian MATTA – Gordon MATTA-CLARK – Pablo ECHAURREN» organizzata e prodotta dalla Galleria d'Arte Maggiore – G.A.M. di Bologna inaugura il 28 maggio e resterà aperta fino al 18 agosto.

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