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Manzoni: Zero e a capo

  • Pubblicato il: 05/07/2013 - 10:23
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Guglielmo Gigliotti
Martin Engler. Foto © Norbert Miguletz

Francoforte. Il 13 luglio di quest’anno Piero Manzoni avrebbe compiuto 80 anni, ma è riuscito a viverne meno di 30. L’anniversario è celebrato con una mostra antologica di un centinaio lavori del grande e sfortunato artista (1933-63) allo Städel Museum fino al 22 settembre. Svariate tipologie di «Achrome», «Linee», «Corpi d’aria», «Fiato», «Merda d’artista» e «Base magica» sono state selezionate dal curatore della mostra, e direttore della Collezione d’arte contemporanea del museo, Martin Engler, assieme alla Fondazione Piero Manzoni di Milano, e riunite sotto il titolo «Piero Manzoni.

Martin Engler, qual è il maggiore contributo di Manzoni al «corpo» dell’«arte» europea?
È l’entrata del dipinto nello spazio come rivendicazione del suo status di oggetto, ciò che comportò anche il passaggio dall’oggetto alla realtà della corporeità. E non si trattò solo, come un decennio prima in Pollock, del gesto inteso come trascrizione della psiche, ma del tracciato fsico del ciclo metabolico dell’artista. Il mito del genio termina, dopo la digestione, nell’escremento racchiuso in una scatoletta, e il respiro si fa «Fiato d’artista», in analogia all’antica concezione dello pneuma divino.

Manzoni fu quindi un apripista. Con chi condivise questa «missione»?
Manzoni è senza dubbio, assieme ai minimalisti americani e agli artisti del Gruppo Zero in Germania e dei Nouveaux Réalistes in Francia, il principale apripista della nostra arte contemporanea, quella che sorge negli anni Sessanta. Diede impulsi fondamentali alla pratica della performance, della Body art, della Land art e dell’Arte concettuale. Questa mostra mette in evidenza anche l’affascinante ambivalenza presente nel neoavanguardista italiano tra modernità e postmodernità.

Come si sviluppò il rapporto tra Manzoni e il Gruppo Zero di Düsseldorf?
Il provocatore Manzoni fu uno dei nodi centrali della rete europea del Gruppo Zero, essendo unito da stretta amicizia con i suoi contemporanei di Düsseldorf, Amsterdam, Parigi e Copenaghen. Una rete resa vitale dalle tante mostre e dai tanti viaggi. Il suo contributo maggiore ed estremo fu il principio, tanto caro agli artisti del Gruppo Zero, della monocromia, anche nelle forme provocatorie della presentazione di galline bianche vive, che progettò di far razzolare durante una mostra ad Amsterdam, in sostituzione della «Merda d’artista», rifiutata dai colleghi del Gruppo Zero.


da Il Giornale dell'Arte numero 333, luglio 2013