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La Venaria Reale compie otto anni: un traguardo che consolida i suoi primati e la proietta verso un futuro di internazionalizzazione

  • Pubblicato il: 14/10/2015 - 22:34
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Andrea Archinà

Aperta al pubblico con un rinnovato splendore dopo dieci anni di restauro, La Reggia di Venaria, con i suoi 700 mila visitatori, è oggi è fra i cinque siti culturali più visitati d’Italia. Un esempio di come anche in tempi di crisi, nell’ambito dei beni culturali, si possano realizzare modelli virtuosi che mettano d’accordo economia e bellezza. Un sito oggi pronto ad aprirsi al territorio e all’Europa diventando il perno fondamentale del nascente Circuito delle Residenze sabaude e di una serie di partnership internazionali.
Ne parliamo con il dott. Mario Turetta, dirigente generale del Mibact alternatosi negli ultimi dieci anni tra la direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici del Piemonte e della Lombardia. Da gennaio 2015 è succeduto ad Alberto Vanelli alla Direzione del Consorzio di valorizzazione culturale “La Venaria Reale” a cui, oltre al Ministero, partecipano Regione Piemonte e Comune di Venaria, Compagnia di San Paolo e Fondazione 1563 per l’arte e la cultura .

 
 
 
Il suo passaggio da direttore regionale che aveva appena inaugurato il Polo Reale a direttore del Consorzio della Venaria potrebbe essere un po’ considerato un cambiamento dal generale al particolare.A parte la caratura del curriculum, che giustamente è stato considerato in questa scelta, quali esperienze personali ritiene potranno fare la differenza nella futura attività della Reggia?
L’essere stato Direttore Regionale, figura peraltro innovativa in quanto istituita dieci anni fa, ha sicuramente giovato in termini di perfezionamento di competenze e visione di insieme del sistema di gestione dei beni culturali. Del resto quest’ultima è realtà in rapida e continua evoluzione che impone tempi e modalità più semplici ed efficaci. Avere una visione trasversale, che esula solo dal particolare, è fondamentale perchè consente di avere nel proprio knowhow una capacità molto sviluppata di confronto e analisi di contesto.
Il consorzio de “La Venaria Reale” se vogliamo è la sintesi di tutto questo ed insiste su un territorio, quello piemontese, altrettato straordinario, in cui da sempre si sperimentano forme di gestione innovative.
Non dimentichiamo che il Consorzio è affiancato dalla Fondazione per il centro di Conservazione e Resturo e che qui è nata anche la Fondazione Museo Egizio. Si tratta delle prime esperienze di valorizzazione partecipata in cui il ministero è presente in prima persona.
Una realtà che ho cercato di portare avanti come direttore regionale creando le condizioni e le politiche di sviluppo e che oggi mi ritrovo a sperimentarle in forma diretta.
 
 
La forma del consorzio trova il proprio fondamento negli artt. 112-115 del Codice dei Beni culturali, ma nella pratica non è molto diffusa.
Quali sono stati i passaggi per la sua costituzione e come lo strumento è stato funzionale al raggiungimento degli obiettivi individuati nella fase di avvio?

La formula vincente del modello consorzio sta nell’identificazione di un progetto preciso che però deve essere necessariamente condiviso. In questo caso non si è costituita una fondazione perché la Reggia non esisteva, era un manufatto abbandonato su cui sono state investiti oltre 200 milioni di Euro per riportarlo in auge. Fondamentale il contributo di enti locali e fondazioni, soggetti il cui apporto si è rivelato indispensabile. Senza un partenariato così forte non si sarebbero potute creare la dimensione economica e culturale di un modello pubblico-privato che avviasse un percorso comune di responsabilizzazione e coinvolgimento del territorio. Il consorzio ha garantito proprio questo: ha consentito a soggetti di natura diversa di mettersi intorno ad un tavolo per riscrivere il destino di un luogo dal potenziale straordinario, ma lo ha fatto garantendo a ciascuno il mantenimento della propria identità. L’importante era che le modalità di funzionamento fossero snelle, seppur dotate di opportune garanzie assicurate dalle competenze dei singoli organi: il presidente, il direttore, il consiglio di amministrazione, il collegio di revisione dei conti.
 
 
Già da tempo è stata rilanciata la sfida di un circuito delle Residenze sabaude, ma ora i tempi sembrano essere davvero maturi perchè si realizzi un progetto a lungo accarezzato. Anche in questo la continuità dei ruoli ricoperti giova in termini di fattività concreta. Quali le prossime mosse?
Ho proposto il progetto di valorizzazione delle residenze sabaude, che a partire dalla Venaria si estenda progressivamente alle ventidue individuate quali sito Unesco nel 1999. Oggi ragioniamo su Villa della Regina, il Polo Reale, Racconigi, Palazzo Carignano, Stupinigi, Agliè. Lo definirei un viaggio di ritorno dal particolare al generale, un’apertura verso un territorio più esteso.
E’ stato elaborato un protocollo di intesa, peraltro già firmato da Regione e Ministero, su cui questo mese troveremo l'adesione della città di Torino e Compagnia di San Paolo, che al centro non ha la gestione delle residenze, peraltro in capo a soggetti diversi, quanto l’elaborazione di un brand che sviluppi un’identità, la percezione che esista un sistema unico da presentare al Mondo. Si sa, uniti si è più forti. Lo ha dimostrato bene il processo che ha portato alla costituzione del Polo Reale, occasione unica per la città di Torino che oggi è riconosciuto come museo d'interesse nazionale e che necessariamente giocherà un ruolo importante nel circuito. In un periodo in cui le risorse pubbliche sono sempre più limitate, per poter offrire una programmazione culturale che non sia concorrenziale, ma coordinata, le parole chiave dovranno essere percezione, comunicazione, marketing, servizi comuni e soprattutto condivisione di competenze e best practices.
 
 
In questo senso quali pensa siano i punti di forza e le difficoltà?
Non bisogna illudersi. Ci vuole volontà di finalizzare il progetto, trovare risorse e affrontare realmente i problemi legati alla fruizione dei beni: manutenzione, personale, servizi aggiuntivi e soprattutto la comunicazione integrata. In questa direzione il circuito non sarà soggetto agente in prima persona, ma facilitatore attraverso il coinvolgimento di tecnici e conseguente redazione di linee guida da adottare da parte dei singoli. Il tutto con il fine di far emergere lo storico già consolidato, ricontestualizzandolo anche alla luce delle innovazioni apportate nel resto del Mondo.
 
 
E rispetto al sistema di offerta regionale?
Sono arrivato in Piemonte nel 2004 dopo un'esperienza che parte dal 2001 con una visione di carattere italiano ed europeo. In quel momento tutti lavoravano ad un obiettivo alto che erano le Olimpiadi invernali. Si era costituito un tavolo di coordinamento tra assessorati, fondazioni e organizzatori per cui, a fronte di una grande sfida. C'è stata la capacità delle singole istituzioni di abbandonare la propria casacca per guardare ad un obiettivo più alto. Ci si è messi in gioco, si è lavorato a un programma comune in modo sinergico e collaborativo, che fu definito il programma culturale migliore di tutte le Olimpiadi fatte fino a quel momento. Non posso non riconoscere che all’epoca ci fossero risorse di altra entità, ma non possiamo esimerci dal continuare a porci obiettivi importanti e cercare di creare le condizioni per raggiungerli. Le crisi economiche possono diventare anche opportunità, ma solo nel momento in cui si condivide il progetto.
 
 
In questo senso il sistema Torino città metropolitana ha iniziato a ragionare come spazio integrato recuperando sinergie con territori più ampi. Sta dialogando con l'altro polo importante delle Langhe in un'ottica di promozione integrata della destinazione Piemonte. Si tratta di un processo di conversione verso una posizione forse mai considerata prima. Come vede il posizionamento di questa proposta nel contesto europeo odierno?

Nella promozione turistica di un territorio è fondamentale uno sguardo trasversale alle risorse che lo rendono vivo: le bellezze architettoniche e paesaggistiche, la cultura immateriale, il buon cibo e il buon bere, il tessuto associativo. Si tratta di un mix dal grande potenziale comunicativo e di coinvolgimento di flussi turistici. In questa direzione il lavoro prosegue da ormai quindici anni, ma se in passato ad occuparsene erano esclusivamente le amministrazioni del territorio, Regione province e comuni, oggi la co-progettazione coinvolge molti altri soggetti anche privati. Non parlo solo di un territorio come il sito Unesco di Langhe e Roero, ma anche della Valle di Susa o del circuito delle Terre dei Savoia che raccoglie i comuni intorno a Racconigi.
Di certo la competizione in Europa è alta, ma se vogliamo il Piemonte è in Italia uno dei territori più attrezzati. Visto il suo grande patrimonio genetico in termini di organizzazione amministrativa, è come se fosse pronto di natura a rispondere alle sfide, ma forse soffre un po’ di una mancata internazionalizzazione.
 
 
Criticità che La Venaria sta affrontando intessendo sempre maggiori rapporti a livello internazionale...
Esattamente. Lo scorso 18 settembre, ad esempio, è stato firmato un protocollo di intesa con il Castello di Chambord nella Valle della Loira con cui condividiamo diversi punti in comune. Entrambe le regge nascono come residenze di caccia e sono circondate da immense aree verdi e anche i numeri sono simili: parliamo di circa 700 mila visitatori all'anno e un budget di circa 15 milioni, di cui nel nostro caso solo il 55% è coperto dagli enti che formano il Consorzio. La restante parte proviene da attività proprie come biglietti, servizi al pubblico, bookshop, come pure location per eventi, sponsorizzazioni e servizi ristorativi.
L’intento è quello di studiare iniziative comuni, dalle mostre alla partecipazione ai progetti europei, agli scambi di informazioni e conoscenze, a una promozione e valorizzazione comune. Saremo facilitatori a vicenda insomma, anche attraverso link nei nostri siti. Potremo poi utilizzare reciprocamente i marchi e lavoreremo insieme all'interno di Arre, il network delle residenze reali europee di cui entrambi facciamo parte. Lo stesso abbiamo fatto con il Palazzo reale di Varsavia.
 
 
Insomma nuove prospettive per la reggia di Venaria che immaginiamo non abbandonerà però la consolidata formula di coinvolgimento di mondi diversi, antico e contemporaneo, in un’alternanza in grado di attrarre sempre nuove fasce di pubblico. Quali progetti per il 2016?
Certamente implementare le progettualità non può tradursi in un abbandono di quelle che fino ad oggi hanno caratterizzato l’approccio innovativo di questo luogo. In tutte le residenze sabaude, ma qui in particolare, abbiamo sviluppato un rapporto che non fosse solo un percorso di visita statico, ma un viaggio in cui l’informazione fosse accompagnata da tutto ciò che ha reso vivo questi luoghi dedicati al piacere del re e della sua corte. Protagonisti erano la caccia, ma anche la musica, la danza, il teatro, l’arte che oggi rivivono all’interno di queste stanze con una serie di attività e proposte culturali a 360 gradi. Abbiamo consolidato il filone delle mostre dedicate ai luoghi e alle storie delle corti europee e proprio a fine settembre abbiamo inaugurato la mostra «Raffaello. Il sole delle arti».
Da altra prospettiva ci rivolgiamo all’attualità, al contemporaneo anche grazie alle opere dell’artista Giuseppe Penone che dialogano con gli oltre 50 ettari di giardini, gli orti e i frutteti del "potager royal" più grande d’Italia. Visti i recenti riscontri di pubblico il prossimo anno pensiamo di dare maggiore spazio alla fotografia e ad ipotizzare un’esperienza narrativa fatta di luci e di suoni.
Ovviamente continuiamo ad offrire tutte le varie attività che si possono svolgere nei giardini: cavalli, carrozze, gondole con l’obiettivo di rendere la visita alla Reggia una vera festa. Il tutto senza mai distogliere l’attenzione dall’innovazione: audioguide, app, realtà aumentata, tutto deve concorrere a coinvolgere il visitatore in un’esperienza emozionale.
Insomma abbiamo ereditato un luogo vuoto che non aveva collezioni e che doveva trovare una propria reinterpretazione. Questo è stato un grandissimo punto di forza perchè ci ha consentito di poterlo riempire con quell’infinito patrimonio che spesso, per ragioni di spazio, rimane nascosto negli scantinati di molti altri musei, enti ed istituzioni con cui si consolidano continuamente rapporti di collaborazione.
Oggi possiamo finalmente parlare di un vero e proprio luogo di loisir in cui il visitatore può rivivere i fasti di un tempo proiettando lo sguardo verso il futuro.
 
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