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La passione di Monet per il Giappone

  • Pubblicato il: 15/07/2011 - 09:25
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Jenny Dogliani
«Nymphéas» (particolare)

Martigny. Sulle rovine di un tempio gallo-romano dell’antica Octodurus, ai piedi delle montagne del cantone vallesano, sorge la Fondazione Pierre Gianadda, inaugurata nel 1978 da Léonard Gianadda in memoria del fratello scomparso.
Nata con il desiderio specifico «di democratizzare l’arte», rendendola accessibile a tutti anche in un piccolo paesino come Martigny, la fondazione ha tra i suoi major sponsor banche e assicurazioni quali Credit Suisse, UBS, Generali e Groupe Mutuel.
Con una programmazione di 2 o 3 mostre all’anno, dedicate ai più grandi nomi dell’arte moderna, il parco della scultura, con opere permanenti di autori del calibro di Rodin, Arp, Brancusi, Mirò, Dubuffet, Calder e Segal, una sala concerti, che ospita prestigiosi appuntamenti musicali e un piccolo museo gallo-romano, la fondazione è tra i luoghi più visitati e autorevoli al mondo: con 8,5 milioni di visitatori dichiarati (dal 1978 a oggi) e importantissime opere concesse in prestito dai maggiori musei internazionali.

A valicare le alpi elvetiche, in questa calda estate, sono i capolavori impressionisti di Claude Monet, a cui è dedicata la retrospettiva «Monet al Musée Marmottan e nelle collezioni svizzere», fino al 20 novembre. Situato a Parigi il Musée Marmottan detiene la più grande collezione al mondo di dipinti di Monet, grazie alla donazione ricevuta nel 1966 da Michel Monet, figlio del pittore. Curata da Daniel Marchesseau, Conservateur Général du Patrimoine di Francia, la mostra ripercorre l’intera produzione dell’artista, da «La Seine à Argenteuil» del 1874 a «Le Pont japonais» del 1918, da «Le parlement. Reflets sur la Tamise» del 1899-1901 a «Nymphéas» del 1903, documentandone il gesto estatico e immediato in grado di restituire il fugace incanto della luce, la vaporosa consistenza dell’acqua, i cangianti colori della natura e l’iridescenza delle più moderne strutture urbanistiche.

A corredare l’esposizione, infine, per la prima volta in Svizzera 45 stampe giapponesi della collezione personale dell’artista, provenienti dalla Fondation Claude Monet di Giverny. Un nucleo d’incisioni di Utamaro, Hiroshige e altri, da cui Monet trasse l’amore per i fiori e il paesaggio e l’interesse per la rappresentazione, ironica e dolorosa, dell’inafferrabile transitorietà dell’esistenza.

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