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La cultura è il ventre della società

  • Pubblicato il: 23/09/2013 - 12:07
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Alessandra Gariboldi e Neve Mazzoleni

Alessandro Rubini è project leader dei «Distretti culturali» e ideatore del Bando per le imprese culturali IC-Innovazione Culturale in Fondazione Cariplo. Nel nostro percorso di avvicinamento ad ArtLab 2013, abbiamo sentito anche il suo parere come rappresentante Istituzionale rispetto al tema dell''innovazione sociale a base culturale.

Quali sono le esperienze che vi hanno avvicinato al tema dell'innovazione sociale?
Come Area Arte e Cultura, ci siamo confrontati con questo tema inizialmente attraverso il progetto  Distretti Culturali. Un’esperienza che ci ha fornito indicazioni illuminanti sui nodi critici della progettazione territoriale. L'innovazione sociale del resto nasce da un’esigenza di ripensamento del sistema di welfare nel suo complesso, adottando un approccio dal basso (bottom up), che si avvicina molto a quello che stavamo promuovendo nei territori. Nel progetto Distretti Culturali abbiamo capito che le soluzioni migliori, le sole possibili a volte, vengono da un approccio multidisciplinare. Con la pratica e la sperimentazione, è cresciuta la nostra consapevolezza che si deve valorizzare il confronto tra professionalità e sensibilità distinte che permettano di leggere i bisogni nella loro organicità, sperimentare innovazioni trasversali e vedere opportunità altrimenti nascoste. La capacità di far dialogare architetti e sociologi, aziendalisti e storici dell’arte chiede tempo ma è sempre vincente. Autoreferenzialità e rivendicazioni di settore portano a tunnel spesso senza uscita. La cultura è il ventre della società, è la capacità di dialogo espresso dalla comunità, per questo non ha senso quel rapporto di dipendenza e subalternità che spesso mantiene nei confronti della politica.

Cosa vi ha insegnato l’esperienza dei Distretti Culturali?
Con i Distretti Culturali abbiamo voluto dimostrare che la cultura può ridisegnare il territorio, pensare prospettive e ispirare nuove visioni. Un esempio per tutti, la Valtellina: un territorio che è stato attraversato dalla grande storia poiché è stato a lungo un ponte tra il nord e il sud dell’Impero. Questa storia era poco conosciuta, ma il distretto l’ha recuperata valorizzando l’itinerario che attraversa tutta la mezza valle tra le vigne e i borghi storici ricostruendo l’antica via del vino fra i laghi di Como e Costanza. La Valtellina – da luogo di rapido passaggio per andare a sciare – può tornare così ad essere un ponte culturale che collega due bacini turistici enormi (lago di Como e Saint Moritz) dando una nuova (o meglio riscoprendo una antica) vocazione del territorio.
Si apprende molto anche da ciò che ha funzionato meno. Un limite che possiamo rilevare dei Distretti Culturali è la ricerca di sistemi di governance troppo basati sul contributo attivo delle istituzioni locali che a volte non dispongono di un capitale umano in grado di cogliere sfide che richiedono invece alta concentrazione di competenze e motivazione. Ciò genera giochi al ribasso, con progettazioni poche innovative ed un processo di sviluppo inevitabilmente affaticato.
Con i Distretti Culturali stiamo portando avanti comunità di pratica, per favorire il confronto e la condivisione di idee diverse. L’obiettivo non è dare visibilità ai casi di successo, ma studiarne il modello per favorire la replicabilità delle esperienze e la loro scalabilità. Finché le buone pratiche rimangono circoscritte ai soli contesti che le hanno sperimentate la crescita rimane limitata e il sistema ci perde.
Un’altra esperienza che ci ha insegnato molto è stato il bando per valorizzare la creatività giovanile lanciato nel 2008, che ha mostrato un «sottobosco» d’iniziative di qualità. Talvolta si tratta di repliche di modelli già conosciuti, come azioni culturali ai margini della società, altre volte di azioni innovative con buone potenzialità di cambiamento. I problemi di questi progetti sono legati alla sostenibilità perché i giovani accedono a finanziamenti pubblici irrisori o non vi accedono affatto. Bisogna cambiare strategia. Chi vuole fare cultura oggi deve avere un approccio imprenditoriale.

Cosa ha da insegnare al mondo della cultura l’approccio degli innovatori sociali ?
Primo, la multidisciplinarietà. Non è più pensabile di dividere il problema secondo competenze specifiche, affrontarlo in maniera settoriale e frammentata. Gli innovatori sociali sparigliano le carte. I problemi oggi sono multidimensionali e vanno affrontati in maniera diversa: bisogna favorire la collaborazione, l’integrazione, la condivisione di linguaggi. Un altro aspetto fondamentale è l’adozione di un approccio bottom up, nel quale sul campo sperimento soluzioni e le faccio crescere.
Secondo, saper stare sul mercato, proponendo idee utili che migliorano il modo di fare, offrire e fruire cultura. E’ vero, il mercato della cultura è difficile e presenta alte barriere all’ingresso. Per questo è importante che le istituzioni culturali si aprano al cambiamento e lo percepiscono come un esigenza e una sfida. Più qualità e più innovazione sono la strada per far crescere anche l’occupazione, mentre trovo pericoloso pensare di creare occupazione, prescindendo dalla crescita del capitale umano e del sistema.

Quale posizione devono assumere le organizzazioni culturali?
A volte le organizzazioni culturali faticano ad aprirsi al cambiamento e a visioni differenti dalla propria. Chi fa cultura dovrebbe invece eccellere in questo ricercando in ogni momento il confronto, soprattutto con chi la pensa diversamente o è portatore di un’altra visione del mondo. Negli ultimi dieci anni, ci sono stati innumerevoli corsi di formazione e perfezionamento su arte e cultura che hanno formato persone capaci e motivate. Molte di queste sono rimaste al di fuori delle istituzioni culturali ma rappresentano un capitale umano vitale per innescare innovazione e proporre nuove idee per migliorare il sistema cultura. Per questo Fondazione Cariplo ha deciso di lanciare il progetto IC, nel quale per la prima volta prende forma un modello che ci permette di partire dalle persone e non solo dalle organizzazioni. Noi cerchiamo di abilitare tutti - professionisti, giovani e imprese - a pensare alla cultura e a esprimere idee di innovazione culturale.
Il bisogno di cambiamento è stato il motore della nostra volontà di agire. C’è una pericolosa cultura della non-responsabilità diffusa un pò a tutti i livelli. Credo che questa situazione cristallizzi l’innovazione e la proposta di nuove visioni. E’ vero ci sono stati manifesti culturali, stati generali e documenti di larghe intese che hanno prodotto anche considerazioni interessanti, ma non so quale cambiamento reale abbiano portato.

Cosa state sviluppando a fronte di questa nuova visione dell'innovazione?
Per lavorare sull’innovazione abbiamo messo in campo attività molto diversificate.
Sul fronte della responsabilità delle organizzazioni culturali nel rapporto con la comunità, abbiamo un bando per facilitare l’accesso alla cultura da parte di nuovo pubblico. Si rivolge alle istituzioni stesse e le incentiva ad elaborare nuove relazioni tra cultura e comunità.
Per stimolare la scalabilità di molte realtà culturali innovative, abbiamo aderito al progetto BENISI - Building a European Network of Incubators for Social Innovation, insieme a 11 HUB europei, che si sono posti l'obiettivo di lanciare e rendere appetibili sul mercato trecento idee di innovazione sociale in tre anni.
Con IPO Solidale, programma promosso da Fondazione Cariplo in partenariato con la Borsa Italiana e la London Stock Exchange Group Foundation, promuoviamo una nuova forma di sostegno a progetti sociali e culturali attenti all’occupazione dei giovani e delle persone fragili, promossi da enti nonprofit. Si tratta di un modello di filantropia, unico in Europa, che coinvolgerà tutte le società che si quoteranno alla borsa italiana e che potranno decidere di supportare uno dei progetti selezionati e sostenuti già da Fondazione Cariplo e LSEG Foundation. Un modo per dare organicità al rapporto tra profit e non profit, una sorta di regia filantropica.
Con Hub to Hub, progetto di HUB Milano che abbiamo sostenuto proprio all’interno del programma IPO Solidale, si punta a portare idee di innovazione culturale da Londra a Milano. Le imprese londinesi portano a Milano idee sostenibili, mentre HUB-Milano seleziona un team di persone interessate, le forma e cerca di replicare il modello inglese, adattandolo al contesto milanese. È un modo per importare innovazione (sperando presto di poterla anche esportare) e creare occupazione qualificata. Abbiamo inoltre sostenuto Social Innovation Camp, per stimolare, raccogliere e sostenere idee di innovazione sociale.
Poi ovviamente c’è la nostra ultima sfida a cui ho già accennato, il progetto-IC_Innovazione Culturale promosso da Fondazione all’interno di un accordo di programma con Regione Lombardia per il sostegno delle imprese culturali e creative; si tratta di un progetto che intende raccogliere idee d’innovazione per la valorizzazione dei beni e delle attività culturali a partire dalle quali si possano avviare nuove attività imprenditoriali.

Puoi citare qualche progetto che metta insieme la dimensione culturale con quella di innovazione sociale e di sostenibilità?
Posso menzionare un piccolo esempio, ma significativo. il Distretto Culturale della Valcamonica, realtà fra le più attive dei territori che stiamo sostenendo, ha lanciato un festival di arte contemporanea (Aperto) centrato sulla materia prima del territorio: ferro, pietra, legna. Dopo qualche edizione, da «semplice» evento legato all’arte contemporanea, ha creato le basi per un'attivazione sociale più estesa, proponendo agli artisti di legare il loro lavoro a un bisogno o a un progetto utile per la comunità. Nell'ultima edizione, trattandosi di zona montana, è stato progettato un bivacco d’artista, è stato brevettato e presto verrà portato e inaugurato nella sua sede ideale: ai piedi del ghiacciaio dell’Adamello. L'Arte si è messa al servizio del territorio, interpretandolo, e restituendo un progetto utile e culturale, cioè capace di rispondere ad un bisogno e di suscitare al tempo stesso nuovi sogni e nuovi desideri.

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