Il colore secondo Moncada
Agrigento. C’è un filo rosso fatto di affetto e familiarità alla base di questa esposizione dedicata a Ignazio Moncada: è il filo che lega la Fondazione Sicilia e il suo presidente, il prof. Puglisi, all’artista e alla storia del recente restauro di Palazzo Branciforte; è il filo che lega l’Associazione Amici della Pittura Siciliana dell’Ottocento a Ignazio Moncada, in seguito alla sua partecipazione ad una collettiva tematica del 2010; ed è il filo che lega Milano alla Sicilia attraverso un archivio appena costituito grazie alla passione di un figlio per il lavoro del padre.
Non a caso la conferenza stampa di presentazione si è tenuta lo scorso 24 maggio proprio a Palazzo Branciforte, sede della Fondazione Sicilia, nella cui imponente biblioteca campeggia un enorme dipinto che ricopre l’intero soffitto, realizzato dallo stesso Moncada: un’esplosione di colori, come in tutta la sua arte.
Racconta il prof. Puglisi che la sua figura di «ribelle per la causa dell’arte» costituiva una sorta di leggenda, ai tempi, a Palermo: era un uomo che aveva lasciato un lavoro sicuro per inseguire il suo sogno di vita e che era riuscito a farsi apprezzare soprattutto all’estero. Pertanto il fatto che l’ultimo suo grande lavoro sia stato realizzato nella sua città natale rappresenta una sorta di tributo doveroso della città al suo figlio nomade, fortemente voluto dal Presidente Puglisi, che lo aveva proposto a Gae Aulenti: fu l’ultimo lavoro per entrambi, quello del Palazzo Branciforte, incredibile coincidenza.
Un doveroso omaggio è anche la mostra allestita ad Agrigento nello spazio espositivo delle Fabbriche Chiaramontane, gestito dall’Associazione Amici della Pittura Siciliana, che nel 2010 aveva prodotto una mostra sull’Astrazione siciliana, nella quale era stato chiamato ad esporre anche lo stesso Moncada. Avendo successivamente dedicato delle personali ad alcuni degli artisti partecipanti alla collettiva del 2010, era conseguenza naturale dedicarne una a Moncada, a due anni dalla sua scomparsa.
A realizzarla è stato chiamato il prof. Francesco Tedeschi, che, nella smisurata produzione dell’artista, ha selezionato due filoni di lettura, complementari tra loro: il colore e la visione mediterranea. Le opere, quasi cinquanta, sono state suddivise in sequenze espositive che si collegano tra loro, un po’ come tutta la produzione dell’artista, variegata come il suo poliedrico approccio all’arte. Noto soprattutto per essere stato l’inventore della Pont-Art in realtà il nostro ha utilizzato differenti modalità espressive, a partire dalle classiche tele, che in gioventù si avvicinavano molto alla ricerca geometrica-astratta-metafisica degli autori del movimento Arte Concreta, per poi passare alla pittura su vetro, di cui alcuni pezzi sono stati proprio recentemente ritrovati dal figlio Ruggero; nella seconda metà degli anni ’60 si avvicina all’astrattismo pop, stemperato poi negli anni ’70 in una ricerca sulle trasparenze. Ma il punto di svolta della sua produzione parte dalle cosiddette «Archeologie», realizzate nella seconda metà degli anni ’70, che lo conducono a lavorare su grandi dimensioni, partendo da un omaggio alla sua terra e alle sue radici storiche per poi superarle; non a caso questi lavori sono stati posti in apertura dell’esposizione, come giusta ulteriore chiave di lettura che connette il tutto.
Da qui nasce la produzione di lavori sui ponteggi di edifici in restauro, in qualche modo predecessore delle odierne pubblicità delle case di moda: lavori basati sul ritmo, sulla musica, con rimandi coloristici e formali anche ai lavori di Balla.
E siccome nessuno è una monade, tantomeno il nostro, negli anni ’80 il senso del colore viene ravvivato dall’impatto con la danza: i «Racconti onirici» prendono forma ricordando ascendenze di Kandiskij e le «Correnti» e le «Differenze» dei primi anni ’90 uniscono un rimando al mediterraneo nordafricano. Il cerchio, o quantomeno quello espositivo, si chiude con le opere del 2000, nelle quali Moncada copre le sue tele, ormai enormi, con campiture fondate su una timbrica omogenea e una serie di motivi decorativi, che uniscono il mito e il colore: esemplare a tal proposito «I Giardini di Galatea» che completa il percorso alle Fabbriche Chiaromontane illuminando lo spazio e creando una profondità coloristica impressionante.
La stessa che si ritrova nelle immagini già digitalizzate dell’Archivio Ignazio Moncada recentemente costituito dal figlio Ruggero, che, estremamente emozionato, ha narrato la vicenda artistica del padre, la cui impetuosità creativa avvolgeva tutto il suo mondo, portandolo a decorare persino le sedie che aveva in studio così come faceva con le ceramiche, altro suo grande mondo espressivo e le sue enormi tele: un lavoro enorme e poco conosciuto nella sua pienezza, proprio a causa delle stesse modalità dell’artista di produrre opere e avere fretta di portarle alla luce, per poi passare oltre.
Nello spazio espositivo delle Fabbriche, collocato in una realtà un po’ isolata quale è quella di Agrigento, l’Associazione Amici della Pittura siciliana dell’Ottocento è riuscita a produrre circa 40 mostre dall’inizio della sua attività nel 2000. Tra queste spicca la sopra citata «Astrazione siciliana 1945/1968» del 2010, momento di forte aggregazione tra artisti sovente esuli, che è stato il prologo di questa mostra ora in corso. Con la grande passione che anima questa realtà, come sottolineato dal Presidente, il notaio Antonino Pusateri, nei programmi futuri dell’associazione vi è la costituzione di una fondazione che prosegua nella realizzazione delle attività espositive e non solo: avendo a disposizione gli interessanti spazi sottostanti la basilica dell’immacolata nel pieno centro storico di Agrigento, vi organizza anche reading, proiezioni e altre attività che andranno implementate nel futuro. Per il momento però la programmazione è già completa fino al 2015, e prevede una retrospettiva dedicata a Piero Zuccaro, la prima edizione del Premio FAM per giovani artisti siciliani under 35 (il cui comitato di selezione si è riunito proprio immediatamente prima dell’inaugurazione della mostra su Moncada e contempla un folto gruppo di esperti e tecnici del settore da tutta la Sicilia) i cui tre vincitori riceveranno come premio una residenza all’estero, e una mostra da una collezione privata di un giovane imprenditore siciliano, oltre ad una mostra di fotografia.
Nel frattempo, e fino al prossimo 20 luglio, sarà possibile immergersi nel variopinto mondo a colori di Ignazio Mondaca, che, per usare le parole del figlio Ruggero, avendo perso la sua casa natale durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, ed essendo abituato a vivere in maniera un po’ nomade, «abitava le immagini che emergevano dal suo pennello». Quale migliore definizione!
© Riproduzione riservata