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A due passi da Srebrenica si torna a convivere coltivando la terra

  • Pubblicato il: 09/05/2014 - 12:32
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Michele Roda
La casa accanto alla scuola. Vivevano qui

Treviso. 25 edizioni fa – era il 1990 – la Fondazione Benetton Studi Ricerche assegnava il suo primo “Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino” a Roberto Burle Marx. Proprio in quei mesi, nel cuore della Jugoslavia, si stava preparando la guerra etnica che avrebbe sconvolto i Balcani e che avrebbe conosciuto, a Srebrenica, nell’odierna Bosnia, il più terribile genocidio dopo la seconda guerra mondiale.
Oggi - 24 anni dopo - quel cerchio si chiude e la Fondazione trevigiana presieduta da Luciano Benetton assegna a due piccoli villaggi della regione bosniaca del Podrinje, al confine con la Serbia, il suo prestigioso riconoscimento, in un’edizione significativa, la 25esima. “Una storia di memoria e di ritorno dove la cura del paesaggio è una scommessa sul futuro”, ha spiegato il presidente della giuria, Domenico Luciani.
Il luogo è l’altipiano sopra Srebrenica, circa 1000 metri sul livello del mare, un territorio segnato dal corso della Drina. Osmače e Brežani contavano rispettivamente 1.000 e 300 abitanti, prima della guerra. Dal 1993, per 10 anni, sono stati completamente abbandonati, molte case in rovina, il paesaggio agricolo occupato da vegetazione infestante e rovi. Ora, progressivamente, gli abitanti ritornano, in particolare la generazione sopravvissuta alla tragedia bellica, i cittadini – sia serbi che bosniaci - che negli anni novanta erano ancora bambini. Un processo di riappropriazione dei luoghi che ha sollecitato l’interesse dei giurati del “Premio Scarpa” soprattutto per due aspetti. Da una parte la capacità dei gruppi etnici di ritornare a convivere, di “costruire lo spazio multiculturale come spazio di compresenza unitaria di diversi”. Dall’altra – su un piano più fisico-spaziale – il ruolo dell’agricoltura e della cura della terra come elemento chiave di questa ricucitura. “Ci interessa capire – ha spiegato Luciani nella conferenza stampa di presentazione del Premio, oggi alla Triennale – come il paesaggio si comporta dopo un grande trauma, di quali siano le ragioni profonde che legano singoli individui o comunità al luogo abitato. Ci piace pensare che il nuovo percorso intrapreso dagli abitanti, ancora poche famiglie, di Osmače e Brežani, sia un’utopia reale che indica un destino e che guarda al futuro. La piccola scala di questo angolo di Bosnia Erzegovina permette di sperimentare la fratellanza e l’agricoltura come incrocio tra bellezza e utilità”. Un’agricoltura fatta di cooperazione internazionale e di partecipazione collettiva. Tra i protagonisti il gruppo “Adopt Srebrenica”, partner locale del progetto “Seminando il ritorno” dell’associazione padovana Agronomi e Forestali Senza Frontiere. Sono loro ad aver avviato, due anni fa, le colture di grano saraceno su 13 ettari di terreno tra Osmače e Brežani, come strumento di sostegno economico per le famiglie dei rifugiati che fanno ritorno ma anche – il Premio della Fondazione Benetton ne è la dimostrazione – come fattore di recupero della qualità dei paesaggi.

da IIl Giornale dell'Architettura, edizione online, 25 marzo 2014