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Dalla locomotiva al binario morto: la parabola del mito del Nordest

  • Pubblicato il: 18/07/2016 - 19:16
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Giuliano Segre
Mario Merz – Che fare? – 1968

Alla ricerca di un centro di gravità, di una visione, di un progetto, di una rassicurazione, di una risposta attuale a una domanda che la storia conosce: “che fare?”: ma allora era il 1901 e anche Lenin – che sapeva certamente cosa fare – dovette aspettare fino al 1917: noi siamo già quasi arrivati al 2017 e sembra trascorso un secolo non da allora, ma semplicemente da quando si inneggiava alla locomotiva di Europa. Davvero bisogna approfondire la riflessione sul che fare: qualcuno ci prova.
L’ultimo rapporto di Banca d’Italia sul Veneto, pur presentando indicatori non più negativi, dava segni di debole ripresa e concludeva: “nel 2015 l’attività economica in Veneto è moderatamente cresciuta, .... Il miglioramento è proseguito nel primo trimestre del 2016 sebbene [recte: anche se], in prospettiva, il rallentamento delle economie emergenti potrebbe indebolire lo sviluppo delle vendite all’estero ...”.
Dunque siamo fermi. Le esportazioni danno qualche evidenza, ma possono all'improvviso sparire perché trainate dallo sviluppo altrui: la nostra capacità produttiva per l’estero, quando si riferisce a beni e non a servizi, presenta pochi ambiti di esclusiva, forse solo nel cibo  e nella moda, settori nei quali il “nome” italiano ha mercato, al punto che molte etichette sono scritte in italiano a prescindere dal reale luogo di produzione. Che sovente non è qui, ma che solo la qualità riesce proteggere, come ormai i produttori italiani hanno compreso. Per il resto assistiamo a un (modesto) risveglio della manifattura,  che ha punte importanti in altre regioni di Italia.
Le cronache finanziarie riportano poi del ruolo tremendo assunto dalle crisi bancarie venete, che hanno spolpato due importanti istituti di credito. Su questo tema è necessario esser chiari fino in fondo. La crisi parte da lontano, dalla incapacità strategica che, nella riforma delle banche italiane dettata dalla legge Amato del 1990 e dalla nuova legge bancaria del 1993, hanno mostrato i nostri “banchieri” triveneti cedendo di schianto le Casse di risparmio e i diversi istituti di credito speciale alla finanza milanese e torinese, con sbavature nel mondo delle popolari verso Siena; le maggiori popolari venete invece allora resistettero, adulterando però i propri conti.
Dunque se una prima conclusione va cercata, la produzione tiene, ma a stento, mentre la decimazione bancaria è manifesta, non tanto per i servizi che ormai sono identici ovunque (in Italia, altrove la specializzazione regge), ma nella filosofia operativa non più aperta alle esigenze di sviluppo, ma semplicemente, appunto, di ordinaria esecuzione. Tuttavia ciò non accade solo nel Veneto: la dorsale adriatica va svanendo (a partire da qualche BCC veneta , proseguendo per Ferrara, Cesena e qualche altra banca emiliana  e poi tutte le Marche e tutto l’Abruzzo) e nel resto d’Italia non va molto meglio, neanche a Nord. Ma a fianco e forse sopra a questa capitolazione si innesta il fenomeno delle due banche popolari venete.
Nella logica degli economisti classici, si trattava di un chiaro modello di concorrenza: stessa logica istituzionale, stesso territorio di nascita, stesso ambito di intervento per luogo e per modalità: cosa di meglio per una “virile” soluzione di mercato? E invece no: simul cadent e Atlante le omologa. Quindi niente mercato. E allora forse una voce politica dovrebbe farsi sentire e con diffusione triveneta: non solo delle istituzioni deputate al governo del territorio, ma anche degli enti della cultura, della scienza, della vita quotidiana. Le Fondazioni bancarie distolgono lo sguardo, poiché Atlante è un po’ anche cosa loro; i partiti danno il segno della loro scomparsa, le rappresentanze ignorano il tema, le sedi legali, dove nacquero le banche, si ammutoliscono o esprimono solo comprensibile ma inutile rabbia.
In un recente dibattito informale avvenuto a Vicenza, aperto a diverse esperienze, questa ricerca di establishment  è rimasta irrisolta: vuol dire che il prossimo incontro si volgerà verso Ovest: il Nord Est è finito?