Dalí, «Il capolavoro sono io»
Roma. Dipinti, disegni, oggetti, fotografie e film illustrano a tutto tondo l’artista che fece di se stesso un’opera d’arte. Genio della pittura e dell’autopromozione, Salvador Dalí viene quindi presentato, in questa mostra a cura di Montse Aguer e Lea Mattarella, in tutti i suoi aspetti di persona e personaggio, di artista classico e di avanguardia, di iperrealista e surrealista («Salvador Dalí. Un artista, un genio», dal 9 marzo al 1° luglio, Complesso del Vittoriano, in collaborazione con la Fondazione Gala-Salvador Dalì, catalogo Skira). Una sezione è interamente dedicata ai suoi rapporti con l’Italia e dunque con gli amatissimi Raffaello e Michelangelo, con Luchino Visconti, per il quale disegna i costumi per uno spettacolo teatrale, e con Anna Magnani, con la quale sogna di realizzare un film sulla storia di una donna paranoica innamorata di una carriola. Fellini accarezzò il progetto di girare un film su di lui: il regista non era tipo da rimanere indifferente alla processione che vide Dalí, in occasione di una mostra a Palazzo Rospigliosi nel 1954, portato in giro per Roma dentro un cubo, da uomini incappucciati. A sua volta Dalí rimase sconvolto dalla visione dei mostri di Bomarzo, per la scoperta di un Dalí vissuto quattro secoli prima. Per la Alessi l’artista catalano progettò un «Oggetto inutile», per la Piaggio dipinse una Vespa, che battezzò «Dulcinea». Tutte occasioni buone per evocare, come in pittura, il mistero e la meraviglia di cui è impregnata la realtà.
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da Il Giornale dell'Arte numero 318, marzo 2012