Creatività: una sorgente a cui attingere senza limiti, parola di Roberto Capucci
Firenze. Grazie all’opera di restauro dovuta a Fondazione Bardini e Peyron dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Villa Bardini, la magnifica dimora da cui si può godere un’indimenticabile vista della città di Firenze, è dal 2007 sede del Museo della Fondazione Roberto Capucci, oltre ad ospitare il Museo Pietro Annigoni, Bardini Contemporanea, la Società Toscana Orticultura, il Ristorante e Terrazza Bardini, e uno spazio dedicato a mostre temporanee.
A partire dalla sua inaugurazione il Museo che porta il nome del famoso stilista, si è distinto per l’organizzazione di una serie di mostre mirate a promuoverne le grandi qualità creative, già esemplificate dalla ricca collezione posseduta dalla Fondazione stessa.
Parte di questo copioso patrimonio, che viene esposto a rotazione in modo da permetterne l’ammirazione nella sua totalità, sono infatti 400 creazioni di alta moda e di abiti-scultura, 300 illustrazioni, 22.000 schizzi, 20 quaderni di bozzetti, 150 audiovisivi, 50.000 articoli di stampa e 40.000 fotografie.
Fedele alla sua linea d’azione, Fondazione Roberto Capucci - che gestisce la Villa sede del Museo di cui ha restaurato anche il bellissimo giardino di quattro ettari – ha appena inaugurato un nuovo allestimento focalizzato sugli abiti-icona del Maestro, emblematici dimostrazioni di come sia stato capace di modellare i tessuti con una tale maestria da riuscire a passare con naturalezza da linee rigide e spigolose di sapore architettonico frutto dell’influenza dei suoi studi artistici, a forme morbide e avvolgenti, con l’aggiunta di colori vivi ed elementi naturali, sempre di grande ispirazione per il Maestro. La mostra, dal titolo «SORGENTI CREATIVE: GLI ABITI-ICONA DELLO STILE CAPUCCI», è insomma un classico esempio delle qualità dell’artista, generalmente riconosciuto per il suo rigore formale, la sperimentazione, la cura dei dettagli e l’innovazione.
Le tre sezioni pensate per ritmare l’esposizione ospitano 23 pezzi degli anni ’80 e ’90 e una sola creazione del 2007 - «Fascia» -. Il leitmotiv è sempre quello: l’abito-icona e il suo essere al tempo stesso origine e obiettivo del processo creativo da una parte e punto di partenza per successive varianti e interpretazioni del cuore creativo dall’altra.
Ecco che così si passa dalla moda architettonica della prima sezione con la famosa linea a scatola, ai giochi di geometrie con la grande farfalla plissé della seconda, per finire con gli abiti preziosi declinati in oro dalle linee imponenti e regali - l’angelo d’oro - dell’ultima.
Come chicca finale il «Ricciolo Barocco» - l’abito restaurato grazie all’appoggio della Fondazione Centro Conservazione e Restauro «La Venaria Reale» dagli studenti del Corso di Laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Torino.
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