Classe. Il Porto di Ravenna restituito nel suo Paesaggio
A Ravenna sono stati inaugurati il 28 luglio l’area archeologica in podere Chiavichetta, indagata a partire dal 1974, e il Parco Archeologico di Classe. Frammenti del grande porto augusteo che si ricompongono in armoniosa liaison con il Paesaggio antico. Un progetto, sviluppato intorno alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe, che l’anno prossimo si arricchirà con il Museo della Città e del Territorio, ricavato nell’ex Zuccherificio di Classe e, successivamente, con gli scavi della Basilica di San Severo. Un progetto realizzato da RavennAntica d’intesa con il Comune di Ravenna, l’Amministrazione Provinciale, l’Università di Bologna, la Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna, la Fondazione Flaminia e con il sostegno della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
Quando tra il 1775-76 il monaco camaldolese Leandro Lovatelli, scavando nei pressi della chiesa di S. Apollinare in Classe, recuperò numerose stele di classiari, cioè epigrafi funerarie dei marinai della flotta di Classe, non aveva probabilmente immaginato che stava inaugurando la lunga stagione delle indagini archeologiche nel sito di Classe. Per il sobborgo portuale di Ravenna iniziano così ad affiorare finalmente elementi utili alla sua ricostruzione topografica. Anche se ancora labili e sfortunatamente documentati in maniera non di rado approssimativa. Successivamente in maniera solo indiziaria. E’ il caso dei sondaggi penetrometrici degli anni Sessanta del Novecento, che portano all’individuazione dei primi punti fermi nella planimetria della zona, con l’identificazione del percorso del canale portuale. Così come delle prospezioni aerofotografiche i cui risultati sono stati illustrati nel Convegno di Ravenna del 1961. Per questo furono importanti, dopo altre campagne di scavo, i sondaggi del 1974 nella zona del podere Chiavichetta, in via Marabina, al centro dell’abitato antico. I risultati non tradirono le attese. Tornò in luce una vasta zona del quartiere portuale tardoromano e bizantino. Si recuperarono una grandissima quantità di materiali di vario tipo, fondamentale per la conoscenza della Ravenna e della Classe bizantine, in parte esposti nella mostra «Ravenna e il porto di Classe, Venti anni di ricerche archeologiche a Ravenna e Classe», tenutasi a Ravenna nel 1983. Il porto realizzato dall’imperatore Augusto e che, a detta dello storico Dione Cassio, in piena età imperiale poteva contenere fino a 250 navi, aveva iniziato davvero a svelarsi. Un porto militare ma anche commerciale. Un caposaldo per la difesa ma anche per l’import-export di tanti prodotti. Uno straordinario esempio delle capacità architettoniche ed ingegneristiche raggiunte dai romani. Un grande bacino, protetto da possenti dighe foranee, realizzato facendo ricorso a tecniche costruttive sperimentate. Tecniche che nel variare della struttura in alzato, dal cementizio al laterizio, hanno visto il costante, diacronico, utilizzo di materiale ligneo per le fondazioni.
Pensare che le difficoltà incontrate dalla ricerca sul campo abbiano riguardato esclusivamente le consuete mancanze di risorse sarebbe sbagliato. «Lo scavo nella zona di Classe … è particolarmente difficile a causa dei due fenomeni concomitanti della subsidenza, brandisismo negativo causante l’abbassamento naturale del terreno, e della presenza dell’acqua di falda a profondità minima», scrive Maria Grazia Maioli, Direttrice degli scavi di Classe. Insomma l’archeologia a Classe è davvero un’avventura. Una scommessa vinta con tenacia e pazienza. Dopo l’apertura al pubblico del 1986 ed un lavoro inesauribile da parte della Soprintendenza archeologica dell’Emilia Romagna e del Gruppo Ravennate archeologico e, dal 2003, della Fondazione RavennAntica e, dal 2006, dell’Università di Bologna. Un intrecciarsi di indagini sul terreno e di progetti di musealizzazione che ha prodotto la rinascita del sito. Fondamentale anche in questo caso la collaborazione tra istituzioni diverse. Arcus S.p.a, società del Mibact, la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna (http://fondazionedelmonte.it/news/a-ravenna-rinasce-lantico-porto-di-classe) e l’Amministrazione Provinciale, con il contributo europeo Hera Adriatic. Una partnership che, oltre ad assicurare un investimento di 3,2 milioni di euro, ha permesso la realizzazione di un progetto a tutto tondo, curato dall’équipe di professionisti guidata dall’architetto Daniela Baldeschi (http://www.parcoarcheologicodiclasse.it/inaugurazione-antico-porto-ravenna/).
L’inaugurazione del 28 luglio ha visto non solo l’apertura del sito dell’Antico Porto, ma anche del Parco archeologico sviluppato intorno alla grande Basilica di Sant’Apollinare in Classe, che il prossimo anno si arricchirà con il Museo della Città e del Territorio, ricavato nell’ex Zuccherificio di Classe e successivamente con gli scavi della basilica di San Severo (http://www.archeobo.arti.beniculturali.it/classe/classe_scavi/2015_inaug...). L’area archeologica, fra la via Marabina, la statale Romea e la linea ferroviaria, svela un canale secondario del canale portuale principale con sponde banchinate e poi il quartiere B all’interno di un’isola formata dai due rami del canale e, ancora, il quartiere A con edifici esclusivamente a scopo utilitaristico, attraversato da una strada basolata. I resti antichi sono finalmente usciti dall’anonimato nel quale li aveva relegati a lungo la vecchia sistemazione dove le succinte indicazioni dei monumenti non erano pressoché di nessun ausilio alla comprensione. Né di quella specifica né tanto meno di quella più generale.
«Il progetto di musealizzazione prevede la restituzione dell’antico nel quadro di una fruibilità moderna che punta all’accessibilità, alla multimedialità e all’interattività, con una particolare attenzione al verde e per la rievocazione del contesto in cui sorgeva l’antico scalo commerciale», spiega Elsa Signorino, Presidente di RavennAntica (http://www.ravennantica.it/ravennantica-parco-archeologico-di-classe/), autentica anima dell’iniziativa.
Il nuovo allestimento ha cercato di colmare i vuoti di quello precedente. Innanzitutto tentando di ricostruire l’assetto idrogeologico del sito. Di rendere evidente l’allontanamento della linea di costa da quella attuale di circa una decina di chilometri. Ricostruendo la dimensione dello specchio d’acqua e della vicinanza del mare. Sostanzialmente cercando di ricreare il Paesaggio antico. Ma anche intervenendo sull’area scavata. Disegnando affacci che si dipartono dai camminamenti del percorso di visita, lungo i quali sono posizionate lastre prospettiche. Dotando il Centro Visite di un’aula multimediale che introduce al sito archeologico. Al suo interno le multiproiezioni a parete e pavimento forniscono un inquadramento storico, archeologico e geografico. L’idea-guida quella di rendere davvero fruibile a tutti il sito. Agevolarne la comprensione. Creando le condizioni perché il grande porto voluto da Augusto, risistemato da Teodosio e con un significativo floruit in età bizantina, riacquistasse il suo ruolo. Insomma tornasse ad essere un luogo vitale come nella fase nella quale gli edifici affacciati sulla strada basolata all’interno del quartiere A brulicavano di persone.
Il merito più grande di questa operazione nata dalla proficua e sinergica collaborazione tra Arcus, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e l’amministrazione provinciale è proprio quella di aver rivitalizzato un sito moribondo. Non meno cristallizzato del mosaico teodoriciano all’inizio della navata centrale della Chiesa di Sant’Apollinare Nuovo, nel quale è raffigurata la civitas Classis con il porto canale. Il merito quello di aver reinserito il sito archeologico, finalmente adeguatamente musealizzato, nel Paesaggio antico.
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