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Alta tensione nell’Hangar

  • Pubblicato il: 15/02/2014 - 11:18
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Ada Masoero
Micol Assaël «Maybe tomorrow»

Milano. Il titolo di una personale di Micol Assaël allestita all’HangarBicocca, «Iliokatakiniomumastilopsarodimakopiotita», criptico e dal suono grecizzante, è uno scioglilingua: privo dunque di significato, ma dotato di una sonorità evocativa e musicale. «Micol Assaël ha una sensibilità speciale per la delicatezza del suono», spiega il curatore della mostra Andrea Lissoni, che insieme all’artista ha scelto cinque installazioni (quattro degli ultimi dieci anni; una realizzata per questa occasione) con cui dare vita a questa che, dice, «è una mostra site specific. Sono riuniti infatti i lavori che ci sembravano più pertinenti allo spazio metallico dello Shed: una sorta di “sala macchine di una nave” agli occhi dell’artista. E allo stesso tempo abbiamo inteso smentire l’immagine diffusa di Micol Assaël, che la dipinge come irrimediabilmente sedotta dalle tecnologie obsolete. Qui invece il cuore della mostra è rappresentato da “432 Hz”, un ambiente del 2009 che è in realtà pura natura, dal momento che il movimento dei visitatori innesca un ronzio di api, la cui frequenza è appunto 432 hertz. Ciò che tenevo a provare era la complessità e, al tempo stesso, la radicalità della ricerca di questa artista inafferrabile, che “sparisce” (non la si era più vista dal 2009), ma che al tempo stesso riappare con generosità e ama mettersi in gioco, scegliendo per vivere luoghi “fragili” come la Grecia di oggi o la Russia di qualche anno fa».
Nella mostra, che prosegue fino al 4 maggio (catalogo Mousse Publishing), figura anche «Untitled», la stanza in ferro presentata alla Biennale di Venezia del 2003, attraversata da forti correnti d’aria, in cui fra i mobili (sospesi), il suolo e le pareti, dove corrono cavi elettrici ad alta tensione, si generano scintille e crepitii. Dello stesso anno è «Vorkuta», dal nome del gulag siberiano visitato nel 2003 dall’artista, da lei evocato con una cella frigorifera a 30 gradi sotto zero in cui si trova una sedia che ha invece la temperatura del corpo umano. Rumori assordanti e un odore di combustibile prodotti da 21 motori posti su mobili da ufficio caratterizzano «Mindfall» (2004-07), un ambiente presentato a «Manifesta» nel 2005. Quanto alla nuova opera, l’artista ha distrutto e ricomposto in modo radicalmente nuovo le vetrine dell’installazione presentata nella sua unica mostra italiana, al Museion di Bolzano nel 2009: «Micol Assaël, continua Lissoni, ama lavorare per anni sulla stessa opera, fino a modificarla profondamente, così com’è accaduto anche con “Mindfall”, che ha più volte cambiato “pelle”». Le sue sono infatti opere complesse e stratificate, frutto di riflessioni sempre rinnovate ma tutt’altro che cerebrali, capaci di comunicare su più livelli con l’osservatore grazie alla multisensorialità messa in campo: non stupisce dunque che quest’artista così giovane (è nata a Roma nel 1979) abbia già un curriculum tanto ricco. E che sia così apprezzata da Andrea Lissoni, appena nominato «Film and International Art Curator» alla Tate Modern, e dunque in procinto di lasciare l’Italia (come del resto, da qualche tempo, è accaduto ad alcuni dei nostri curatori emergenti, da Massimiliano Gioni a Francesco Manacorda), che è da sempre attratto da un’arte cinematica (ma non necessariamente cinematografica: «Vorrei sfatare il luogo comune di una mia assoluta dedizione a cinema, video o musica: semplicemente ho sempre prediletto i “bordi”, le aree marginali dell’arte», dice), nella quale i sensi occupano un ruolo primario.

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